Castello Federiciano – Castrum Petrae Roseti

Iniziamo dalla “chicca”. Sulla terrazza più alta della torre templare-normanna del Castello di Roseto Capo Spulico, in provincia di Cosenza, affaccia un’esclusiva Suite Imperiale, corrispondente all’antica Stanza del Sole, dotata di tutto ciò che si conviene a una moderna dimora da re, ossia jacuzzi, aria condizionata, frigo bar e terrazzino privato con vista panoramica su Capo Spulico. La suite si affitta ed è solo uno degli spazi di cui si può usufruire in questo antico maniero che tanta parte ha avuto nella storia locale. Prima di ripercorrerne le lunghe vicende, va detto che a circa 1 km di distanza si trova lo stabilimento balneare il “Cala Castello”, che da quasi 30 anni offre un’oasi verde di quasi 5 ettari di prato, palme e tamerici. Qui ci si può anche rilassare al bar dello stabilimento, oppure, per chi vuole provare la cucina calabrese, si fa ritorno al Castello, dove nelle antiche scuderie è ricavato il ristorante “La Corte di Federico II”.

Il Castello di Roseto Capo Spulico sorge circa mille anni fa sui resti di un monastero, per opera dei Normanni. A quel tempo il castello segna il confine tra i possedimenti di Roberto il Guiscardo e il fratello Ruggero II (1105-1154), padre di Costanza d’Altavilla, erede del Regno di Sicilia e madre di Federico II Hoheustaufen (1194-1250). Nel 1229 è già Tempio dell’Ordine e pertanto viene requisito ai Cavalieri Templari da Federico II, che con questo gesto vuole punirli per il loro tradimento durante la VI crociata in Terra Santa, avvenuta l’anno prima. Il Castello pare sia stato un luogo speciale per il Barbarossa, che lo restaura, riadattandolo a fortilizio militare, per poi lasciare in eredità “il territorio di Porta Roseti al figlio naturale Manfredi, mentre tutti i castelli e soprattutto il “templare Petrae Roseti” ai figli legittimi i quali saranno anche Re di Gerusalemme”.

Oggi, grazie a un lungo e meticoloso restauro, il Castello di Roseto di Capo Spulico è uno dei maggiori esempi di architettura federiciana di derivazione templare. Durante la visita si possono notare anche dettagli curiosi, come gli stemmi alchemico-templari, la “Rosa”, e i “Gigli” posti a decoro del cortile interno cinto da belle mura merlate. Per non scordare che il “Castrum Petrae Roseti” era ed è ancora un Tempio dell’Ordine.

Ponte “San Francesco di Paola” – Ponte di Calatrava

Con il nome di Ponte San Francesco di Paola si identificano due strutture sul Sud Italia: il celebre “ponte girevole” che dal 1887 è simbolo di Taranto, e dal 26 gennaio 2018 , il cosiddetto Ponte di Calatrava a Cosenza. Un’opera, quest’ultima, che ha contribuito a riqualificare il quartiere di Gergeri, una delle “porte” di accesso al centro storico cittadino, ridisegnandone il profilo grazie alla presenza degli immancabili stralli bianco candido che sono ormai il marchio di fabbrica dell’architetto spagnolo naturalizzato svizzero Santiago Calatrava.

Un progetto complesso, durato quasi una ventina d’anni, che però oggi regala a Cosenza un podio, poiché con i suoi 104 metri di altezza rappresenta il secondo ponte strallato più alto d’Europa. Quanto ai numeri, ecco gli altri che identificano quest’imponente opera ingegneristica in acciaio e cemento: 103 metri di lunghezza, 24 di larghezza, 800 tonnellate di peso per il pilone centrale, 52 metri di lunghezza per l’antenna inclinata di 52 gradi da cui si dipartono gli stralli.

Ponte Sospeso delle Ferriere

Il Ponte Sospeso di San Marcello Pistoiese ha tutti i numeri per far parlare di sé. Con 227 metri di lunghezza, 36 metri di altezza massima sull’alveo del fiume e 1,3 metri di larghezza, è infatti uno dei ponti sospesi pedonali più lunghi del mondo, dal 1990 inserito a buon diritto nei Guinness dei Primati. Si tratta di una passerella pedonale che collega i due versanti del torrente Lima, tra Mammiano Basso nel Comune di San Marcello Pistoiese e Popiglio nel Comune di Piteglio. Inaugurato nel giugno del 1923, fu progettato dall’ingegnere Vincenzo Douglas Scotti, discendente da un’antica casata scozzese e direttore del laminatoio di Mammiano Basso della Società Metallurgica Italiana (SMI, ora Europa Metalli) di Campo Tizzoro. L’esigenza primaria alla base del progetto era semplice: il ponte sarebbe stato il passaggio degli operai che da Popiglio si dovevano recare a lavorare nelle fabbriche situate sul versante opposto. Il ponte sospeso, che storicamente ha contribuito a migliorare le condizioni di mobilità nella vallata, è oggi un polo di attrazione turistico importante per tutta la montagna Pistoiese, regalando il brivido di “essere sospesi nel vuoto”.

Museo della Liquirizia Giorgio Amarelli

Tutto ha inizio con i covoni di radici pronte per essere lavate. Poi entrano in scena i macchinari per l’estrazione della preziosa materia prima, poi gli antichi cuocitori dove si addensa la pasta nera e infine le trafile in bronzo che la lavorano e tagliano. Il Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli” a Rossano, in provincia di Cosenza, è un’occasione unica per ripercorrere storia, usi e tradizioni di un territorio che deve tanto a questa eccellenza che da sempre cresce spontanea sulla costa ionica della Calabria, e da sempre è sfruttata dall’industria dolciaria e perciò è motore dell’economia locale. In particolare, a Rossano tale commercio è legato alla saga degli Amarelli, famiglia la cui storia si fa risalire intorno all’anno Mille, ai tempi delle Crociate, e che nei secoli si è distinta per l’impegno intellettuale e nell’agricoltura. Attrezzi per la raccolta e la lavorazione, oggetti quotidiani e splendidi abiti antichi arricchiscono il Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli”, che comprende il grande spazio del “Concio”, risalente al 1731, sul cui fumaiolo sono riportate le iniziali del Barone Nicola Amarelli. Nel 2001, in virtù del grande numero di visitatori, il Museo della Liquirizia ha vinto il premio Guggenheim Impresa & Cultura, e nel 2004, è stato realizzato un francobollo della serie filatelica italiana “Il patrimonio artistico e culturale italiano”.

Al termine del percorso, si può fare sosta nel Liquorice Shop e nel Museum Cafè, per una pausa corroborante, ovviamente a base di prodotti in cui la liquerizia è protagonista, dal classico bastoncino di legno grezzo alle liquirizie pure o con menta e anice. Nel Museo si trova anche l’Auditorium “Alessandro Amarelli”, parte integrante del complesso di fine Settecento e cuore pulsante della vita culturale di Rossano.

Pistoia Sotterranea

Tutto ha avuto inizio con le reliquie di San Jacopo. Nel corso del Medioevo, lungo il torrente Brana di Pistoia, correva una sorta di “cintura sanitaria” su cui si affacciavano gli Hospitales, luoghi di cura e accoglienza per malati che, nel disperato tentativo di salvarsi, inviavano dei pellegrini a Santiago di Compostela. Al ritorno, tali emissari dovevano consegnare ai malati una conchiglia salvifica. Mangiando la “capesanta”, l’infermo poteva così espiare tutte le sue colpe e sperare in una pronta guarigione. Ecco, questo antefatto va tenuto presente quando ci si appresta a percorrere i quasi 800 metri dell’itinerario ipogeo più lungo della Toscana. Pistoia Sotterranea, si chiama così, ripercorre passo a passo il tragitto che veniva fatto da malati e pellegrini, all’epoca detto Iter Compostellanun. Fra gli hospitales c’è anche l’Ospedale del Ceppo, primo esempio di struttura ipogea che nel corso dei secoli diede il via alla fusione di tutte le strutture architettoniche poste lungo il torrente. L’Iter di Pistoia Sotterranea è oggi accessibile esclusivamente attraverso visita guidata ed è aperto anche ai disabili con rampe di accesso e un sistema sperimentale a tappe di pannelli in braille con schemi della planimetria del sotterraneo per i non vedenti.

Integrato nel percorso c’è il Museo Pistoia Sotterranea, la cui visita prende avvio dall’anfiteatro anatomico più piccolo al mondo, il luogo in cui gli studenti di medicina assistevano alle lezioni analizzando un corpo posto al centro della stanza. Fra le curiosità da scoprire ci sono poi i cosiddetti butti, aperture sulle volte dove un tempo venivano gettate le ceramiche ormai rotte o altro genere di rifiuti, il mulino e il frantoio, ma anche il ponte Romano, l’Ospedale delle Monache Francescane di Santa Maria Nuova, il Convento delle Oblate e alcuni tratti delle antiche mura “comunali”. Altri punti di interesse sono Il Ponticello dell’Ospedale di Sant’Jacopo e Lorenzo, i lavatoi di San Lorenzo e la ferriera Beccaccini realizzata dalla Famiglia Beccaccini.

Parco di Pinocchio

Realizzato tra il 1956 e il 1987 dall’architetto da Pietro Porcinai, il Parco monumentale di Pinocchio a Collodi, in Valdinievole, provincia di Pistoia, è stata una delle prime esperienze di arte ambientale in Italia. “Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino” – fantasy evergreen di Carlo Lorenzini detto Collodi tradotto in 260 lingue e oggetto di diverse trasposizioni teatrali, televisive e animate, come quella di Walt Disney – sono qui narrate attraverso le opere di grandi artisti: Emilio Greco ha firmato il famoso gruppo bronzeo “Pinocchio e la Fata Turchina”, Venturino Venturi la Piazzetta dei Mosaici che ricostruisce le scene e i passaggi più importanti di Pinocchio, mentre il percorso fantastico del Paese dei Balocchi si compone di 21 sculture in bronzo e acciaio di Pietro Consagra e di costruzioni di Marco Zanuso.

L’Osteria del Gambero Rosso è invece progettata da Giovanni Michelucci. Il compito del continuo aggiornamento del parco alle nuove esigenze generazionali e la gestione dello stesso con annesso Museo Interattivo e di due percorsi avventura, sono affidati alla Fondazione Nazionale Carlo Collodi, ente non profit, che nella zona si occupa anche dello Storico Giardino Garzoni – monumento nazionale costruito nel ‘700 – e della Collodi Butterfly – Casa delle Farfalle, abitata da centinaia di farfalle originarie delle zone tropicali o equatoriali.

Collodi Pinocchio

Il nome Carlo Lorenzini è sconosciuto ai più, ma in realtà non c’è angolo del mondo in cui non si conosca la sua opera e tutte le mille fantasie che ha suscitato dal 1881 in poi. In quell’anno veniva infatti pubblicato il libro “Le avventure di Pinocchio”, a firma di Carlo Collodi, pseudonimo adottato da Lorenzini mutuando il cognome dal suo paese natale, Collodi, frazione di Pescia, in provincia di Pistoia. Il borgo, Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, si presenta come un pugno di case arroccate sul crinale della montagna, poste ordinatamente in fila dietro la mole dell’imponente Villa Garzoni, chiamata dalla gente del posto “il Castello”, realizzata niente meno che da Filippo Juvarra, architetto di Casa Savoia. Nei suoi magnifici giardini trascorse l’infanzia l’autore della celebre fiaba, poiché il padre era il giardiniere e manutentore del Castello.

A distanza di più di un secolo, Collodi continua a celebrare la memoria di questo suo concittadino con il Parco di Pinocchio, creato nel 1956 e gestito dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi, dove a ogni passo ci si imbatte in un personaggio della fiaba: il Gatto e la Volte, il Carabiniere, il Serpente, il Pescecane e così via.

Montepaone sinonimo di vacanza

Fra le spiagge libere più belle della costa jonica calabrese c’è anche quella del borgo di Montepaone. Protetta dal Golfo di Squillace, è un perfetto approdo per vacanze all’insegna del relax, ma lo fu anche militarmente per Annibale, che da queste parti affrontò una delle battaglie più sanguinose della seconda guerra punica contro l’esercito romano, episodio ricordato dalla presenza della cosiddetta Colonna d’Annibale lungo la Statale 106 che costeggia il litorale.

Il toponimo del borgo ricorda con ogni probabilità le sue origini, “Mons Pavonis”, il Monte del Pavone, in quanto un tempo questa doveva essere una zona dedita all’allevamento dei variopinti uccelli. A oggi, il paese assomma echi del periodo della dominazione normanna e poi di quella francese, che frazionò il territorio in feudi e baronie, così come artigianato, cucina locale e manifestazioni folcloristiche rimandano a un lontano passato che trasmette ancora tutto il suo fascino. Prova ne sono le botteghe del centro storico di impronta medievale, dove si possono trovare telai in funzione da generazioni, intenti a filare la seta prodotta localmente da oltre settecento anni.

Castello di Sant’Andrea Apostolo dello Ionio

Fra i borghi della Riviera degli Angeli da non perdere c’è anche Sant’Andrea Apostolo dello Ionio, sorto a cavallo dell’anno Mille per via di un’incursione saracena lungo la costa che costrinse la popolazione greco-bizantina della zona a insediarsi qui. A cambiare le sorti della sua storia, così come di tutta la Calabria, furono due fattori: l’arrivo dei dominatori Normanni nel 1044, e la fondazione della Grancia della Certosa di San Bruno, nelle vicine Serre di San Bruno, che aveva come compito quello di governare le terre annesse alla Certosa per la produzione di derrate agricole per i monaci e non solo.

Nonostante vari passaggi di mano, dall’Ordine dei Certosini ai Cistercensi e viceversa, per quasi 800 anni la zona godette di una certa prosperità, così come testimonia anche ciò che rimane del Castello di Sant’Andrea Apostolo dello Ionio. Edificato nel 1532 dal feudatario Toraldo di Ravaschiera su commissione dall’imperatore Carlo V, nel ‘700 passò in mano alla dinastia dei Borbone, e poi nell’800 ai francesi, che presero possesso di tutto il territorio di Sant’Andrea. A prendere la scena fu infine la famiglia Scoppa, che fece costruire un palazzo nobiliare oggi dimora delle Suore Riparatrici.

Il Paese delle dodici torri

La Torre di Vinciarello, detta anche di “sopraguardia” o “cavallara”, è l’unica superstite delle dodici che un tempo svettavano in questo piccolo borgo affacciato sulla costa ionica, parte del comune di Guardavalle, in provincia di Catanzaro. Noto non a caso come “Il Paese delle dodici torri”, Vinciarello è una sorta di San Gimignano di Calabria, che al posto dei de’ Medici o dei Granduchi fino al 1799 vide avvicendarsi normanni, aragonesi e svevi, costringendo la popolazione locale a creare un sistema difensivo importante, che prevedeva appunto torri di avvistamento nei punti più alti dell’abitato.

Venendo nel dettaglio alla torre di Vinciarello, essa fu costruita nel 1485 dal feudatario Vincio Spedalieri con lo scopo di difesa del litorale contro le incursioni dei Turchi, assumendo più propriamente la funzione di residenza fortificata ma riuscendo poi ad adattarsi nel tempo a nuovi usi e necessità. Se inizialmente al piano terra c’era la scuderia e al primo piano gli alloggi dei soldati, nel ‘700 fu trasformata in un frantoio a servizio delle terre del feudo, fino ad arrivare ai giorni nostri, in cui è adibita a dimora privata, ricca di quel fascino che solo la storia sa dare.

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