Provience: Vibo Valentia
Popilia Country Resort
Borgo del Principe
Santuario di Santa Maria Nel Bosco
Nel 1984, Papa Giovanni Paolo II percorse la lunga scalinata in granito che attraversa la foresta secolare di abeti bianchi e faggi di Serra San Bruno fino ad arrivare sul piazzale del Santuario di San Maria del bosco. Qui celebrò la Santa Messa davanti a una folla di fedeli e pellegrini giunti da ogni dove per assistere all’evento e venerare San Bruno. Un fenomeno iniziato circa mille anni fa, quando il monaco cristiano tedesco Bruno da Colonia giunse in questo angolo selvaggio di Calabria e fondò la seconda Certosa dell’Ordine certosino, a pochi minuti da qui.
L’attuale Santuario è ciò che deriva dalla ricostruzione fatta dopo il terremoto del 1783 dell’antica chiesa voluta da San Bruno affinché i suoi monaci, in questo luogo mistico permeato di silenzio, trovassero la giusta serenità per preghiera e contemplazione.
Sul lato opposto del piazzale si trova quello che la tradizione racconta essere il “dormitorio”, la nicchia scavata nella roccia dove il Santo si isolava in meditazione, ma che per certo è il suo luogo di sepoltura dal 6 ottobre 1101.
Museo Parrocchiale San Biagio
Fra le reliquie conservate nel Museo Parrocchiale della Chiesa di San Biagio a Serra San Bruno, Vibo Valentia, c’è anche un pezzo della Croce di Gesù. Pensare che una reliquia così importante per la storia della Cristianità sia conservata in un borgo abbarbicato sulle Serre calabre fa riflettere, ma soprattutto fa capire l’importanza avuta in passato da quella particolare realtà che fu la Certosa di Serra San Bruno e ciò che ne derivò.
La Chiesa di San Biagio, detta anche Chiesa Matrice perché considerata “madre” di tutte le chiese, fu costruita nel 1795 su progetto proprio di un architetto serrese, Biagio Sacarmuzzino, così come uno degli elementi decorativi fra i più belli e importanti, il pergamo ligneo, fu intagliato dall’ebanista serrese passato agli annali come “Patacchella”. Solo due dell’esercito di artigiani-artisti coinvolti nel grande cantiere certosino.
I Vicoli di Pizzo
Il “tartufo” di cioccolato sta a Pizzo Calabro come il tiramisù a Treviso Già, perché questo borgo in provincia di Vibo Valentia arroccato su un promontorio di tufo a picco sul mare vanta la “paternità” di questo dessert realizzato con una ricetta segreta ma con un numero infinito di tentativi di imitazione. Da qui i suoi due epiteti più celebri, quello di “città del gelato” e di “città del tartufo”.
Di recente però, se ne è aggiunto un altro, “città dell’amore”, grazie all’iniziativa di un privato, Massimo Pacifico, presidente dell’Associazione Carta Canta, che ha ribattezzato la scalinata in Corso San Francesco con il nome di “Vicolo del Bacio”. Il contesto è romantico di per sé, tanto da invitare chiunque a fermarsi per ammirare l’atmosfera sospesa del borgo. Il resto lo si lascia all’iniziativa dei visitatori, tant’è che questo è diventato uno degli “angoli dei selfie” più gettonato del posto. Poco distante da qui, c’è anche il Vicolo degli Abbracci, ma non c’è dubbio che, oltre a queste iniziative personali, Pizzo offre molti scorsi da immortalare con una foto: per esempio i vicoli attorno al Castello del ‘400, voluto da Ferdinando I d’Aragona e luogo della fucilazione di Giacchino Murat, e la famosa Chiesetta di Piedigrotta, su una spiaggia a circa 1 km dal centro.
Chiesetta di Piedigrotta
A guardarla da fuori sembrerebbe più una sorta di rimessa per barche abbandonata o quasi. Invece, una volta giunti in Località Madonnella, vicino a Pizzo, provincia di Vibo Valentia, ci si trova davanti a uno spettacolo tanto inatteso quanto unico nel suo genere. La chiesetta rupestre di Piedigrotta è indissolubilmente legata a una leggenda del Seicento secondo la quale, durante una tempesta, i marinai tutti napoletani a bordo di un veliero a rischio di naufragio fecero il voto che, in caso di salvezza, una volta giunti a terra avrebbero costruito una cappella dedicata alla Madonna. Il voto venne fatto davanti a un quadro della Madonna di Piedigrotta poco prima che il veliero si inabissasse, ma miracolosamente sia i marinai che il quadro arrivarono a terra sani e salvi, sospinti dalle onde insieme alla campana di bordo datata 1632. Così, i naufraghi mantennero la promessa, scavando una piccola cappella nella roccia.
Il luogo fu da subito oggetto di culto, ma fu solo verso il 1880 che iniziò a prendere l’aspetto attuale. Ci sono voluti circa 80 anni di lavoro, prima da parte di Angelo Barone e poi del figlio Alfonso, artisti locali che dedicarono ciascuno circa 40 anni della propria esistenza a scolpire, allargare, plasmare e dipingere la roccia, dando vita a uno dei tanti gioielli d’arte popolare scaturiti dal genio creativo dei calabresi. A oggi, Piedigrotta è una delle mete più visitate dell’intera Calabria.
Museo Civico del Mare di Tropea – MuMaT
Tropea al centro del mondo, paleontologico e scientifico. Per un borgo di poco più di 6.000 abitanti riconosciuto nel mondo per le sue bellezze architettoniche e artistiche non è una cosa scontata. E invece proprio qui, su un promontorio a picco sul mare Tirreno, ecco il MuMat, il Civico Museo del Mare allestito dentro al Palazzo Santa Chiara di Tropea, recuperato di recente insieme all’annesso Convento delle Clarisse.
Assai articolata e meritevole di menzione la storia dell’edificio originario: fondato nel 1261 per ospitare uno dei primi conventi dell’Ordine delle Clarisse in Calabria, fu riconvertito in residenza privata dopo il terremoto del 1783, e poi nel XX secolo in ospedale. Con l’apertura del museo, la chiesa è diventata l’auditorium, il refettorio e la cucina le sale espositive oggi custodi di reperti fossili e materiali provenienti dal territorio circostante e dalla costa.
Gestito dal Gruppo Paleontologico Tropeano, attivo da più di trent’anni nella zona, il MuMat ha avviato un programma di analisi dei reperti recuperati in collaborazione con istituti e studiosi di livello nazionale e internazionale, quali Daryl Paul Domning della Howard University di Washington, Nikos Solounias della American Museum of Natural History di New York, Lorenzo Rook dell’Università di Firenze, James Brink del National Museum Bloemfontein di Johannesburg.
Museo Diocesano di Tropea
Sotto il portico del palazzo svevo che ospita il Museo Diocesano di Tropea ci sono cinque sculture marmoree provenienti da due situazioni distinte, San Pietro e San Paolo originariamente esposte nella vecchia Cattedrale barocca, e tre copie delle statue realizzate per il Duomo di Messina. Un’accoglienza solenne che ben introduce alle sale espositive dove si passano in rassegna cinque secoli di storia della Chiesa e dell’arte, grazie a una collezione di opere e suppellettili sacre in argento che coprono dal XIV al XIX secolo. Oltre che dalla Cattedrale, esse provengono anche dalle altre chiese ormai schiuse, creando una collettanea di grande varietà. Fra i pezzi più antichi e preziosi spiccano un pastorale in argento dorato e smalti del ‘400, un’icona del ‘500 raffigurante la Madre della Consolazione e un gruppo di opere settecentesche di cultura napoletana.
Museo Antichi Mestieri di Calabria
Immaginate un teatro con un’ottantina di figuranti intenti ognuno a compiere il proprio mestiere. Chi il pastore, chi la tessitrice, il vasaio, il calzolaio, il fabbro, il maniscalco, lo scalpellino e così via. Ecco, c’è un luogo dove questo spettacolo va in scena ogni giorno dal 1999, grazie all’opera del Professor Benito Badolato, artefice del Museo Antichi Mestieri di Calabria, fra le attrazioni di Tropea da non perdere. Le 85 statuine si muovono ognuna con il proprio ritmo, riproducendo gesti spesso ormai desueti o dimenticati, ma che all’inizio del Novecento erano la quotidianità.
L’esposizione è arricchita da una documentazione fotografica d’epoca relativa alle diverse attività artigianali, supporto prezioso soprattutto per le nuove generazioni, che quel mondo non lo hanno mai neanche sentito raccontare. Nello stesso edificio si trova anche un’interessante sezione dedicata alle importanti invenzioni e scoperte che hanno contribuito al progresso tecnico scientifico del secolo scorso. Telefax, televisore, telegrafo, frigorifero, macchina per cucire, ed altri oggetti ormai da museo sono il fulcro della Mostra della scienza e della tecnica.