Palazzo Reale a Milano, con la sua imponente presenza dietro il Duomo e di fronte alla Galleria Vittorio Emanuele II, offre un’eleganza neoclassica firmata dal celebre architetto Piermarini, noto per il Teatro La Scala. Questo palazzo, che inizialmente fu la sede del governo sotto le casate dei Torriani, Visconti e degli Sforza, ha attraversato secoli di storia, diventando anche residenza del Regno Lombardo-Veneto e successivamente del Regno d’Italia fino al 1919.
L’edificio, dopo essere passato al demanio, ha trovato una nuova vocazione come sede di mostre ed eventi, mantenendo intatta la sua grandezza storica. La Sala delle Cariatidi, risalente a prima dell’incendio del 1776 che distrusse il teatro originario, si presenta oggi come uno spazio visivo sorprendente. Nonostante i danni subiti durante i bombardamenti del 1943, la sala è una delle gemme suggestive di Milano, offrendo uno straordinario “belvedere” sul Duomo, la piazza e l’adiacente Arengario.
Nel 1609 venne inaugurata la Biblioteca Ambrosiana a Milano, la prima biblioteca aperta al pubblico, segnando un momento di svolta nella storia culturale europea. Fondata dal Cardinale Federico Borromeo, questo centro di studio e cultura è cresciuto nel corso del tempo, vantando oggi una collezione impressionante di 800.000 volumi, compresi 2.500 incunaboli, e oltre 35.000 manoscritti.
Nel 1621, sempre nello stesso edificio di Piazza Pio XI a Milano, sorse un’importante istituzione artistica: la celebre Pinacoteca Ambrosiana. La visita a questo luogo consente di immergersi nei momenti più significativi della storia dell’arte italiana, ammirando capolavori di maestri del calibro di Caravaggio, Cerano, Leonardo, Savoldo, Bramantino, Tiziano, Bernardino Luini, Bergognone, Moretto, Morazzone, Daniele Crespi, Botticelli, e molti altri.
Degni di nota sono anche i “cloni”, accuratamente creati in epoca Borromaica, che rappresentano fedeli riproduzioni di opere famose, come l’Ultima Cena di Leonardo, commissionati da Federico Borromeo a fini didattici e documentari. La Pinacoteca Ambrosiana si erge come un autentico scrigno di tesori artistici, offrendo ai visitatori l’opportunità di esplorare e comprendere il ricco panorama dell’arte italiana.
Nel panorama dell’arte e della moda, la Fondazione Prada si occupa di promuovere varie forme di espressione artistica e di salvaguardia del patrimonio culturale. La sua mission, focalizzata sull'”ampliare e approfondire i modi di imparare”, si concretizza attraverso mostre ed eventi che abbracciano pittura, scultura, fotografia e cinema.
La sede principale della Fondazione Prada, situata in Largo Isarco a Milano, rappresenta un connubio unico tra passato e futuro. Il recupero di un’ex distilleria dei primi anni del ‘900, integrata con i volumi futuristici progettati da Rem Koolhaas, ha dato vita a uno spazio di 19.000 mq. Questa operazione di archeologia industriale non solo ha ridefinito il profilo della zona sud di Milano dal punto di vista architettonico, ma ha anche contribuito in modo significativo alla dinamica culturale della città. Oltre alle mostre, l’auditorium e uno spazio per l’interazione culturale, la Fondazione Prada offre un ambiente accogliente per tutta la famiglia, compreso l’Accademia dei Bambini e un bar.
Dopo diversi anni di chiusura, nel 2014 i Musei Civici di Monza hanno riaperto le porte, rivelando 140 capolavori della collezione civica monzese. Questa preziosa raccolta è ospitata nel complesso architettonico medievale che un tempo fu la Casa degli Umiliati. Queste opere d’arte offrono uno sguardo avvincente sulle vicende della città, coprendo un arco temporale che va dall’antichità ai giorni nostri.
Il percorso espositivo dei musei si estende su due piani, occupando circa 900 metri quadri di spazio. I visitatori possono ammirare dipinti e sculture che narrano la storia di Monza attraverso reperti archeologici, vestigia medievali, dipinti e sculture risalenti dal XVI al XXI secolo.
Al piano terra, nelle prime due sezioni, sono esposti reperti archeologici tra cui lapidi, monumenti funebri e are votive risalenti dal I al IV secolo d.C. La terza sezione è dedicata a opere d’arte contemporanea provenienti dalla Biennale Giovani, con oltre 80 opere premiate e acquisite dal museo.
Al primo piano, dieci sale espositive mostrano i grandi capolavori della collezione monzese, con opere dell’Ottocento e del Novecento. La sezione di arte antica presenta opere del XVI e XVII secolo, seguite da una sezione dedicata alle opere dell’Ottocento monzese. Una “Galleria dei ritratti” mostra personaggi illustri dal XVI secolo in poi, contribuendo alla storia economica e sociale di Monza.
Le sezioni successive esplorano l’Ottocento italiano, l’arte contemporanea e la ceramica. Il percorso museale si conclude con una sezione che presenta alcuni dei momenti più significativi della storia di Monza, incluso il celebre dipinto di Angelo Inganni, “Veduta della contrada Nuova in Monza”.
Seduti sui gradini del teatro antico di Segesta, lo sguardo si perde in una verde vallata che digrada dolcemente verso il mare. Per chi c’è stato, nulla da invidiare al teatro di Epidauro, nel Peloponneso, e nemmeno a quello di Siracusa, dall’altra parte della Sicilia. Siamo in provincia di Trapani, di cui il Parco Archeologico di Segesta è una delle principali attrazioni. Mancarne la visita sarebbe un peccato, perché aggirarsi fra i resti dell’antica città degli Elimi, popolo di cultura e tradizione peninsulare originario di Troia, regala una sensazione di pace e lascia ricordi di bellezza senza tempo. Splendido, oltre al teatro che ogni estate fa da sfondo a un Festival dedicato a tutte le forme d’arte, dalla danza alla musica, dalla recitazione alla poesia, anche il tempio in stile dorico perfettamente conservato, che fa immaginare il potere di questa antica colonia che nel 307 a.C. fu distrutta da Agatocle di Siracusa, il quale la ribattezzò Diceòpoli, “città della giustizia”, per poi rinascere sotto il dominio dei Romani. Quest’ultimi infatti, grazie alla leggendaria comune origine troiana, la esentarono da tributi, le diedero in gestione un vasto territorio e le permisero una nuova fase di prosperità. Non solo, tra il II e I secolo a.C., Segesta venne totalmente riprogettata, assumendo un aspetto fortemente scenografico, subendo poi gli influssi della cultura musulmana e infine normanno-svevo.
Immersa nella vibrante atmosfera di Milano, la Galleria Vittorio Emanuele II si presenta come un’esperienza imperdibile, armonizzando cultura e shopping in una passeggiata sotto il segno dell’eleganza.
Questo straordinario luogo, progettato dall’architetto Giuseppe Mengoni e inaugurato nel 1867, offre una passeggiata coperta di 196 metri lungo l’asse principale che collega Corso Vittorio Emanuele a Piazza della Scala. Il lucernario, con una struttura in ferro e vetro, si staglia sopra pavimenti in marmo ornati da mosaici alla veneziana, creando una cornice suggestiva.
La volta accoglie quattro lunette, ognuna dedicata a uno dei quattro continenti: Europa, Africa, Asia e America. Nel cuore della galleria, un ottagono centrale presenta lo stemma dei Savoia e il celebre toro. La tradizione vuole che chi desidera tornare a Milano esegua una piroetta sopra il mosaico, precisamente sopra i testicoli dell’animale.
Oggi la Galleria Vittorio Emanuele II è conosciuta come “il salotto del centro”, un luogo amato dai milanesi e dai visitatori. Le sue vie ospitano una sequenza di negozi prestigiosi, caffè rinomati, librerie storiche e moderni store, creando un ambiente cosmopolita che incanta chiunque decida di percorrere i suoi eleganti corridoi.
In Sicilia non mancano certo i siti archeologici, ma vicino Vizzini, in provincia di Catania, ce n’è uno speciale, di archeologia industriale dell’Ottocento. Si tratta della Cunziria, un vero unicum, formato da un piccolo borgo costituito da 40 case-bottega, alcune a più piani, con la chiesetta dedicata a Sant’Eligio come cuore del paese. Il nome dialettale suggerisce l’antico mestiere che qui veniva praticato fino a un secolo fa: la concia delle pelli, un’attività per secoli fiorente ma abbandonata con il sopraggiungere dell’industrializzazione. Cristallizzato in un’epoca che non c’è più, la Cunziria conserva il suo fascino, lasciando immaginare la vita che qui si faceva un tempo, dietro quelle mura incrostate, nelle piazzette e nelle stradine dove fichi d’India e piante di sommacco creano un labirinto in cui è bello perdersi. Una realtà che ricorda quasi un set cinematografico, ma anche un po’ i racconti di Giovanni Verga, e non è un caso. Lo scrittore era nativo proprio di Vizzini, dove ambientò parecchie novelle, e qui furono girate alcune scene de la “Cavalleria Rusticana” e “La Lupa”.
I ruderi del Castello di Gresti hanno il fascino tipico dei luoghi misteriosi, di cui si sa poco o niente ma che sanno di vissuto. Di proprietà privata da lungo tempo, è noto sin dal XIV secolo, quando fungeva da avamposto al centro del “triangolo” compreso fra Aidone, Valguarnera e Raddusa. L’edificio, composto da un torrione e da una serie di stanze ingrottate, da cui deriva l’appellativo di Castello di Pietratagliata, sorge su una cresta rocciosa di natura arenitica, a cavallo del torrente Canne o Gresti, a cui fa da diga naturale. La piana ai suoi piedi spazia all’infinito, in un territorio incontaminato pressoché privo di costruzioni.
A questa fortezza è legato il ricordo di un’antica leggenda che ancora si tramanda: un tempo, sulla facciata dell’edificio c’era un’epigrafe di difficile interpretazione che, una volta tradotta nel modo corretto, avrebbe consentito al fortunato cavaliere di trovare un grande tesoro. La realtà narra che nell’800 furono rinvenute sulla collina parecchie monete d’argento e di elettro coniate da una zecca dell’età punica. Forse, anche in virtù di questi ritrovamenti, la leggenda continua a suscitare proseliti e ad alimentare speranze di trovare tesori segreti.
Sono passati più di dieci secoli da quando i saraceni conquistarono Mazara del Vallo e costruirono la Casbah, e ora si è tornati a parlare arabo per le strette vie di questo quartiere storico. All’origine di questo ritorno al passato ci sono una serie di fattori: il primo è stato il terremoto che nel 1981 ha colpito tutta la Valle del Belice, che danneggiò molti edifici anche alla Casbah costringendo i pescatori locali a trasferirsi nella “nuova” Mazara. Poi il fattore “scomodità” delle viuzze, un tempo pensate per impedire l’accesso degli invasori e oggi inadatte alla circolazione delle auto. Infine, l’abbassamento dei prezzi nel quartiere che ha attratto molti emigranti tunisini. Ecco dunque che il cerchio si è chiuso, facendo tornare alle origini questa zona assai caratteristica che ancora adesso trasmette un grande fascino.
Con 288 tombe a grotticella, la Necropoli di Realmese è di tipo Pantalicano, simile cioè alla celebre necropoli di Pantalica, in provincia di Siracusa. Qui siamo invece a 3 km da Calascibetta, nell’ennano, nel cuore della Sicilia centrale. Due le epoche di origine: le prime tombe risalgono all’età protostorica, cioè al IX secolo a.C., mentre le altre sono di età arcaica, del VI secolo a.C., in parte frutto di un riutilizzo delle precedenti fasi “costruttive”.
A riportare alla luce la necropoli di Realmese sono state una serie di campagne di scavo, la prima delle quali risalente agli anni 1949-1950. Condotta dall’archeologo Luigi Bernabò Brea, fece emergere numerosi reperti, fra ceramiche, coltellini, anelli, orecchini e fibule, utili per la datazione del sito archeologico. Monili e oggetti sono oggi esposti presso il Museo Regionale Paolo Orsi di Siracusa.