Sardara è forse il paese della provincia del Sud Sardegna con la più alta concentrazione di nuraghe, ognuno con caratteristiche uniche. I quattro pozzi sacri nuragici dell’area archeologica di Santa Anastasia, di cui uno solo già scavato e riemerso dal suolo, costituiscono infatti l’unico sito di tutta la Sardegna all’interno di un centro abitato. Il primo pozzo sacro fu scavato nel 1913, ed era originariamente all’interno della Chiesa di Santa Anastasia, edificio che fra l’altro è fra i più antichi di tutta l’isola. Per rendere il pozzo accessibile dall’esterno fu realizzata un’opera non da poco per l’epoca: la facciata della chiesa fu smontata e spostata di qualche metro. Il luogo vanta inoltre la certificazione Herity, vale a dire l’avallo dell’Organismo Internazionale non Governativo per la Gestione di Qualità del Patrimonio Culturale.
Type of point of interest: Arte e cultura
Biblioteca Giuseppe Carboni
A far parlare del borgo marchigiano di Ortezzano, in provincia di Fermo, è stato soprattutto un dizionario: il celebre vocabolario di latino “Campanini-Carboni”, da oltre un secolo nelle memorie scolastiche degli studenti di classico e scientifico. Qui era infatti nato nel 1856 Giuseppe Carboni, latinista di fama che lo pubblicò per la prima volta nel 1911 per Paravia, insieme al collega Campanini, di Roma. Non poteva dunque che essere intitolata a lui la biblioteca comunale, che ad oggi vanta un patrimonio totale di circa 4000 volumi, fra cui una notevole raccolta letteraria donata dal Carboni stesso.
La formazione di questo straordinario latinista prende avvio qui a Ortezzano, ma gli studi classici, per lui una vera rivelazione, si svolgono a Recanati, sotto la guida dello zio, un frate cappuccino. Dal borgo natio del Leopardi si trasferisce poi a Fermo, dove studia al seminario arcivescovile e consegue il diploma di maestro. A 20 anni è già in cattedra e torna ad Ortezzano, dove insegna alle scuole elementari per 16 anni. Un periodo che gli permette di coltivare in parallelo la sua passione per il latino, fino a quando, nel 1892, viene chiamato come docente presso il Ginnasio di Fermo dove rimane per 11 anni.
Nel 1903 è a Roma. Inizia per lui il più fecondo per la sua attività di latinista, che prima lo porta alla pubblicazione del dizionario, e poi gli vale la nomina di Cavaliere Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia nel 1926. Gli ultimi tre anni della sua vita li trascorre nel paese d’origine.
Nel 2002, in concomitanza con l’ennesima ripubblicazione del dizionario, dal titolo il “Nuovissimo Campanini-Carboni”, nel borgo marchigiano viene organizzata in suo onore la prima edizione del “Certamen”, un concorso di portata internazionale di traduzioni dal Latino per giovani studenti. A oggi, a Ortezzano si può visitare la Casa-Museo Carboni.
I Castelli di Arcevia
Arcevia come Torino, o quasi. Questo piccolo borgo in provincia di Ancona ha la sua “Corona di Delizie”, esattamente come il capoluogo piemontese ha le Residenze Sabaude. Ebbene, Arcevia mostra fiera ancora oggi il suo circuito di 9 castelli medievali circondati da mura ben conservate, racchiusi entro un raggio di 15 chilometri.
Prima tappa, Caudino, cui si accede attraverso un pittoresco portale che introduce a un microcosmo risalente a sette secoli fa e dove fu combattuta una memorabile battaglia tra le forze Guelfe e Ghibelline.
Palazzo si presenta con possenti mura in pietra che sembrano cingere le pendici del Monte Caudino. Loretello è un suggestivo castello sorto intorno all’anno Mille, un tempo parte della Chiesa Ravennate. Vi si accede tramite una spettacolare porta con rampa di accesso, mura e torrioni. Le mura di Piticchio hanno anche un percorso di marciaronda coperto, e nell’insieme, il castello è fra i meglio conservati della zona, come pure San Pietro, più ridotto di dimensioni ma anch’esso pressoché intatto.
Presenta rivellini e torrioni il castello di Montale, rimasto al Medioevo anche all’interno della cerchia muraria, con tracce urbanistiche datate a circa sette-otto secoli fa.
Il castello di Avacelli ha una posizione a strapiombo particolarmente suggestiva, difesa naturale cui, a partire dal XII secolo, si aggiunsero mura e torrioni ancora oggi integri.
Nonostante i molti assedi e le battaglie avvenute ai piedi della Rocca di Castiglioni qui la fortezza risultano ancora possente e autentica, fattore che lo accomuna a Nidastore, castello del circuito di Arcevia situato in un territorio ricco di testimonianze preistoriche e con un centro medievale preservato.
Il Gigante di Curinga
Il Gigante di Curinga. Una definizione che rende giustizia alla maestosità di questo platano orientale dell’Armenia, che nella sua base larga più di 3 metri può accogliere fino a una decina di persone, e con una circonferenza di 14,75 metri e un’altezza di 31,5, risulta il platano più imponente dell’Italia. Un altro dei suoi record è la longevità, poiché un’antica leggenda narra essere stato piantato più di mille anni fa da un monaco basiliano, sulle sponde di un ruscello nelle vicinanze dell’Eremo di Sant’Elia.
Casa Museo Giuseppe Carboni
Campanini-Carboni è un binomio ben noto a chi, nel suo cursus honorum, ha studiato latino. L’abbinamento di questi due cognomi sta a indicare gli autori di un celeberrimo dizionario di Latino che ha accompagnato intere generazioni di studenti, pubblicato ininterrottamente dalla casa editrice torinese Paravia nel 1911: Giuseppe Campanini e Giuseppe Carboni. A realizzarlo furono appunto due dei più grandi latinisti del recente passato, incontratisi a Roma nel loro peregrinare da insegnanti nei licei di mezza Italia. Carboni era nato a Ortezzano, in provincia di Fermo, il 5 agosto del 1856. Nel 2002, in concomitanza con l’ennesima ripubblicazione del dizionario, dal titolo il “Nuovissimo Campanini-Carboni”, nel borgo marchigiano viene organizzata in suo onore la prima edizione del “Certamen”, un concorso di portata internazionale di traduzioni dal Latino per giovani studenti. A oggi, a Ortezzano si può visitare la Casa-Museo Carboni, situata non lontano dalla Biblioteca pubblica ubicata nel Palazzo Comunale, dal 2012 intitolata al grande latinista.
Borgo medievale di Sarnano
Basterebbe il suggestivo panorama sui Monti Sibillini per attirare i turisti a Sarnano, nell’entroterra maceratese, ma in questo borgo con più di mille anni di storia si trova anche molto altro. Sulla Piazza Alta, cuore del nucleo duecentesco, si affacciano il bel Palazzo dei Priori, il Palazzo del Podestà, la Chiesa di Santa Maria di Piazza, ricolma di opere d’arte, e il Palazzo del Popolo, nella cui sala del Gran Consiglio è stato ricavato il Teatro della Vittoria, delizioso gioiello architettonico di metà Ottocento. Qualche passo ancora e ci si imbatte nella Pinacoteca Civica, nella Biblioteca Francescana, nel Museo delle Armi Antiche e Moderne, del Martello e in quello dell’avifauna. Lasciato il centro storico, ci si dedica all’escursionismo, per esempio lungo la Valle del Terro, dove sorgono i resti dell’Eremo di Soffiano, risalente al 1101. Alla stessa epoca risale anche l’Abbazia di San Biagio, in cui la severità dello stile romanico si accompagna alla ricchezza di un ciclo di affreschi del XV e XVI secolo.
Castello di Lanciano e Museo Maria Sofia Giustiniani Bandini
Unica per decorazioni, mobilio, quadreria e opere in generale, la “dimora-museo” del Castello di Lanciano a Castelraimondo, in provincia di Macerata, è una di quelle tappe che meritano una deviazione. Lunga e articolata la sua storia di “villa suburbana” e “casino delle delizie” che già a suo tempo aveva ammaliato Isabella d’Este Gonzaga, nota esteta e committente di numerosi capolavori rinascimentali: a volerne la costruzione fu nel 1488 Giovanna Malatesta da Varano, nel luogo medesimo di una precedente fortificazione medievale, poi riprogettata nella seconda metà del ‘700 dal grande architetto camerte Giovanni Antinori. Al suo interno ospita oggi anche il Museo Maria Sofia Giustiniani Bandini, a sua volta parte della Rete dei Musei Civici e Diocesani del territorio camerte, che comprende il Museo di Visso, il Museo diocesano “Giacomo Boccanera” di Camerino e la Pinacoteca e Museo Civici di Camerino, dal dicembre 1997 allestiti nel complesso conventuale di S. Domenico.
Dei quattro musei, quello dedicato alla Bandini è il più vasto e caratteristico, giovando anche della bellezza del prestigioso “contenitore”, il Castello di Lanciano appunto, immerso tutt’oggi in un parco secolare, attraversato da corsi d’acqua derivati dal Potenza.
Abbazia di San Vittore delle Chiuse
Uno scheletro di ittiosauro è già una rarità, se in più è esposto all’interno di una chiesa è un unicum assoluto. Il fossile di questo rettile di ambiente marino dell’Era Mesozoica è il pezzo di maggior richiamo del Museo Speleo Paleontologico ed Archeologico allestito nell’Abbazia di San Vittore delle Chiuse. Siamo a Genga, all’imbocco della Gola di Frasassi che conduce alle celebri grotte, attrazione principale dell’entroterra anconetano. L’abbazia, un’imponente costruzione in pietra calcarea fondata fra il 1060 e il 1080, è una delle più importanti chiese in stile romanico delle Marche, dichiarata monumento nazionale nel 1902. Chiesa conventuale di un complesso benedettino noto fin dal 1007, ebbe il suo massimo splendore nel XIII secolo, periodo in cui governava su 42 chiese e su vasti beni e territori. Già duecento anni più tardi però l’abbazia veniva soppressa per poi essere ricostruita nel XIV-XV secolo. La struttura architettonica presenta pianta a croce greca iscritta in un quadrato, quattro colonne che dividono la chiesa in nove campate coperte da volte a crociera, e cinque absidi semicircolari lungo il perimetro.
Borgo di Arcevia
I 535 metri di altitudine della collina detta Monte Cischiano su cui sorge Arcevia, nell’anconetano, la rendono fresca anche nel periodo estivo, come si conviene a questa zona pre Appennino Umbro-Marchigiano. I tesori emersi dal suo sottosuolo raccontano di un territorio abitato sin da epoche remote: il sito in località Ponte di Petra risale addirittura a 20.000 anni a.C. Le invasioni celtiche dei Galli Senoni, i domini romano, bizantino e longobardo hanno fatto il resto, arricchendo il territorio di importanti lasciti culturali e architettonici, cui si aggiunge una leggenda che racconta la fondazione del borgo da parte dei franchi al seguito di Carlo Magno. Ne è traccia l’intitolazione della Chiesa Collegiata a San Medardo, anticamente molto venerato oltralpe. Arcevia, proprio in quanto zona di confine fra longobardi, bizantini e franchi, fu più volte ingrandita e potenziata, soprattutto nel periodo del dominio degli Sforza, con l’aggiunta di cinta muraria, porte e rivellini, diventando inespugnabile e perciò ribattezzata Roccacontrada Libero Comune. Nel 1500 avvenne un ulteriore cambio di scena, venendo annessa allo Stato Pontificio.
La sua peculiarità è oggi quella di essere un Comune diviso in 18 frazioni con 9 castelli medievali, per lo più ben conservati e di gran fascino, collegati dal cosiddetto Itinerario dei 9 Castelli di Arcevia”. Nel centro storico del borgo si visitano anche il Museo Archeologico Statale, il Teatro Misa, gioiello della metà dell’800, e i Giardini Giacomo Leopardi, da cui si gode un bellissimo e ampio panorama sulle colline circostanti.
Museo della Lingua Greco-Calabra Gerhard Rohlfs
Gerhard Rohlfs è lo studioso tedesco che, fin dal 1924, sostenne l’origine magnogreca della lingua locale di Bova, in provincia di Reggio Calabria. A lui e alla sua opera di fine ricercatore è dedicato il Museo della Lingua Greco-Calabra Gerhard Rohlfs che oggi fa da principale attrazione nel borgo reggino. Nato grazie alla sinergia fra Parco Nazionale d’Aspromonte ed enti pubblici territoriali per la valorizzazione e la tutela del patrimonio culturale della minoranza storico-linguistica dei Greci di Calabria, il museo porta alla ribalta una realtà poco nota ma di grande spessore culturale, attraverso opere e progetti creati ad hoc.
Nominato dal Ministero per il Turismo “Comune gioiello d’Italia” e parte dei “Borghi più belli d’Italia”, Bova è inoltre animato da numerosi eventi, che in autunno culminano nelle Giornate Fai della “Giudecca di Bova”.