Nelle classifiche ufficiali delle Regioni più visitate d’Italia c’è sempre il Veneto, che spesso è pure sul gradino più alto del podio. Il perché di questo successo è presto detto: mare, montagna, laghi, terme, parchi naturali, itinerari a tema per soddisfare ogni interesse, da quelli religiosi a quelli enogastronomici, senza contare le numerose città d’arte, di cui Venezia è sicuramente simbolo, al centro di una rosa di degne “competitor” che nulla hanno da invidiare e che hanno anzi saputo conquistare la loro giusta fama. A cominciare da Verona e Vicenza, beni Unesco come la stessa “Serenissima” per i loro meravigliosi centri storici, insieme alla “dotta” Padova, per il suo Orto Botanico, oltre a Treviso, Rovigo e Belluno, cuore di altrettante province floride di punti di interesse in grado di stimolare ogni genere di visitatore.
In Veneto il paesaggio cambia in fretta: 150 km per passare dalle spiagge dell’Adriatico, con Bibione, Jesolo e Caorle in prima fila, che si stempera nelle languide acque dell’arco lagunare, alle nevi eterne del ghiaccio della Marmolada, che con i suoi 3.343 metri è la vetta più alta. Si va poi dalle vaste pianure solcate da fiumi e canali al Po e il suo Delta fino all’Adige, al più che mai veneto Piave, e ancora, dalle alture isolate dei Colli Euganei, cantate da Francesco Petrarca, padovano Doc, a quelle dei Colli Berici vicentini, punteggiati di vigneti e sontuose ville progettate dal genio di Andrea Palladio (altro bene Unesco): terre ovattate nelle brume e dalle foschie dell’autunno, che accarezzano anche le sponde del Lago di Garda, in un assaggio poetico che precede il grande balzo fra le crode svettanti delle Dolomiti. L’Antelao, il Pelmo, le Tofane, le Tre Cime di Lavaredo, le Marmarole, la Civetta e l’Agnèr… Un legame ancestrale quello fra la montagna e l’acqua, che vede in quel miracolo di fragile precarietà, di cui Venezia è icona assoluta, il suo connubio più sottile. Il Veneto, che pagò un alto prezzo all’emigrazione nei non lontani tempi della fame e della malaria, resta pur sempre una Regione che all’urbanizzazione delle grandi metropoli contrappone le sue deliziose province, vivibili e gradevolissime, seppur talvolta soggette al transito di milioni di turisti (una media di 20 all’anno nel solo capoluogo), oltre a una miriade di borghi e cittadine “minori”, per numero di abitanti ma non per attrattive, fra cui si citano a titolo di esempio Asiago, Castelfranco, Cittadella, Vittorio Veneto, Conegliano, Bassano, Monselice e Feltre. Luoghi che fanno parte di quella “civiltà visiva” che da sempre identifica la Regione: Tiziano, Giorgione, Tintoretto, Canaletto, Tiepolo, Palladio, Canova e un’infinità di altri maestri che hanno lasciato un’enorme eredità artistica che non ha pari, nata sotto l’ala protettrice di quella Repubblica Marinara che per oltre sei secoli dominò i mari ma anche la scena aristocratica mitteleuropea. Età dell’oro che oggi rivive nelle sontuose maschere del Carnevale più famoso e spettacolare d’Italia e forse del mondo, e nella Regata Storica che ogni anno a settembre fa rivivere lungo Canal Grande lo splendore del tempo dei Dogi.
Volgendo lo sguardo all’aspetto paesaggistico, non si può che partire da Cortina, la “Regina delle Dolomiti”, che ha nel cuore 400 anni sotto gli Asburgo e dove ancora oggi vestirsi alla tirolese nelle occasioni che contano è un must anche per il jet-set che la frequenta. Qui il mito dell’alpinismo e degli sport invernali, insieme a quello effimero della mondanità, ha una delle sue culle più prestigiose e ha contagiato le altre località delle Dolomiti bellunesi che la coronano. Misurina resta un’oasi avulsa dai grandi caroselli dello sci, ma proprio per questo piena di fascino, contrapposta al comprensorio sciistico del Civetta, il più grande della Regione, mentre sul confine con l’Austria c’è Sappada, dove si mastica già tedesco. Un contesto naturalistico tanto pregevole non poteva non essere sottoposto a tutela, e allora ecco il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi – dal 2009 iscritto nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco – , seguito da cinque parchi regionali – delle Dolomiti d’Ampezzo, dei Colli Euganei, della Lessinia, del Fiume Sile e del Delta del Po – cui vanno ad aggiungersi sei Riserve naturali regionali e quattordici statali, due Zone umide di importanza internazionale, nove Foreste demaniali regionali e diversi Parchi e Riserve regionali di interesse locale. Nel complesso, un variegato terreno di gioco per appassionati dell’outdoor, in ogni sua declinazione stagionale possibile: trekking, nordik walking, MTB, equitazione, free e ice climbing, deltaplano… Nessun limite alla fantasia e alla voglia di emozionarsi di fronte a Madre Natura. Magari brindando alla sua bellezza con un calice di prosecco in mano, fra le Colline di Conegliano e Valdobbiadene, dal 2019 bene Unesco proprio in virtù di un panorama disegnato da chilometri di filari, che lambiscono antiche pievi e borghi medievali perfettamente conservati, risalendo i cosiddetti “ciglioni”, gli stretti terrazzamenti piantumati a vite.
Il Palazzo della Loggia di Noale, imponente edificio in stile gotico veneto, occupa una posizione di rilievo nel cuore del centro cittadino. La sua storia affonda le radici nel 1389, quando fu eretto a fianco della Torre dell’Orologio, nei pressi del suggestivo corso del fiume Marzenego. In quel periodo, Noale era sotto il dominio della famiglia Tempesta, e il palazzo fungeva da sede amministrativa per la giustizia.
Nel corso dei secoli, il Palazzo della Loggia ha continuato a svolgere questo ruolo cruciale durante il governo della Repubblica di Venezia. Qui, un tribunale presieduto da un governatore nominato dalla Serenissima gestiva le questioni giuridiche della comunità.
A partire dal 1460, a causa delle esigenze crescenti, accanto al palazzo originario venne eretto un edificio di dimensioni maggiori, noto come logia nova. La struttura medievale, soggetta a diversi rimaneggiamenti nel corso del tempo, fu definitivamente demolita nel 1848 per fare spazio all’edificio attuale, che ancora oggi si erge con maestosità. Nel corso del XX secolo, il Palazzo ha ospitato la sede del municipio di Noale, mantenendo la sua importanza storica.
Oggi, il Palazzo della Loggia continua a svolgere un ruolo centrale nella vita della comunità, ospitando la sede del consiglio comunale e la pinacoteca Egisto Lancerotto. L’ultimo piano è destinato all’Associazione Pro Loco di Noale, contribuendo così a mantenere viva la tradizione e la cultura della città attraverso iniziative e eventi culturali
La Rocca dei Tempesta, nota anche come Palacium castri o castrum, è una dimora signorile fortificata situata nel cuore del centro medievale di Noale. La sua costruzione è presunta risalire al XII secolo, e il complesso ha recentemente beneficiato di un intervento di restauro conservativo.
La Rocca, che si erge maestosa a cavallo della direttrice Camposampiero-Mestre, presenta una forma di quadrilatero irregolare. Originariamente concepita per scopi militari, la struttura fu utilizzata in tale contesto fino al 1763. Successivamente, caduta in disuso e in stato di decadenza, nel 1819 fu trasformata in Camposanto e rimase tale fino al 1983.
Il complesso ospita al suo interno una chiesa e abitazioni decorate con affreschi, testimonianza dell’antica e nobile storia della Rocca. La cinta muraria originale, sebbene demolita nel XVI secolo, conserva ancora le tracce della sua imponenza passata. Due grandi porte d’ingresso al castello, impreziosite da merlature ghibelline, accolgono i visitatori. Ad arricchire ulteriormente il panorama, due torri possenti emergono all’interno del complesso: la Torre dell’Orologio e la Torre delle Campane.
L’Oasi WWF Cave di Noale, situata nel territorio del comune di Noale, in provincia di Venezia, è una meta prediletta soprattutto dai fotografi naturalisti della regione, grazie alla ricca biodiversità di specie animali e vegetali che la caratterizzano. Con una superficie di circa 20 ettari, fa parte di un’area SIC e ZPS di 40 ettari, gestita con cura dal Comitato Oasi WWF Cave di Noale.
L’origine dell’oasi risale al secondo dopoguerra, quando l’area fu utilizzata per l’estrazione dell’argilla a beneficio della vicina fornace Cavasin. Negli anni ’70, a seguito dell’abbandono delle attività di scavo, le cave si trasformarono in stagni, alimentati dalle acque piovane, di falda e dal Rio Draganziolo. Questo processo di trasformazione ha favorito la colonizzazione di specie vegetali pioniere e la creazione di una ricca vegetazione palustre ed arboreo-arbustiva, dando vita a una zona umida di notevole pregio naturalistico.
Dal punto di vista della flora, l’area è caratterizzata da una fitta boscaglia igrofila attorno agli stagni, con specie arboree come ontano nero, salice grigio, salice bianco, pioppo bianco e pioppo nero. Gli stagni ospitano piante come tifa, cannuccia di palude e giaggiolo. Il canneto, formato principalmente da cannuccia di palude, rappresenta uno degli elementi distintivi dell’oasi, offrendo rifugio a diverse specie animali, in particolare uccelli.
L’avifauna dell’oasi include specie come il martin pescatore, aironi rossi, tarabusini, codibugnoli, cinciallegre, lucherini, picchi (rosso maggiore e verde), rapaci come il falco di palude e il gheppio. L’area è anche abitata da molte specie di insetti, tra cui diverse farfalle e libellule.
Il Museo Etnografico “”Angiul Sai”” è una preziosa testimonianza del patrimonio architettonico e culturale di Costalta, l’unico paese nel Comelico che conserva ancora numerose dimore completamente realizzate in legno, rappresentando così un’architettura rurale montana autentica e ricca di storia.
Il museo, istituito con l’obiettivo di valorizzare questo patrimonio unico, accoglie i visitatori in una suggestiva casa-museo. Al centro di questa esperienza, il signor “”Angiul Sai”” diventa protagonista, immortalato nelle sculture di legno realizzate con maestria dall’artista Tita Zasso. Il suo personaggio leggendario diventa la guida ideale per esplorare gli ambienti interni della casa e immergersi nella vita quotidiana delle popolazioni della valle fino alla metà del secolo scorso.
Un viaggio nel tempo e nella memoria conduce i visitatori attraverso diverse stanze, ognuna delle quali rivela dettagli e oggetti che raccontano storie di un passato remoto. La cucina, il corridoio, la stalla, la camera e la cantina sono spazi che offrono uno sguardo autentico sulla vita e sulle tradizioni di questa comunità montana. Elementi architettonici e arredi originali, insieme a utensili e oggetti quotidiani, completano l’esperienza, offrendo una panoramica completa della cultura locale.
Il Museo Etnografico “”Angiul Sai”” non solo preserva la memoria dell’architettura rurale montana, ma costituisce anche un’opportunità educativa per i visitatori interessati a comprendere le radici e le tradizioni di questa affascinante comunità. L’autenticità degli ambienti e la guida virtuale del signor “”Angiul Sai”” rendono la visita un’esperienza immersiva e significativa, contribuendo a preservare e condividere il ricco patrimonio di Costalta con le generazioni future.
Palazzo Poli de Pol, situato nella suggestiva piazza di San Pietro di Cadore, è un’opera architettonica di grande rilevanza costruita tra il 1665 e il 1667, e oggi funge da sede del Municipio. L’attribuzione dell’architettura è spesso associata al maestro veneziano Baldassare Longhena, e l’edificio, sviluppato su tre piani, presenta un’elegante simmetria sia orizzontale che verticale.
La facciata, arricchita da dettagli di grande pregio, rivela una cura particolare nei suoi elementi decorativi. Le cornici marcapiano delineano chiaramente le varie sezioni, mentre la decorazione a bugnato del primo piano aggiunge un tocco di maestosità. Un elemento di particolare interesse è la trifora con archi a tutto sesto al piano terra, ripresa in maniera simmetrica al piano nobile, arricchita da una balaustra con eleganti colonnine in pietra.
Palazzo Poli de Pol, oltre a incarnare l’eleganza dell’architettura veneziana, è anche legato a una ricca storia familiare. Originariamente costruito sul terreno di proprietà di una branca della famiglia de Pol, fu successivamente acquisito dagli stessi, i quali risiedevano in una sontuosa villa cinquecentesca nella vicina borgata di Mare. All’interno del palazzo, sono conservati pregevoli affreschi risalenti al 1682, testimonianza artistica di un’epoca passata.
Il complesso di Villa Poli de Pol Sammartini è una sontuosa dimora costituita da un imponente corpo padronale a tre piani, sottotetto e due ali laterali più basse, affiancate da un grande rustico isolato. L’edificio si distingue per la sua notevole eleganza, caratterizzata da un sapiente gioco di elementi decorativi architettonici che conferiscono un’impressione di raffinata maestosità.
L’ala ovest del corpo padronale è un vero capolavoro artistico, con pareti e soffitto rivestiti da pannelli in legno dipinti. Questi pannelli sono adornati con intricate quadrature architettoniche che si aprono su paesaggi montani, creando un’atmosfera suggestiva e unica. Inoltre, i dettagli decorativi includono medaglioni con eleganti testine, elaborati motivi floreali e, agli angoli, affascinanti raffigurazioni delle quattro stagioni.
L’intera villa è avvolta da un’aura di aristocratica bellezza, testimoniata dall’architettura raffinata e dagli elementi decorativi che conferiscono un carattere distintivo a questo luogo.