Sardegna Nuragica

Primo punto, a quando risalgono i nuraghi? In un range di mille anni, si va dal 1700 al 700 circa a.C. Dove si possono vedere? Un po’ in tutta la Sardegna, ma in particolare nel nuorese, nell’oristanese, in provincia di Sassari e di Sud Sardegna. Secondo alcuni studi, intorno alla metà del II millennio a.C., i cosiddetti protonuraghi si evolvono in torri megalitiche di forma tronco conica e si diffondono in tutto il territorio, fino ad arrivare a una media di 1 nuraghe ogni 3 kmq. Intorno al 1.500 a.C., iniziano le aggregazioni di villaggi composti da costruzioni imponenti, realizzare sempre con tecnica megalitica e con ampie camere con soffitti a tholos. Da semplici, i nuraghi iniziano a diventare complessi, trilobati e quadrilobati, con sistemi di torri e murari di difesa. Fra quelli più importanti e meglio conservati si annoverano Su Nuraxi a Barumini, Nuraghe Arrubiu a Orroli e il Complesso di Seruci a Gonnesa (provincia di Sud Sardegna), Santu Antine a Torralba e Palmavera ad Alghero (SS), Nuraghe Losa ad Abbasanta (OR).

Alghero

Per una vacanza ad Alghero si può partire con pinne e bombole, con moschettoni e scarpe da arrampicata, scarponcini da trekking e racchette da nordic walking, cap e stivali per una gita a cavallo, abbigliamento da biking e MTB. Si potrebbero mettere in valigia addirittura caschetto e attrezzatura da speleologo. Alghero è una di quelle destinazioni di mare che ha la fortuna di trovarsi in un contesto ambientale che consente, e soprattutto ispira, davvero ogni genere di attività, dagli sporti nautici a quelli di terra.

Sardegna

Parlare di isola è riduttivo, perché la Sardegna è molto di più, è un continente. Non certo per estensione geografica, ma per varietas. La stessa storia geologica di questa terra, fisicamente separata e distante dalle masse continentali di Europa e Africa, ha determinato aspetti di assoluta particolarità, generati anche alla sua età: 600 milioni di anni incisi nella pietra, dalle scogliere a picco sul mare fino alle vette innevate dell’interno, che ne fanno la parte più antica di tutto il territorio italiano. Da qui deriva una ricchezza naturale straordinaria, oggi tutelata da grandi parchi nazionali – vedi quello dell’Asinara e dell’Arcipelago della Maddalena – da riserve naturali, oasi e zone protette locali, paradisi popolati da numerose specie di flora e fauna endemiche. Un universo che, per i non sardi, è davvero “altro”. Altro, del resto, era il popolo misterioso che ne ha firmato la storia con monumenti straordinari, i nuraghi, oggi testimoni di pietra d’un passato enigmatico, ma ancora vivo. Nelle feste, nelle tradizioni e nei sapori di una cucina vigorosa e inconfondibile, per esempio, come vigorose e inconfondibili sono, oltre le iconiche spiagge da cartolina, anche le terre dell’interno, le montagne, le foreste, i paesi e le città.

Insomma, la “differenza” della Sardegna è certamente un dato di fatto e una constatazione ormai ovvia, oltre che un sentimento della maggior parte dei sardi. Diversità intesa come naturalezza e naturalità, genuinità, arcaicità, primitività, preistoria vivente, ma anche nel suo rimanere sempre un luogo incontaminato, nell’animo e nella sostanza, nonostante, in alta stagione, diventi oggetto di un vero assalto. Per questo, la Sardegna, che grazie soprattutto alla Costa Smeralda è diventata simbolo di un’estate senza fine, è capace di riservare emozioni inaspettate, quelle di un mondo ancora tutto da scoprire. E non solo d’estate. In virtù del clima e delle mille ricchezze alternative al mare, oltre a offrire 1.949 km di coste è una meta da vivere tutto l’anno, ricca di profumi, di umori, di colori che, con il variare delle stagioni non perdono ma semmai mutano la propria malia e intensità.

Quella sarda resta nel complesso un’antropizzazione debole. Grande quanto la Sicilia, ha un terzo dei suoi abitanti, resta cioè un antico Paese rurale. Messaggio che si percepisce forte e chiaro nella fascinosa Gallura, rosa per le mille sfumature della sua pietra granitica onnipresente; nei suadenti torpori della “catalana” Alghero, la cui costa si incunea in misteriose grotte da esplorare; nel porticciolo di Bosa e nel suo magico entroterra; poi nelle leggende della selvaggia Ogliastra e nel “profondo centro” della Barbagia, fino a risalire il crinale del Gennargentu; nell’inaspettata vitalità di Cagliari, capoluogo sui generis con le spiagge che arrivano prossime al centro storico; e ancora nelle struggenti atmosfere del Sud-Ovest, che anticipano l’incanto dell’Isola di San Pietro.

Ma, al di là di questi e mille altri luoghi da fare propri, sono la storia e la cultura il filo conduttore di viaggi  indimenticabili. Basti citare le feste popolari, che da secoli tramandano suggestioni di rara forza evocativa, spesso legate alle ricorrenze del Carnevale o del santo patrono del paese. Ogni manifestazione si trasforma in un momento di sentita aggregazione popolare: ascoltare i muttos, i tipici canti a sfondo amoroso, ammirare con quanta grazia e dignità giovani e anziani indossano ancora i costumi tipici in caroselli colorati, significa vivere un pezzo di vita sarda, originale, spontanea, ancorata alle più antiche e fantasiose credenze. Ecco allora sfilare grandi processioni in costume, enormi ceri ondeggiare negli stretti vicoli, arditi cavalieri lanciarsi in rituali galoppate, uomini incappucciati intonare canti lugubri e centinaia di fedeli correre a piedi nudi su strade sterrate. Sacro e profano che si fondono in un tutt’uno di grande forza, che coinvolge tutti i sensi: l’udito con i suoi canti, la vista con i suoi richiami a maschere e costumi di ispirazione ancestrale, il tatto con la ruvida bellezza di tessuti, sculture e opere artigianali da comprare e portare a casa, l’olfatto e il gusto stimolati da sapori più di terra che di mare. Altro paradosso di quest’isola-continente abitata da un popolo più di pastori che di marinai.

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