La Dieta Mediterranea – Museo Vivente della Dieta Mediterranea

Quello della Dieta Mediterranea è un “modello culinario” tramandato da secoli, che nel Novecento ha vissuto prima un generale declino – dovuto al boom economico degli Anni Sessanta che spinse a mettere da parte le tradizioni, ritenute troppo povere e poco attraenti, a favore di una maggiore “esterofilia”, in particolare verso le mode Made in Usa – e poi un deciso revival, fino a tramutarsi in uno stile di vita da seguire come virtuoso e ideale per una salute migliore, personale ma anche sociale. La sua importanza e valenza scientifica è cresciuta così tanto che dal 2010 la Dieta Mediterranea è annoverata nel listing ufficiale del “Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità” dell’Unesco, facendo parte di quel genere di attività, abilità, strumenti, conoscenze e aspetti immateriali della cultura che identificano un territorio specifico.

Fra gli Intangible Cultural Heritage è anche uno dei più diffusi a livello mondiale, essendo presente in ogni angolo del Mar Mediterraneo. Su di ecco affacciano infatti Italia, Marocco, Grecia, Spagna, Cipro, Croazia, e Portogallo, accomunati dalla tradizione di una cucina sana, stagionale, basata sul rispetto per il territorio e della biodiversità, la conservazione e lo sviluppo delle attività e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura che da sempre caratterizzano il “Mare Nostrum”.

C’è poi chi ha saputo cogliere anche a livello locale l’importanza della valorizzazione della Dieta Mediterranea per farne un motore della propria economia: nel 2012, la Regione Campania ha infatti varato una legge che stimola e supporta tale tradizione in quanto modello di sviluppo alimentare, culturale, sociale e dei costumi, tanto da creare un luogo specifico deputato alla sua valorizzazione, il Museo Vivente della Dieta Mediterranea di Pioppi, vicino Pollica, in Provincia di Salerno. Ricavato al primo piano di Palazzo Vinciprova, insieme al Museo Vivo del Mare è gestito da Legambiente e fa parte dell’Ecomuseo della Dieta Mediterranea. Fra le attività didattiche proposte ci sono anche corsi di cucina cilentana e visite guidate a sentieri, orti e mulini della zona.

Giffoni Film Festival

Tremila giurati provenienti da 41 Paesi di tutti i Continenti. Quando nel 1971, Claudio Gubitosi fondò il Giffoni Film Festival (GFF), di certo non si immaginava un successo così, né che a Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno, in questi cinquant’anni giungessero attori e registi del calibro di Robert De Niro, Oliver Stone, Meryl Streep, Jeremy Irons, John Travolta, Wim Wenders, Roman Polanski, Danny de Vito. Tutta Hollywood è passata di qui, e prima ancora tutta Cinecittà. Scopo della manifestazione, promuovere e far conoscere il cinema per ragazzi e stimolare un ambiente povero di iniziative culturali. Da allora, ogni anno a luglio, per dieci giorni il paese di Giffoni si anima di ragazzi fra i 3 e i 18 anni, divisi in fasce d’età in 5 sezioni di concorso ufficiale. Non solo. Con la creazione di Giffoni Experience, il Festival non si esaurisce lì, ma si amplia a 250 giorni di attività di vario genere, con oltre 200.000 studenti in arrivo da tutto il mondo per il progetto Movie Days. Insomma, un festival che va oltre il festival, creando un importante indotto sul territorio e puntando i riflettori su una fascia di mercato del cinema fino a ieri trascurata.

Ceramica di Vietri sul Mare

Salerno, Vietri sul Mare, il cuore della Costiera Amalfitana. Un viaggio lungo uno dei tratti di costa più spettacolari e ricchi di colpi di scena di tutta Italia, non si può non fare tappa qui, in questo borgo dove, nonostante le molte suggestioni naturalistiche, grazie a un mare da cartolina e alle verdi montagne verso l’interno che invitano a passeggiate e sport di terra, tutto riporta a un’arte sola, quella della produzione ceramica. Non c’è viuzza dell’antico borgo che non mostri un’insegna di una bottega artigiana, o di veri e propri colossi industriali diventati icona di questo angolo d’Italia. Una realtà sui generis, unica al mondo, che per queste sue caratteristiche dal 1997 è stata riconosciuta Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

L’antica Marcina, questo il primo toponimo, era un insediamento etrusco-sannita, diventato poi un piccolo porto romano. A partire dall’XI secolo, tutta la zona incomincia ad avere un’economia che ruota attorno alla produzione ceramica, e in particolare a quella commissionata dalla vicina Badia della SS. Trinità di Cava de’ Tirreni, di cui Vietri diventa lo scalo commerciale. Passano i secoli, e intanto l’arte del decoro vietrese muta e si evolve. Nel Seicento, prende piede lo stile compendiario, con lo sfondo bianco e pochi tocchi di colore, in turchino, giallo e arancio, che conquista Napoli e i suoi danarosi committenti. Il Settecento è il secolo in cui esplode la produzione di vasi farmaceutici, con tocchi di colore marrone di manganese e decori di paesaggi mai usati prima. Se l’Ottocento vede le grandi esportazioni in Sicilia e all’estero, il Novecento è il periodo del rilancio su scala europea, con l’arrivo a Vietri di artisti di fama internazionale come Stüdemann, Dölker, Irene Kowaliska, Elle Schwarz, che danno slancio alla creazione di cicli produttivi su scala più ampia di quella di una semplice bottega.
Sotto questo forte impulso produttivo, nascono le prime associazioni locali, fra cui l’ICS (Industria Ceramica Salernitana), poi diventata MACS (Manifattura Artistica Ceramica Salernitana), la CAS (Ceramica Artistica Solimene) e l’ICA (Industria Ceramica Avallone).

Oggi, ogni bottega, piccola o grande che sia, tramanda quest’arte antica arricchendola del proprio stile, secondo la propria sensibilità, rivestendola con la miscela segreta a base di stagno che rende straordinariamente brillante e unico ogni singolo pezzo vietrese.

Terme di Contursi

Affermare che le acque di Contursi Terme, nel salernitano, siano fra le più prodigiose al mondo può sembrare un’iperbole, ma vero è che contengono la più alta percentuale di anidride carbonica di tutta Europa, caratteristica che le rende particolarmente utili per curare la forma cronica delle vascolopatie, oltre ad artrosi, artriti, reumatismi, gotta, malattie della pelle e dell’apparato respiratorio. Acque altamente curative e pure abbondanti: quindici le sorgenti termali del fiume Sele, distinte in tre gruppi in base alla composizione: salso-bromo-iodiche, solfuree e bicarbonato-alcaline. Ognuna delle sorgenti ha quindi una sua peculiarità terapeutica.

In una sequenza data dalla temperatura delle acque, queste sono le varie sorgenti cui ci si può risanare: le Fonti di S. Antonio, ricche di sostanze sulfuree e alcaline e con una temperatura di 40°C, sono indicate per la cura delle malattie delle mucose, dell’apparato genitale, nel recupero di fratture e lussazioni ma anche per l’anemia, l’asma bronchiale e il linfatismo. Le acque della Fonte di Pruno Sottano, invece, sgorgano a 31°C e sono ricche di sostanze carboniche, alcaline, calcaree e boriche. Ciò le rende indicate per la cura delle affezioni croniche dell’apparato respiratorio, delle malattie reumatiche, per l’artrosi e le artriti. La Fonte Radium, la cui acqua sgorga a 23°C, è utile per curare le malattie della pelle, i reumatismi, l’artrosi, l’obesità, le malattie respiratorie e vari disturbi dell’apparato genitale femminile. L’acqua della Fonte del Volpacchio, 12°C di temperatura, alcalina e ricca di sostanze oligominerali e bicarbonato, è utile per la cura di malattie epatiche, pancreatiche, gastrointestinali, uricosuriche, dell’apparato respiratorio e per le malattie dermatologiche.

Queste acque alimentano ben cinque stabilimenti termali presenti in zona, con annesse strutture ricettive confortevoli e ben organizzate: le Terme Capasso, le Terme Cappetta, le Terme Forlenza, le Terme Rosapepe e le Terme Volpacchio.

Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano

La visita del Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano assomiglia a un gioco di “scatole cinesi”, perché nei suoi 181.000 ettari di superficie tutti in provincia di Salerno, assomma un’incredibile quantità e varietà di paesaggi ed emergenze meritevoli di attenzione da risultare una destinazione a se stante, in una Campania già ricca di per sé di attrattive. Compreso fra i Golfi di Salerno e Policastro e proteso verso l’interno fino ai piedi dell’Appennino campano-lucano, il Parco presenta alternativamente coste con spiagge di sabbia, falesie, scogliere e grotte, zone collinari ammantate di olivi e viti e rilievi montuosi con fenomeni carsici e fitte boscaglie di macchia mediterranea, piccole piane e infine il Vallo di Diano, con un’escursione che va da zero ai 1742 metri del Monte Alburno. Flora e fauna endemiche fanno il resto, animando questa natura prorompente, rendendola ancor più una meta ideale per appassionati di outdoor.

Partendo dal borgo marinaro di Agropoli, nell’Area Marina Protetta di Santa Maria di Castellabate si incontra la bellissima Punta Tresino, un perfetto incipit per un itinerario che poco dopo tocca il suggestivo Promontorio di Licosa – legato al mito della sirena Licosa che qui davanti si inabissò per amore di Ulisse – i borghi di San Marco e Ogliastra Marina e le Ripe Rosse di Montecorice, dove si concentrano alcuni significativi spunti architettonici: la Torre dell’Arena, la cappella della Madonna delle Grazie con il suo mulino a vento, la chiesa di San Biagio del XVI secolo, e poco fuori dall’abitato, il Santuario rupestre di San Mauro Martire.
Vicino all’antico centro agricolo di Pollica si trova il MuSea, il Museo Vivo del Mare di Pioppi: allestito all’interno dello storico Palazzo Vinciprova, tutelato dai Beni Culturali e noto come “Il Castello” per la sua architettura, dal 2013 è gestito da Legambiente Onlus, e comprende una serie di acquari che illustrano le varie forme di vita marina. Di meraviglie sommerse si parla anche a Palinuro, nota per le grotte disseminate lungo la costa, verde di oliveti e macchia. Si chiama per esempio Grotta della Cala dei Monti uno degli antri ricavati nelle scogliere frastagliate dell’Area Marina Protetta Costa degli Infreschi e della Masseta, attrazione del borgo di Marina di Camerota, insieme al Vallone del Marcellino e alla Cala degli Infreschi, così chiamata per le innumerevoli vene d’acqua dolce che sgorgano sotto la sabbia.

Volgendosi verso l’entroterra, ci si stupisce invece per la presenza di marmitte dei giganti, rapide, cascate e due stupendi ponti medievali a schiena d’asino, da cui si parte alla scoperta della Valle Soprana, zona nota agli appassionati di speleologia per la spettacolare Grava di Vesalo. Si tratta di un inghiottitoio, vale a dire una particolare conformazione carsica costituita da un doppio pozzo di 43 e 100 metri sul cui fondo si apre una caverna a galleria. Un luogo accessibile solo ad esperti speleologici, mentre agli altri rimane da immaginare il groviglio di pozzi, cascate e laghetti che si dipanano nell’oscurità, così come per la Grava di Raccio, vicino a Piaggine, profonda ben 224 metri. Di grande fascino anche il borgo fantasma di Roscigno Vecchio, di cui si ricordano usi e costumi nel piccolo Museo Etnografico allestito nei locali dell’ex casa canonica e del vecchio municipio.

Nel Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano si colloca anche il Santuario della Madonna di Novi Velia, sulla vetta del Monte Gelbison o Monte Sacro, memoria del passaggio dei monaci Basiliani in questa terra e di un’antica leggenda che vuole il luogo consacrato dagli Angeli, evento ancora oggi ricordato con una suggestiva processione in cui uno o più donne procedono cantando litanie e tenendo in equilibrio sul capo la “centa”, una sorta di corona di cento candele adorne di nastri colorati.

A chiudere questo itinerario intessuto di storia, arte, tradizioni e molta natura, nulla di meglio che la visita a due borghi davvero sui generis: Roccagloriosa, risalente al IV secolo a.C., dove si trovano resti di tombe del periodo lucano, e San Severino di Centola, borgo medievale di cui rimangono il castello, il palazzo baronale e alcune antiche abitazioni sul ciglio di uno strapiombo detto la “Gola del Diavolo”. Solo un esempio dei molti spettacoli offerti dalla natura nel Parco, che conta più di 400 fra grotte, gallerie e cavità sotterranee, alcune con tracce umane del Paleolitico.

La Dieta Mediterranea

Ancel Keys è l’epidemiologo statunitense padre della teoria della Dieta Mediterranea, messa a punto durante un lungo soggiorno nel borgo marinaro di Pioppi, frazione marina di Pollica, nel Cilento. Fu lui a scoprire il nesso diretto tra regime alimentare e patologie cardiovascolari e a portare il nome di questa località nel mondo, ma soprattutto, a diffondere i suoi studi sullo stile di vita dei cilentani, partendo dalle abitudini alimentari: pochi grassi saturi, consumo regolare di verdura, frutta, cereali, olio d’oliva e una moderata quantità di vino.

Per valorizzare questa straordinaria peculiarità, Legambiente, in sinergia con il Comune di Pollica, il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, e altri soggetti territoriali, ha intrapreso un percorso che ha portato alla realizzazione dell’Ecomuseo della Dieta Mediterranea.

Campania Felix

Campania Felix. Gli Antichi Romani la chiamavano così, e il senso di questa definizione sta nella fortunata composizione di elementi naturalistici e “umani” che sono andati nel tempo a creare realtà straordinarie come Capri, Pompei e Sorrento, solo per citarne alcune. In periodo imperiale, la Regione comprendeva i territori che da Capua arrivavano fino a Salernum e poi tutta l’area circumvesuviana. Particolarmente apprezzati erano già all’epoca quelle che oggi chiameremmo wellness destination, ossia le sorgenti termali attorno a cui sorsero grandiosi stabilimenti termali frequentati anche da personalità e aristocrazia romana. Fra questi, le “Spa” di Contursi Terme, Telese e Napoli, attive ancora, oltre ovviamente a quell’unicum che è Ischia, vera e propria “Isola del benessere”. La natura generosa ha regalato alla Campania anche una serie di oasi verdi, a iniziare dal Parco Nazionale del Vesuvio e quello del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, cui si aggiungono il Parco Regionale del Matesesino, il Parco sommerso di Gaia e l’Area Marina Protetta di Costa degli infreschi e della Masseta nel Cilento.

Felix la Campania lo è anche per la ricchezza che ha saputo coltivare l’uomo, a volte letteralmente, con colture come la vite, presente da oltre duemila anni con vitigni autoctoni – vedi le vitis Hellenica, Apiana e Aminea Gemina – che oggi hanno ceduto il passo a Taurasi, Fiano di Avellino e Greco di Tufo, prodotti da esportazione che fanno parlare di questa terra in tutto il mondo.

Così come altri prodotti di tradizione locale: le ceramiche artistiche di Vietri sul Mare, i tessuti artigianali di San Leucio, i coralli e cammei di Torre del Greco, cuore di un fiorente distretto orafo noto a livello internazionale, e le ceramiche di Capodimonte nel capoluogo.

Campania Felix

La ceramica è un’arte antica in Campania, come attestano reperti di epoca etrusca e romana in vari siti archeologici, uno dei quali si trova nell’area di Ariano Irpino, in provincia di Avellino. In particolare, è nel XIII secolo che, all’interno di grotte di arenaria, si perfeziona la tecnica dell’invetriatura, di origine greco-romana e mixata con le culture orientali, bizantine e islamiche, su cui nel XV secolo si innesta anche la sapienza dei maestri faentini portati qui intorno al 1421 dal Conte Francesco Sforza. L’evoluzione continua fino al ‘700, periodo in cui il piccolo borgo irpino arriva a contare 11 fornaci e 20 forniciai specializzati nella produzione di manufatti per uso domestico. A oggi, Ariano è tornato a far sentire la sua voce, proponendo sul mercato i cosiddetti “oggetti solari”, acquasantiere, mattonelle votive, coppe, fiasche a forma di animale o umane dai colori sgargianti.

Si trova nell’avellinese anche Calitri, dove la tradizione ceramica prende piede a partire dal XVI secolo, grazie alla scoperta di ricchi giacimenti di argilla in zona. Da qui, in breve inizia un fiorente commercio anche extra regionale, sulla scia del successo di due decori tipici e assai caratterizzanti: i “sing sing”, tipiche linee verticali che seguivano la circonferenza dei manufatti, e la “rosa mascarina”, una sorta di rosa selvatica stilizzata, arricchita nel tempo con stemmi o emblemi gentilizi e richiami ad animali o piante.

Altri due luoghi dediti a quest’arte si trovano nel Sannio. Il primo è Cerreto Sannita, nel Parco Regionale del Matese, dove è stato rinvenuto un forno arcaico per la cottura dell’argilla. Bisogna però attendere il ‘700 per veder nascere la Scuola delle Maioliche Cerretesi, dovuta a una proficua produzione di manufatti che iniziò a essere esportata in tutto il Meridione. Un approfondimento su tutte le fasi evolutive dello stile locale lo dà il Museo Civico e della Ceramica Cerretese, che raccoglie in tre sezioni i capolavori degli artigiani locali dall’epoca romana fino all’età contemporanea.

Il secondo “spot” sannita per appassionati del genere è San Lorenzello, la cui particolarità è che qui, dal Seicento in poi, si sono sviluppate varie botteghe ma tutte specializzate in una tipologia di manufatto, chi in vasi, chi in presepi, acquasantiere e così via. Una particolarità che ha reso unica la sua ceramica, ancora oggi esportata con successo, fino ad arrivare in Giappone e non solo.

Nel salernitano si trova infine Vietri sul Mare, tanto legata al mondo della ceramica da essere dichiarata nel 1997 Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Ciò che oggi si vive in paese, nelle sue viuzze affollate di botteghe artigiane dedite a tramandare quest’arte antica, è uno spaccato assolutamente fedele di ciò che già accadeva nei secoli addietro, quando il borgo era sia la base di produzione sia lo scalo commerciale della Badia di Cava de’ Tirreni. Perfetta, a chiudere questo itinerario all’insegna della bellezza plasmata da mani sapienti, è la visita alla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, impreziosita dentro e fuori da straordinarie maioliche del Seicento.

Campania Felix

Per scoprire l’anima più selvaggia della Campania si può iniziare dal Cilento, dove il fiume Calore Lucano ha scavato nei secoli cinque profonde incisioni, le cosiddette Gole del Calore, uno dei luoghi più spettacolari del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni insieme all’Oasi WWF delle Grotte del Bussento, 670 ettari di verde caratterizzati da fenomeni carsici fra i più importanti in Italia.
Dalle acque del Rio Bussentino, sempre nel Cilento, vicino ai resti di un mulino, nasce la Cascata dei Capelli di Venere, il cui nome deriva dall’abbondante presenza di felce capelvenere, che crea tutt’attorno una piccola oasi dall’aspetto quasi tropicale.

Il più grande parco regionale campano, di 63.000 ettari, nonché uno dei maggiori bacini idrici del Mezzogiorno, è invece l’Oasi di Caccia di Senerchia, nella provincia di Avellino, riserva naturale di 450 ettari che rientra nel Parco Regionale dei Monti Picentini.

Anche la Costiera Amalfitana nasconde un insospettabile wild side appena alle spalle di uno dei luoghi più celebri, Amalfi, dove fra i comuni di Scala e Agerola si sviluppa la Valle delle Ferriere, attraversata da un percorso semplice e della durata di circa tre ore, con scorci sul mare di rara bellezza.

Dall’azione erosiva del torrente Titerno, nel Beneventano, derivano infine le gole rocciose dette Forre del Lavello, spettacolare “canyon” con grotte, antri e sentieri, anche di trekking fluviale, attrazione del Parco Regionale del Matese.

Campania Felix

L’Isola di Ischia, il Golfo di Napoli, la Costiera Amalfitana, il Cilento, l’Irpinia…Non c’è zona della Campania che non richiami alla mente antiche memorie legate a sorgenti benefiche. Fra le terme pubbliche dell’isola a più alto “tasso di benessere” del Mediterraneo ci sono quelle di Sorgeto e delle Fumarole, ben note e sfruttate sin dai tempi dei Romani e da allora sempre rimaste fra le mete preferite di personalità di ogni epoca, come testimonia il fatto che fu qui che Giuseppe Garibaldi, “ferito ad una gamba”, venne a curarsi, immergendosi nella fonte del Gurgitello a Casamicciola.

Insieme a Ischia, anche Procida e Vivara fanno parte della vasta area denominata Campi Flegrei, che nel tratto di mare da qui alla terraferma presenta numerosi crateri sprofondati sott’acqua. Per la sua natura altamente sismica, il Golfo di Pozzuoli tutto e i Campi Flegrei in particolare erano il luogo ideale per la pratica dell’otium, inteso come momento per la cura del sé, là dove manifestazioni dovute alla continua attività vulcanica di una grande caldera in stato di quiescenza venivano interpretate come segnali divini. Se quest’ultimi erano frutto di interpretazioni assolutamente aleatorie, gli effetti curativi erano e sono tutt’oggi tangibili, qui come negli altri centri termali della Regione. Restando in zona, per combattere artrosi, acne, reumatismi e malattie respiratorie si può andare alle Terme di Pozzuoli, vicino al Lago Averno, particolarmente tonificanti e anti-infiammatorie, con temperature che oscillano dai 38°C ai 74°C nelle piscine principali. Sempre non lontano da Napoli, ci sono le Terme di Agnano, che hanno la particolarità di essere immerse in un parco archeologico dove sono visibili le strutture del primo impianto costruito fra il I e il II secolo d.C. dall’imperatore Adriano.

Sul Golfo di Napoli affacciano le Terme di Castellammare di Stabia, note per le cure dermo-cosmetiche che possono attingere a un circuito di ben 28 diverse fonti minerali. Si lascia la costa per inoltrarsi nell’entroterra salernitano e raggiungere Contursi Terme, che ha il vanto di offrire acque con la più alta concentrazione di anidride carbonica d’Europa e perciò di grande efficacia contro le patologie vascolari.

In provincia di Benevento troviamo invece il complesso delle Terme di Telese, alimentato da acque ricche di zolfo ottime contro patologie di natura inalatoria, ginecologica e dermatologica. Una volta giunti qui, vale la pena intraprendere anche il Sentiero delle Sorgenti, per raggiungere l’area naturalistica e archeologica di Monte Pugliano, spettacolare per le doline nate dal crollo di antiche grotte scavate dall’acqua.

Questo tour ideale nella Campania all’insegna dell’otium non potrebbe chiudersi in un luogo più significativo delle Antiche Terme di San Teodoro, a Villamaina, nell’avellinese: da Virgilio a Plinio il Vecchio, non c’è stato autore del passato che non abbia decantato la purezza e bontà delle acque curative, generate da un’attività sismica che coinvolge anche l’area nei pressi del Lago della Mefite, ricca di fumarole e fanghi bollenti. Suggestioni che, è il caso di dirlo, riaffiorano dal passato per regalare ancora, oggi come ieri, un migliore stato di salute e un profondo relax.

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