Gerace Chiesa di San Francesco D’Assisi

Insieme alla Cattedrale, o Basilica di Santa Maria Assunta, la Chiesa di San Francesco d’Assisi di Gerace è stata dichiarata “bene architettonico” di interesse nazionale e rappresenta un importante edificio in stile gotico non solo del reggino, ma della Calabria tutta. Situata sulla “piazza delle tre chiese” del borgo medioevale, dietro a una facciata piuttosto spoglia nasconde interni ricchi di opere di grande valore. A cominciare dall’altare maggiore seicentesco, in marmi policromi intarsiati, uno dei migliori documenti del Barocco in Calabria. Sempre in marmi policromi è anche l’arco trionfale, opera barocca del frate Bonaventura Perna, nativo del luogo. Si devono invece a ritrovamenti più recenti una serie di antichissimi sarcofagi, disposti lungo le navate laterali.

Gerace Cattedrale

L’8 settembre 2018, la Cattedrale di Gerace, detta anche Basilica di Santa Maria Assunta, è stata nominata Basilica Minore, ma già prima era evidente all’occhio la sua importanza. Architettonicamente, per esempio, è fra le più imponenti e belle costruzioni di epoca normanna della Calabria – di cui è considerata un autentico modello -, nonché la più ampia chiesa romanica dell’Italia Meridionale, tanto da essere stata dichiarata “bene di interesse nazionale”. Lo stile composito assomma elementi decorativi e strutturali di varie epoche, in particolare bizantino-romanico-normanne. Iniziata nel 1045 su una preesistente struttura sacra dedicata all’Ajia Kiriaki (Santa Ciriaca), fu consacrata nel 1222. Fra le curiosità che si possono notare c’è quella delle due absidi poste l’una accanto all’altra, simmetria dovuta a due eventi sismici che costrinsero gli ingegneri a rivederne l’impianto. Sulla pianta a croce latina si innestano tre grandi navate separate da due file di dieci colonne, scanalate o lisce, tutte diverse fra loro perché recuperate da ville antiche situate lungo la costa. Stessa origine hanno anche le 26 colonne che scandiscono lo spazio della cripta di epoca normanna, a croce greca. La discesa alla cripta consente di scoprire anche altri due gioielli: la Cappella della Madonna dell’Itria, con uno splendido pavimento in maioliche geracesi, e la Cappella di San Giuseppe, che ospita il Museo Diocesano del Tesoro della Cattedrale.

Museo della Lingua Greco-Calabra Gerhard Rohlfs

Gerhard Rohlfs è lo studioso tedesco che, fin dal 1924, sostenne l’origine magnogreca della lingua locale di Bova, in provincia di Reggio Calabria. A lui e alla sua opera di fine ricercatore è dedicato il Museo della Lingua Greco-Calabra Gerhard Rohlfs che oggi fa da principale attrazione nel borgo reggino. Nato grazie alla sinergia fra Parco Nazionale d’Aspromonte ed enti pubblici territoriali per la valorizzazione e la tutela del patrimonio culturale della minoranza storico-linguistica dei Greci di Calabria, il museo porta alla ribalta una realtà poco nota ma di grande spessore culturale, attraverso opere e progetti creati ad hoc.
Nominato dal Ministero per il Turismo “Comune gioiello d’Italia” e parte dei “Borghi più belli d’Italia”, Bova è inoltre animato da numerosi eventi, che in autunno culminano nelle Giornate Fai della “Giudecca di Bova”.

Stilo Porte Civiche e Mura di Cinta

Stilo, nel reggino, è noto soprattutto per la Cattolica, l’edificio religioso dalle linee bizantine icona anche del tratto di costa ionica sottostante. Inserito nel listing dei Borghi più belli d’Italia, Stilo era difesa un tempo da possenti mura perimetrali, di cui oggi ne rimangono solo alcuni tratti, comprensivi di tre porte d’accesso e due postazioni di guardia. Nonostante ciò, nei secoli il borgo è riuscito a preservare numerosi edifici storici dalle splendide architetture e un impianto medievale autentico, con vicoli e piazzette che si aprono all’improvviso su scorci di panorama che dal vere del Monte Cozzolino arrivano al blu del mare.

Belvedere di Piazza San Rocco

Impossibile non lasciare andare l’immaginazione a ciò che nell’antichità ha rappresentato lo Stretto di Messina e con esso le terre che si affacciano su questo breve tratto di mare chiuso fra costa calabra e sicula. Uno spazio-tempo in cui abitavano mostri marini sempre in agguato per catturare e distruggere navi e marinai, come per esempio era Skyla, Scilla, la “cagna” pronta a dilaniare, misterioso mostro responsabile di tempeste e innumerevoli naufragi insieme alla dirimpettaia Cariddi, colei che risucchiava nei vortici di acqua e vento. Leggende nate dalle condizioni atmosferiche generate dalle correnti rapide e irregolari che da sempre caratterizzano lo Stretto di Messina.

Scilla, arroccata su un promontorio che pare quasi un’isola, è oggi una rinomata località balneare, che fra le sue attrazioni ha proprio quella di offrire un magnifico Belvedere sullo Stretto. Si tratta di Piazza San Rocco, vasto terrazzamento costruito su un costone di roccia, e si affaccia a strapiombo su un panorama da cartolina.

Castello di Stilo

Le leggende valgono per quello che sono, dei bellissimi racconti infarciti di colpi di scena e personaggi fantastici ma che a volte trovano riscontro nella realtà. Come nel caso della località Vinciguerra, presso il Castello di Stilo: secondo un racconto datato a più di dodici secoli fa, fu esattamente in questo punto che cadde una ricotta speciale scagliata dagli abitanti di Stilo asserragliati dentro le mura contro gli arabi invasori per far credere loro che nella cittadella c’era così tanto cibo da poterlo sprecare e da protrarre la battaglia ancora per mesi. In realtà, tale ricotta sarebbe stata fatta con il latte delle donne che avevano partorito da poco, ma l’inganno servì, tanto che gli arabi si ritirarono e il castello fu salvo. Vero o non vero, questo episodio, ambientato nel 982 d.C., narra in realtà di un maniero che ancora non esisteva, perché il Castello di Stilo, o semplicemente Castello Normanno, fu fatto costruire quasi un secolo più tardi da Ruggero II di Sicilia.

Delle varie opere di difesa che lo rendevano assolutamente inespugnabile se ne possono identificare ancora parecchie lungo il crinale del monte Consolino: a guardarle da lontano ricordano un po’ la Muraglia Cinese, da cui però si gode una superba vista fino a mare. Da Cattolica e nei pressi del cimitero di Stilo partono due sentieri di trekking che intersecano a tratti le mura e conducono fino al Castello.

Castello Ruffo di Scilla

Nell’immaginario epico e letterario, da più di duemila anni Scilla è un mostro marino generato dalla gelosia della maga Circe. Secondo la mitologia greca, sarebbe stata lei a trasformare la ninfa Scilla in una terribile creatura con sei teste di cane e lunghe code di serpente, pronta a catturare tutte le imbarcazioni che transitavano davanti al promontorio dove oggi sorge l’omonimo borgo. Anzi, per la precisione, la “tana” del mostro sarebbe stata l’area del Castello Ruffo di Calabria, uno dei luoghi che oggi meglio identificano quel particolare tratto di mare che è lo Stretto di Messina.

Dal V secolo a.C. in poi, si può dire che qui siano transitati tutti i dominatori che la Calabria abbia mai conosciuto, nessuno escluso, fino ad arrivare al 1578, anno in cui Paolo Ruffo decise di acquistarlo e di trasformare in una residenza sontuosa quello che era già un palazzo baronale di tutto rispetto.

Dopo le devastazioni dei terremoti del 1783 e del 1908, il castello ha subito vari restauri e adattamenti, ospitando uffici pubblici durante il periodo fascista, e persino un ostello della gioventù, fino a essere di recente adibito a Centro regionale per il recupero dei centri storici calabresi.
Dal 1913, una parte dell’edificio ospita il faro della Marina Militare.

Chianalea di Scilla

Chianalea, frazione di Scilla, 25 km da Reggio di Calabria. Basterebbe il tratto di splendido mare su cui affaccia questo borgo di appena 350 abitanti per rendere la destinazione imperdibile. Ma poi, si distoglie lo sguardo dal blu dell’acqua e si punta verso il promontorio, verde di macchia mediterranea, per cogliere l’insieme variopinto delle casette di pescatori costruite direttamente sugli scogli e la magia si compie. Ci si inerpica fra i vicoli, che visti dall’alto sembrano quasi dei canali, e la mente va alla laguna veneta. Da qui, l’appellativo di “Venezia del Sud” e l’inserimento nel listing dei “Borghi più belli d’Italia”.

Museo Civico di Gerace

Prima seminario, poi caserma dei carabinieri, scuola elementare e infine sede municipale. Tante le vesti indossate dall’edificio cinquecentesco nel centro storico di Gerace che dal 2010 accoglie il Museo Civico. Nelle cinque sale, decine di reperti archeologici recuperarti nel territorio dell’antica locride illustrano un excursus temporale di oltre duemila anni, che conduce dall’Età del Ferro, a quella della Pietra, del Rame, del Bronzo fino all’Età della Ceramica e da qui al Medioevo, periodo fra i più floridi per questo borgo del reggino, inserito nella zona tutelata dal Parco Nazionale dell’Aspromonte.

Il Museo funge anche da Centro Informativo e da punto di partenza di un itinerario che tocca le cinque chiese più importanti di Gerace: San Francesco, Santa Caterina d’Alessandria, L’Annunziatella, San Martino e Santa Maria Del Mastro.

Museo Agro-Pastorale dell’Area Ellenofona

La tutela della biodiversità e del paesaggio. Questo l’obiettivo primario della AIAB, vale a dire l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica della Calabria, che partendo proprio dal metodo della coltivazione bio punta e un modello di sviluppo sostenibile e polifunzionale.

Per comprendere meglio la direzione intrapresa e i target da perseguire, lo studio delle tradizioni del passato è un passaggio fondamentale. Partendo da tale presupposto, alla AIAB fa capo anche la gestione del Museo Agro-Pastorale dell’Area Ellenofona di Bova Marina, ospitato dal 1999 presso il piano terra dell’Istituto Ellenofono. Qui, circa 200 oggetti e una ricca collezione di suggestive fotografie d’epoca illustrano la cultura materiale locale, toccando le principali fasi dei cicli produttivi di agricoltura e pastorizia e delle varie lavorazioni artigiane dell’area Grecanica, come per esempio la produzione di tessuti realizzati con fibre di ginestra.

Skip to content