Toscana. Sarebbe forse più veritiero riferirsi a questa superba terra al plurale, essendo composta di tanti universi comunicanti ma anche ermeticamente completi e fini a se stessi. Il succedersi cangiante e spettacolare dei paesaggi è spesso così rapido e stupefacente da lasciare attoniti, un insieme straordinariamente variegato che però trova ragione in un binomio che si rifà a due ingredienti principali, arte e natura. Quelle effigiate da Ambrogio e Pietro Lorenzetti, da Piero della Francesca, da Giovanni Fattori e Lorenzo Viani, e, super partes, da Leonardo da Vinci, il cui inconfondibile tratto ha eternato non solo volti e momenti, ma anche linee di orizzonti e contesti che sono ancora lì da ammirare.
La Toscana è dunque un irresistibile album di paesaggi e architetture senza tempo, appassionante poema di storia e umanità. Partendo dall’estremo Nord, le selve folte dell’Appennino sono le verdi magie ricamate dalla nobile pietra di borghi antichi, che introducono il Viaggiatore all’intimo splendore di Lucca con le sue cento chiese e la sua placida campagna punteggiata di favolose ville patrizie. Le Alpi Apuane sono il marmoreo quanto inaspettato sipario del mare di Versilia e dei festosi e ben pettinati arenili di Forte dei Marmi, Viareggio e Marina di Pietrasanta.
Poi tocca a Pisa, con i suoi miracoli architettonici in bianco e nero; poi è la volta di Arezzo con i prodigi pittorici di Piero; delle foreste romite del Casentino seminate di rocche severe e deliziose cittadine, e dell’Arno che “per mezza Toscana si spazia”, raccogliendo leggende, storie e nostalgie di dantesca memoria e non solo. Più oltre, si rivela l’agreste incanto del Chianti, culla di grandi vini e di cultura che accoglie il capoluogo, Firenze, città a misura d’uomo, ma che a ogni passo sa sorprendere e donare l’emozione di una nuova scoperta, anche laddove è stato già detto e fatto tutto, da studiosi, viaggiatori e ammiratori di ogni epoca.
Si continua in direzione Sud, ed ecco, sospesa su un ricciolo di colline, compare Siena, con il Duomo svettante, la Torre del Mangia e Piazza del Campo dove da secoli i cavalli del Palio rincorrono e coniugano passato e presente. Ancora, s’infiammano le torri di San Gimignano aspettando il tramonto, sfilano i dossi preziosi e tanninici di Montepulciano e Montalcino, ben noti a un pubblico internazionale di intenditori sommelier o aspiranti tali, e la piazza capolavoro di Pienza, una fra le tante dove immergersi, fra l’onirico e il virtuale, nelle atmosfere di un Medioevo fin troppo autentico.
Ancora più a Sud, si fa sentire l’anima selvaggia della Maremma, quella che va dagli enigmi mai svelati degli antichi Etruschi alla ruvida vita di campagna dei butteri, lungo la tratta che conduce da Grosseto fino a Orbetello, che con la sua placida Laguna fa da tramite fra la terra ferma e la Penisola dell’Argentario. Promontorio, l’Argentario, proteso nel Mar Tirreno in corrispondenza delle due isole più meridionali dell’Arcipelago Toscano, l’Isola del Giglio e di Giannutri. Per trovare le “sorelle”, bisogna bordeggiare la costa e fare di nuovo rotta verso Nord, puntando nell’ordine sulla misteriosa e leggendaria Montecristo, sulla solitaria Pianosa, sulla ventosa Capraia, porto di scalo fra Corsica e Italia per marinai di ieri e di oggi, su Gorgona, francobollo di terra sconosciuto ai più, e ovviamente sull’Elba, “regina madre” fra le sette sorelle.
Un intarsio complesso e policromo, quello toscano, intessuto di verdi colline, campi coltivati, castelli e borghi intatti, stazioni balneari e termali pronte a regalare relax, foreste e gemme archeologiche, quest’ultime epilogo ideale di un viaggio nello spazio e nel tempo.
Camminando nel Parco e Giardino della Villa Medicea Reale di Castello, situato in Via di Castello sulle colline appena fuori Firenze, si è pervasi dal profumo della zagara delle circa 500 piante di agrumi che adornano la seconda terrazza del parco, considerato il prototipo del giardino all’italiana del Cinquecento. Molte di esse sono piante storiche, derivate dalle antiche varietà medicee con esemplari di oltre trecento anni di vita, coltivate ancora come un tempo, con esposizione esterna da aprile a ottobre e per il resto ricoverate nelle storiche limonaie annesse alla villa rinascimentale. Fra gli spazi più suggestivi del parco c’è la Grotta degli Animali, straordinario ambiente adorno di statue e decori a corollario di fontane e vasche animate da complessi giochi d’acqua, realizzata dall’architetto Niccolò Tribolo e terminata da Giorgio Vasari, entrambi coinvolti insieme al Buontalenti nel progetto dell’intera villa.
A tal proposito merita un cenno la storia delle sue origini: costruita dai Della Stufa nel XIV secolo ed acquistata nel 1477 da Giovanni e Lorenzo di Pierfrancesco dei Medici, cugini di Lorenzo il Magnifico, Villa Medicea Reale di Castello fu il luogo per cui Botticelli dipinse i suoi massimi capolavori, La Nascita di Venere e La Primavera, oggi agli Uffizi. Situata lungo un antico acquedotto romano che alimentava Firenze, venne da subito soprannominata “Il Vivaio” per le grandi vasche poste davanti all’ingresso, funzione che ne anticipava già il futuro da “orto botanico”, che oggi fa da magnifica scena alla prestigiosa Accademia della Crusca e dell’Opera del Vocabolario Italiano.
Delle numerose dimore realizzate dai Medici nei dintorni di Firenze, Villa La Petraia è sicuramente una delle più affascinanti. Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco insieme alle altre Ville e Giardini Medicei di Toscana, il “palagio” della Petraia apparteneva nel XIV secolo alla famiglia Brunelleschi. Passando di mano in mano, nel 1544 divenne dimora di Cosimo I de’ Medici, che la donò poi al figlio, il Cardinale Ferdinando, il quale, una volta nominato Granduca di Toscana, decise di lasciare la sua impronta. Fece dunque realizzare una serie di terrazzamenti per accogliere lo splendido Giardino, nota distintiva che ancora oggi caratterizza l’edificio. Nei secoli, la villa è stata arricchita di opere e capolavori di ogni genere, fra cui spicca il ciclo di affreschi realizzato dal Volterrano e da Cosimo Daddi. Celebre la scultura bronzea del Giambologna raffigurante Venere-Fiorenza, portata qui dalla fontana di Villa di Castello e oggi conservata all’interno.
La statua in porfido dell’imperatore Adriano, unica nel suo genere, quella della Peplophoros dal Palazzo Da Cepparello, replica romana di un originale greco del V secolo a.C., sarcofagi e sculture etrusche in nenfro da Tuscania, un sarcofago femminile da Tarquinia di mirabile fattura, i resti del corredo della “Tomba della Mula” e sculture funerarie di botteghe fiesolane arcaiche… Per essere una sede “distaccata” del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Villa Corsini a Castello vanta una collezione a dir poco invidiabile di reperti di varie epoche, cui si aggiunge la bellezza della dimora stessa, uno dei massimi esempi di architettura tardo-barocca fiorentina. Costruita da Cristofano Rinieri, Consigliere del Duca Cosimo I, la villa tramanda il nome di quello che a partire dal 1697 fu il suo secondo proprietario, Filippo Corsini, Consigliere di Cosimo III de’ Medici, che la scelse per la vicinanza alla dimora medicea della Petraia, una delle residenze estive del Granduca. Corsini affidò a Giovanni Battista Foggini (1652-1725), architetto e scultore granducale oltre che direttore delle Manifatture di Corte, il compito di trasformarla in una delle dimore più raffinate dell’epoca. E ci riuscì. La proprietà rimase in mano ai Principi Corsini fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando venne occupata dalle truppe tedesche.
Fra alterne vicende e vari passaggi di mano, dal 2015 Villa Corsini a Castello è parte della Direzione regionale musei della Toscana e ospita appunto la sezione distaccata delle Sculture Etrusche e Romane del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
Si intitola “La Quiete che domina i venti” l’affresco di Giovanni da San Giovanni che decora una delle dimore più belle e significative dei dintorni di Firenze, da cui il nome “Villa La Quiete”. La zona è quella nota come Castello, particolarmente felice perché intrisa di arte e storia grazie al fatto che a popolarla di sontuose residenze furono i Medici, che qui costruirono Villa di Careggi, Villa di Castello e Villa della Petraia.
Impossibile riassumere tutte le vicende occorse a Villa La Quiete dalla sua fondazione nel XV secolo in poi, ma basti dire che qui sono transitate alcune delle più importanti famiglie della Toscana e non solo, da Cosimo I de’ Medici, che la donò all’Ordine di Santo Stefano, a Cristina di Lorenza, che fece realizzare un Corridoio Vasariano che la collegava al vicino monastero camaldolese, un po’ come l’omonimo passaggio sospeso su Ponte Vecchio in centro a Firenze. Il Complesso venne poi ereditato nel 1636 dal Granduca Ferdinando II, per passare dopo una quindicina di anni a Eleonora Ramirez de Montalvo, che la destinò definitivamente alla Congregazione delle Montalve. Da quel momento, la villa venne ribattezzata Istituto della Quiete, accogliendo ed educando ragazze di buona famiglia per oltre tre secoli, fino al 1992. In quell’anno, la dimora divenne prima proprietà dell’Università degli Studi di Firenze, e poi della Regione Toscana, che l’ha destinata a sede del Sistema Museale di Ateneo. Molti i capolavori in essa custoditi: basti citare l’Incoronazione della Vergine di Sandro Botticelli e la Madonna con Bambino di Ridolfo del Ghirlandaio. Splendidi il Cortile della Lanterna, la farmacia seicentesca e il giardino all’italiana, spazi in cui si respira ancora un’allure aristocratica e mistica insieme.
Sulla cosiddetta Collina delle Forbici, in Via Giovanni Aldini al 12 a Firenze, c’è un cancello che si apre su uno dei parchi più belli del capoluogo toscano. E’ quello di Villa “Il Ventaglio”, che nella prima metà del XV secolo era nota come la “chasa da oste”, la “casa dell’oste”, e come tappa per i pellegrini che da Porta a Pinti si recavano a San Domenico di Fiesole. Una volta entrati, ci si ritrova immersi nell’atmosfera sognante tipica dei parchi in stile inglese, in 5 ettari di verde che alternano prati, boschetti e persino un laghetto con una piccola isola cui si approda tramite un ponticello. Dal 2015, il Parco di Villa “Il Ventaglio” è parte della Direzione regionale musei della Toscana ed è aperto al pubblico che può così godere della piacevolezza del contesto naturalistico e insieme delle ampie vedute sul Centro Storico di Firenze.
La casa-museo intitolata a Frederick Stibbert offre una di quelle esperienze inaspettate per chi ha in mente solo la Firenze rinascimentale. Il capoluogo toscano, da sempre luogo attrattivo per personaggi di grande spessore intellettuale e culturale, va ben al di là di ciò che fu al tempo dei Medici e dei Granduchi di Toscana. Entrando a Villa di Montughi, immersa in un romantico parco all’inglese alle porte della città, ci si immerge in quella che era la realtà fuori dal comune di Frederick Stibbert, uomo di grande cultura e collezionista d’arte che dedicò la sua esistenza alla realizzazione di una straordinaria raccolta di pezzi unici. Nato a Firenze nel 1838 da padre inglese e madre italiana, trascorse gli anni dello studio in Inghilterra, al seguito del padre, colonnello delle prestigiose Coldstream Guards, e del nonno governatore generale del Bengala, India, artefice dell’immensa eredità ereditata da Frederick ad appena 20 anni. La casa-museo raccoglie oggi quasi 50 mila pezzi fra armi e armature di ogni epoca e provenienza, esposte nella splendida Sala della Cavalcata, e in altri spazi, dedicati uno all’armeria islamica e uno a quella giapponese. Non mancano poi collezioni di altro genere, di quadri, porcellane e costumi europei e orientali. Da visitare anche il parco, disegnato dall’architetto Giuseppe Poggi, lo stesso che progettò i viali di Firenze, dove si scoprono ora il tempietto egizio, ora quello ellenistico, una scuderia e una limonaia.
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