Città di Reggio Calabria

Ci sono i miti tramandati dalle opere di Omero e Virgilio, ma anche le leggende celtiche che aleggiano sullo Stretto di Messina davanti a Reggio Calabria. Sono quelle legate alla figura di Morgana, che confondeva i marinai con le sue visioni fantastiche fino a condurli alla morte. Effetti “allucinogeni” cui sembra di assistere quando dal lungomare di Reggio si guarda verso la Sicilia, che pare quasi di poter toccare.

Suggestioni a parte, Rhegion”, Reggio Calabria, capoluogo di Regione, mette sul “piatto” tutto ciò che ha: il Lungomare Falcomatà, definito da Gabriele D’Annunzio “il più bel chilometro d’Italia”, giardino rigoglioso di palme e specie esotiche, in un’atmosfera di profumi e colori intensi, che la sera è luogo di ritrovo per reggini e visitatori, in cerca di un po’ di frescura ma anche del magico tramonto sullo Stretto. Altrettanto invitante lo splendido orto botanico, poi si prosegue lungo Via Marina, dove le Mura Greche e le Terme Romane ricordano che siamo nel cuore della Magna Grecia. Pochi passi e si entra nel Museo Archeologico Nazionale, per ritrovarsi al cospetto dei Bronzi di Riace, intimiditi da tanta perfezione scultorea, così ricca di armonia delle forme e di mistero sull’origine vera e sulla storia di due delle statue più chiacchierate dell’antichità. Bronzi a parte, il Museo merita di essere visitato per le importanti collezioni ospitate, che vanno dall’età preistorica al periodo di colonizzazione greca, oltre a un’ampia collezione di opere d’arte romane, bizantine e medievali.

Ritornati all’aperto, ecco Corso Garibaldi con le sue boutique, i bei palazzi liberty, il Teatro Comunale sede della Pinacoteca Civica, con due importanti opere di Antonello da Messina, e l’area archeologica Ipogea di Piazza Italia. Sempre nel Centro Storico, ecco poi Piazza Duomo con la Cattedrale e l’adiacente Museo Diocesano, nel quale sono esposte preziose opere di oreficeria sacra del Quattrocento, e ancora Piazza Castello con il Castello Aragonese, datato alla metà del VI secolo, e la vicina Chiesa degli Ottimati. Palazzo della Cultura Pasquino Crupi è invece un inaspettato simbolo della lotta alla criminalità organizzata, con la sua raccolta di dipinti del Novecento sequestrati alla N’drangheta, esposta accanto a un’interessante collezione di icone della Fondazione “Piccolo Museo San Paolo”.

 

Area Grecanica

Giù, nella parte più meridionale della Calabria, si sviluppa la cosiddetta area grecanica, crogiuolo di storia e cultura di un passato lontano, nei secoli e nello spazio. I paesi grecanici si trovano su alture più o meno accessibili e ad alcuni chilometri dalla costa jonica, lambita dalle spiagge di sabbia dorata, e sono culla di una civiltà antichissima, quella greca. A Bova, Roghudi, Chorìo di Roghudi, Gallicianò e Roccaforte, che devono le loro origini ai primi coloni Greci giunti in Italia, si parla ancora la lingua greco-calabra, un mix fra dialetto locale e greco antico.

Il paesaggio della zona è dominato dalla macchia mediterranea, spezzata solo da distese di coltivazioni di bergamotto, prezioso agrume dalle straordinarie virtù benefiche, definito ”oro verde” della Calabria, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.

Un breve excursus delle tappe imprescindibili porta a Bova, che vanta il marchio del Ministero per il turismo “Comune gioiello d’Italia” ed è parte dei “Borghi più belli d’Italia”, e come tale è da visitare almeno una volta nella vita. Qui non si può mancare il Museo della lingua greca Gerhard Rohlfs, dedicato allo studioso tedesco che, fin dal 1924, sostenne l’origine magnogreca della parlata locale, e il Museo di Paleontologia, con circa 15.000 fossili di fauna e flora autoctoni.

Anche per le strade di Gallicianò si parla l’antico idioma, come a Pentedattilo, uno fra i più noti e piccoli borghi della zona, scenario del festival itinerante “Paleariza” e del “Pentedattilo Film Festival”, dedicato ai cortometraggi. Roghudi Vecchio è invece uno dei borghi disabitati alle pendici dell’Aspromonte, silenzioso quanto affascinante nella sua vita sospesa a qualche decennio fa, mentre a Palizzi Superiore si va per il Castello, dichiarato Monumento Nazionale dal Ministero dei Beni Culturali.

Area dello Stretto e la Costa Viola

Lo Stretto di Messina è uno di quei punti geografici dalla forte valenza simbolica, strategica e, in questo caso, mitologica. La sua eco antica riporta alle figure della Fata Morgana, di Scilla e Cariddi, e in assoluto a tutti quei naviganti più o meno “Vip” che nei secoli hanno attraversato questo braccio di mare chiuso da due terre che si sfiorano, talvolta burrascoso e cattivo, ma anche placido e straordinariamente bello da ammirare.

Il territorio di Reggio Calabria e dello Stretto sono legati anche a “note olfattive” e gustative ben precise, quelle dell’essenza del bergamotto, prezioso e profumatissimo agrume ricco di proprietà salutari, e dell’annona, frutto esotico dalla polpa morbida e dal gusto aromatico. A queste due delizie si aggiungono poi le Arance di S.Giuseppe, i vini Arghillà IGT e Pellaro IGT, una ricca produzione dolciaria a base di mandorla e miele. Di artigianalità si parla anche nelle botteghe di orafi, ceramisti, ebanisti specializzati in radica e nella produzione di pipe e ferro battuto. Risalendo la Costa Viola, si trovano il Vino della Costa Viola IGT e Scilla IGT, il limone sfusato di Favazzina, il Torrone di Bagnara IGP e il Pane di Pellegrina.

Merita un cenno la coltivazione della vite lungo la Costa Viola, caratterizzata dai cosiddetti “vigneti eroici”, realizzati su terrazze costruite con le tipiche “armacie”, i muretti a secco che scendono fino al mare lungo irti terreni percorsi da una monorotaia, un tempo utilizzata per il trasporti delle casse d’uva, oggi dei turisti. Chi vuole esplorare il reggino, ha dunque anche questa possibilità, alternativa curiosa alle molte escursioni di trekking. Una da tenere in considerazione è sicuramente quella lungo il “Sentiero Italia”, che da Reggio giunge fino al monastero di Orti, passando dal fortino di Pentimele, Sito di Interesse Comunitario dove nidificano alcune specie rare di uccelli. Interessante la visita a Motta S.Agata, testimonianza delle antiche “motte” medievali costruite a difesa del territorio reggino, e all’ottocentesco Forte Umbertino di Arghillà.

Da Scilla – punto dello Stretto da cui si può capire il perché questo tratto di mare sia considerato una “galleria del vento”, ideale per windsurf, kite e vela – e dallo splendido borgo marinaro di Chianalea, si snoda appunto la Costa Viola, che oltre alla particolarità dei “vigneti eroici”, offre anche meravigliose spiagge tra le quali Cala Janculla, inserita tra le spiagge più belle d’Italia, e la spiaggia di Palmi con lo Scoglio dell’Ulivo, con fondali ideali per lo snorkeling. In questo territorio è possibile anche riscoprire le testimonianze lasciate dall’antico popolo dei Taureani che si spinsero fino all’Aspromonte, passando per Oppido Antica.

Tra Palmi e Bagnara Calabra si articola un sentiero panoramico denominato Tracciolino che rappresenta uno fra i percorsi di trekking più belli e suggestivi di tutta la Calabria. Un ulteriore trekking ha inizio sopra Bagnara e conduce fino al cosiddetto “Tunnel militare di Murat”, una suggestiva grotta scavata a 40 metri dal mare che mezzo secolo fa metteva in comunicazione il porticciolo di Bagnara con i terrazzamenti della Costa Viola. Il territorio, abitato sin dalla preistoria, offre anche due siti archeologici di tutto rispetto: il Parco Archeologico e il Museo di Medma a Rosarno, e il Museo Archeologico di Metauros nella vicina Gioia Tauro. A Galatro, suggestivi i ruderi del Convento basiliano di S.Elia, vicino alle preziose sorgenti di acque minerali e termali sfruttate per il loro potere terapeutico.

La Calabria dei Borghi

Non servono classifiche ufficiali per asserire che molti dei borghi di cui è costellata la Calabria meritano di essere visitati, ma inquadrarli nell’ambito di un “listing” ufficiale, rende giustizia alla loro bellezza e mette l’accento su quanto il turismo deve guardare anche e soprattutto fuori dalle rotte consuete.
La natura selvaggia e prorompente del Parco Nazionale del Pollino per esempio, fa da contorno a paesi fondati fra il 1470 e il 1540 da alcune comunità albanesi giunte qui per sfuggire alle milizie turche, e che ancora oggi conservano lingua, cultura e usanze arbëreshe, rimaste intatte come i loro centro storici e le usanze agro-pastorali. Parliamo di Acquaformosa, Civita, San Basile, Lungro, Plataci, Frascineto, San Costantino Albanese e San Paolo Albanese. Per approfondire la conoscenza di questo popolo, a Civita e a San Paolo Albanese si trovano i musei della Civiltà Arbëreshe, dove sono conservati numerosi oggetti, attrezzi e costumi della tradizione. Di grande interesse religioso sono le funzioni di rito greco-bizantino e le Vallje, le particolari danze in cui ci si muove a ritmo uniti da un fazzoletto. Il forzato isolamento dovuto alle montagne ha fatto sì che nella zona del Pollino rimanessero intatti anche antichi riti come il carnevale con le maschere apotropaiche di Alessandria del Carretto o la Festa della Pita, i riti e i canti di devozione alla Madonna eco di una terra arcaica e autentica che ancora sopravvive, in parte proprio perché protetta dalle alte vette.

Si incentra invece sull’arte di strada il festival Il Borgo Incantato, che dal 1999 anima le serate di fine luglio di Gerace, medievale nell’imprinting architettonico quanto nella cultura che ancora sa esprimere: musicisti, giocolieri, funamboli, mangiafuoco, mimi, clown e maghi si esibiscono per strada, mentre nelle cantine dei palazzi nobili si degustano le specialità del posto. L’evento di richiamo di Altomonte è invece la Gran Festa del Pane, che nel mese di maggio prevede stand di produttori locali e provenienti dalle località aderenti all’Associazione Città del Pane, ma anche di altre realtà annoverate fra i “Borghi più Belli d’Italia” o inserite fra le Città Slow. A coniugare camminate esplorative nel centro storico e degustazioni di prodotti sono i percorsi guidati denominati “Forni Accesi” e “Catui Aperti”, da prenotare presso la Pro Loco.
Se Tiriolo è il paese reso celebre dalle sue botteghe artigiane di lavorazione al telaio e al tombolo, Fiumefreddo, Rocca Imperiale e Pizzo Calabro sono quelli indissolubilmente legati alla presenza del loro castello, in rovina, come nel primo caso, ma sempre pieno di fascino e mistero, o perfettamente intatto come nel caso di Rocca e Pizzo, dove a ogni passo si ripercorrono emozioni e ricordi che attingono a un lontano passato spesso a tinte forti. Come nel caso dell’episodio narrato durante la visita del maniero di Pizzo, luogo degli ultimi giorni e della fucilazione di Gioacchino Murat, Re di Napoli e delle Due Sicilie.

La Calabria dei Borghi

Cunfrunta, Cumprunta, ‘Ncrinata, Svelata. Questi termini popolari si riferiscono tutti allo stesso rito pagano diffuso nelle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Catanzaro. Una manifestazione dalle origini millenarie, in cui si ritrovano elementi della cristianità bizantina mescolati con quelli di epoca romana: il giorno di Pasqua, per le vie dei borghi calabresi, le statue di Gesù Cristo, della Madonna e di San Giovanni portate a spalla dagli adepti delle confraternite si incontrano – da qui “cunfrunta” – dando il via a lunghi festeggiamenti, balli e canti di gioia. Celebrazioni religiose che si tingono delle tinte forti del folklore, tramandando nei secoli il fascino di culture lontane, nel tempo e nello spazio. Leit motiv che si ritrova anche nelle feste patronali, in cui riti spirituali e popolari invitano a onorare il santo protettore di un borgo, non senza trascurare l’aspetto luculliano di una festa, il cibo, con momenti dedicati alla degustazione di piatti e prodotti tipici.

Mistico oltre che rigenerativo è invece il viaggio dei cosiddetti luoghi bruniani, legati cioè alla figura di San Bruno di Colonia, monaco cristiano tedesco, fondatore attorno alla fine dell’XI secolo dell’Ordine certosino. Si parte da Serra San Bruno, piccolo borgo sorto a quel tempo proprio per accogliere le confraternite di ben nove chiese locali e gli artigiani intenti alla costruzione della monumentale Certosa dei Santi Stefano e Bruno. Un inaspettato crogiuolo di maestranze di lapicidi, pittori, artisti del legno intagliato e scolpito, fabbri, decoratori e altri artigiani che giunsero qui da ogni dove, creando una realtà unica, soprattutto in provincia di Vibo Valentia. Ci si immerge poi nel silenzio dei fitti boschi di faggio e abete bianco che circondano il paese, dove passo dopo passo si incontrano Il Calvario, il Dormitorio, il laghetto e l’Eremo di Santa Maria del Bosco, che oggi come allora rievocano i momenti più intensi della vita del Santo e della comunità religiosa che tanto ha contribuito alla storia della Chiesa e non solo. Per apprezzarne fino in fondo il valore, c’è il Museo della Certosa, custode dei numerosi capolavori d’arte prodotti in nove secoli dai monaci certosini.

La Calabria dei Borghi

I nomi che identificano i principali piatti o prodotti calabresi suonano spesso criptici ai forestieri, celando tradizioni antiche e poliglotte. Greci, Romani, Normanni e Arabi oltre che nell’architettura hanno lasciato il segno anche a tavola, soprattutto nella cucina delle piane più prossime al mare. Richiama la francese andouille la ‘Nduja, salsiccia di carne, lardo, fegato e polmone di maiale, originaria di Spilinga e dei comuni limitrofi dell’altopiano del Monte Poro, area nota anche per la produzione di un Pecorino, detto appunto di Monte Poro o “casu”, ottimo al naturale o alla griglia o come condimento di piatti filanti. La devozione locale per il suino è testimoniata anche dalla Sopressata Dop e da un piatto tradizionale come il murseddo, striscioline di trippe, fegato di vitello e maiale con l’aggiunta di pomodoro e peperoncino, racchiuse nella pitta, disco di pasta di pane che richiama la greca pita. Carne di porco pure nelle opulente sagne chine, lasagne imbottite con macinato di maiale, piselli, cacio, funghi, carciofi e uova sode. Altrettanto iconica come la ‘Nduja è la Cipolla rossa di Tropea IGP, vessillo della zona di Vibo Valentia. Particolarmente utilizzata per la preparazione di insalate fresche, è impiegata anche come ingrediente base di specialità gastronomiche tra le più varie, quali conserve, condimenti, salse, paté e confetture, e persino un gelato a dir poco sui generis. Il dolce calabro per eccellenza è originario della stessa provincia: è il Tartufo di Pizzo, nato qui in virtù dell’usanza di utilizzare la neve delle Serre e della Sila per realizzare granite e sorbetti con le fragole di bosco locali, o con le mandorle e i limoni della vicina Sicilia.
Il borgo di Buonvicino, nel cosentino, è invece legato a un altro agrume, il cedro, mentre il Bergamotto di Reggio Calabria è una DOP che dà i suoi frutti anche con l’olio essenziale, utilizzato nella cosmetica e nella profumeria di lusso.

Quanto ai vini, rapidi passi da gigante sono stati fatti negli ultimi anni in fatto di qualità, permettendo alle aziende locali di arrivare alla classificazione di ben 8 Doc e 6 IGP. A fare da portabandiera dell’Enotria, “terra del vino” – così l’avevano ribattezzata i coloni greci – è oggi il Cirò Doc, prodotto a Cirò e Cirò Marina, nel crotonese, come rosso, rosato e bianco. Nella stessa provincia si coltivano altre due Doc, il Santa Anna di Isola di Capo Rizzuto e il Melissa, con blend di uve che comprendono Gaglioppo, Nocera, Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Malvasia nera, Malvasia bianca e Greco bianco.

Si va in provincia di Cosenza per degustare invece i Doc Savuto e Terre di Cosenza, dove sono state identificate sette sottozone, caratterizzate dalla produzione di vini particolarmente pregiati, quali Condoleo, Donnici, Esaro, Pollino, San Vito di Luzzi, Colline del Crati e Verbicaro. Nel catanzarese si beve invece con lo Scavigna Doc, bianco e rosso. Se la zona è quella di Reggio, si pasteggia con Bivongi e Greco di Bianco Doc. Gli IGP riportano invece i nomi di borghi come Scilla e Palizzi, di zone quali Locride, Costa Viola e Val di Neto e persino di un fiume, il Lipuda, IGP che nel suo Dna comprende un blend di Aglianico, Ansonica, Cabernet Franc, Greco Bianco e altri vitigni autoctoni e non.

Città di Reggio Calabria

Il bergamotto di Calabria è un prodotto talmente pregiato e raro da meritare un luogo che ne celebrasse storia, cultura, coltura e tradizioni. E’ il Museo del Bergamotto di Reggio Calabria, la cui visita stimola vista, olfatto e curiosità.

Se l’agrume più pregiato del mondo è l’ingrediente principale dell’industria profumiera e cosmetica in generale, ci sono altri prodotti locali che sono alla base della gastronomia di Reggio Calabria, che ha una caratteristica molto particolare: i piatti tradizionali sono spesso legati a eventi religiosi, a ricorrenze che affondano le radici nei secoli, fino a quasi 3.000 anni fa, ripescando dal passato elementi della cultura della Magna Grecia e di varie dominazioni fino all’Unità d’Italia.

A Natale e all’Epifania è usanza mettere in tavola tredici portate, a Carnevale si mangiano maccheroni e carne di maiale, mentre l’arrosto d’agnello e i pani spirituali sono sinonimo di Pasqua. Le acciughe, gli insaccati di maiale, i formaggi, le verdure sott’olio e i pomodori secchi fanno invece parte dei numerosi prodotti locali conservati con vari metodi, nati per necessità in periodi di carestia o di lunghi assedi dei nemici. Echi del passato che oggi alimentano la fiorente industria agroalimentare.

Città di Reggio Calabria

C’è il trekking, e c’è l’archeo-trekking, per di più urbano. Fra i luoghi d’Italia dove si può praticare, e con grande soddisfazione, c’è Reggio Calabria, che passo dopo passo, in questo lento aggirarsi fra le vie trafficate del centro, svela i resti dell’antica Rhegion, fra le città d’Europa con la storia più lunga e articolata, che getta le fondamenta nella cultura della Magna Grecia.

Tappe di questo tour indietro nel tempo sono l’Ipogeo Piazza Italia, le Mura Greche, le Terme Romane, l’Odeon, il Museo Archeologico, “vetrina” che nella sala più grande e luminosa mette in mostra i celebri Bronzi di Riace, simbolo della Calabria stessa, oltre che del capoluogo. Un itinerario piacevole da fare a piedi, o in bici, con l’ausilio di guide esperte.

Città di Reggio Calabria

Nel centro di Reggio Calabria, tra la Via Aschenez e la Via Possidonea, sorge il Castello Aragonese, la principale fortificazione della città, che insieme ai Bronzi di Riace è considerato uno dei principali simboli storici del capoluogo calabrese. Un’architettura militare imponente, che dal 1956 accoglie l’osservatorio dell’Istituto Nazionale di Geofisica.

Al piano terra del Teatro Comunale “F. Cilea”, edificio realizzato a partire dal 1920 su progetto degli ingegneri Domenico De Simone e Carlo Laviny e poi ristrutturato nel 2006, si trova invece la Pinacoteca Civica, con una ricca raccolta di opere pittoriche derivate anche da lasciti e donazioni di privati. Fra i capolavori da non perdere, si segnalano due polittici di Antonello da Messina.

Un terzo esempio di “riuso” è quello della Biblioteca Comunale di Reggio Calabria, che ospita il Museo Corrado Alvaro: un’intera sala conserva gli arredi, i tappeti, i libri, i quadri e la scrivania dello scrittore, donati dalla moglie Laura e dal figlio Massimo

Area dello Stretto e La Costa Viola

Di Bagnara Calabra, cittadina a una trentina di chilometri dal capoluogo di Regione, si conosce il volto aristocratico del Castello ducale dei Ruffo, noto anche come Castello Emmarita, sede di eventi artistici e culturali, e quello in puro stile Art Nouveau di Villa De Leo, realizzata nel 1910 dall’architetto genovese Eugenio Mollino e passata ai libri di storia dell’architettura come primo grande progetto di abitazione signorile a struttura antisismica. Ma Bagnara Calabra è anche la città del torrone di Bagnara IGP, unico torrone IGP d’Italia, e dei vini IGT fra i più caratteristici della Calabria. Parliamo dell’IGT Costa Viola, che comprende i vitigni di Aglianico, Ansonica, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Calabrese, Castiglione, Chardonnay, Gaglioppo, Greco Bianco e questo solo per citarne alcuni. Altro IGT di Bagnara e dintorni è il Pellaro, la cui denominazione è consentita solo con Alicante, Nerello Calabrese e Castiglione. E ancora, Arghillà, Indicazione Geografica Tipica che rappresenta una delle più importanti aree vitivinicole della Calabria, includendo molti vitigni già nominati per la Costa Viola.

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