Certosa di Firenze

Quando si dice, casa e chiesa. Questo antico detto popolare riassume perfettamente l’essenza della Certosa di Firenze, un unicum in Italia grazie al desiderio del suo committente Niccolò Acciaiuoli (1310- 1365) – appartenente a una delle famiglie di banchieri più ricche di Firenze e ambasciatore presso la Corte Angioina del Regno di Napoli – che volle arricchire la costruzione dell’edificio religioso con il cosiddetto “Palazzo agli Studi”, quella cioè che avrebbe dovuto essere la dimora della sua vecchiaia. Iniziato nel 1356 e mai portato a compimento, Palazzo Acciaiuoli ospita oggi la Pinacoteca della Certosa di Firenze, che fra i capolavori annovera anche gli affreschi del Chiostro Grande realizzati in loco da Jacopo Carucci, detto il Pontormo, e dedicati alla Passione di Cristo. Il resto del complesso comprende la chiesa, la sala capitolare, la sacrestia, il refettorio, i chiostri, le celle dei padri e dei fratelli conversi, che in origine dovevano essere 12 e poi, in seguito a un ampiamento, divennero 18. La visita alla Certosa e alla sua Pinacoteca è anche un’occasione unica per ammirare Firenze da un punto di osservazione speciale, quello della sommità del Monte Acuto, detto anche “Monte Santo”, un colle nelle vicinanze di Galluzzo, a Sud del capoluogo toscano.

Museo del calcio

Con Italia ’90, ossia i Mondiali di Calcio del 1990, il Centro Tecnico Federale di Firenze fu oggetto di un ampliamento. Da qui nacque l’idea di creare un Museo del Calcio. Dieci anni dopo, il 22 maggio 2000, veniva finalmente inaugurato alla presenza dell’allora Ministro per i Beni Culturali, Giovanna Melandri, e delle massime autorità federali e civili. Nelle sei sale espositive del Museo del Calcio di Firenze, cimeli di grandi campioni, coppe e trofei, fotografie, gagliardetti, mascotte e gadget di ogni genere raccontano la storia della Nazionale Italiana e della FIGC, da quella primissima partita contro l’Austria tenutasi il 15 gennaio 1922. Non solo. C’è anche spazio per esprimere tutte le virtù del calcio e dello sport in generale, che svolgano un ruolo chiave nello sviluppo della società e del singolo individuo diventando uno strumento chiave di integrazione e di superamento di qualsiasi barriera.

Museo e Galleria Mozzi Bardini

Piazza de’ Mozzi, nel cuore del centro storico di Firenze, è intitolata alla famiglia dei Mozzi, stirpe di mercanti e tesorieri pontifici che fra il Duecento e il Trecento accolse nella sua elegante dimora di città personalità di ogni genere, da illustri uomini politici a condottieri – Carlo I d’Angiò Re di Napoli e Baldovino II Imperatore di Costantinopoli, solo per citarne un paio – , e persino un papa, Gregorio X. Costruito tra il 1266 e il 1273, Palazzo Mozzi era già allora “il severo e turrito palagio che sorge a guardia dell’antico Ponte alle Grazie”, frutto dell’unione di più edifici e torri. Oggi, a memoria di quell’epoca d’oro, al centro della facciata rimaneggiata nei secoli più volte, c’è ancora il grande scudo con lo stemma dei Mozzi, la croce d’oro di Tolosa in campo rosso. A rivisitarne lo stile e a trasformarlo in un luogo d’arte unico nel suo genere fu alla fine del XIX secolo il collezionista Stefano Bardini, conosciuto come il “principe degli antiquari”, già proprietario di “Villa Belvedere” appena fuori Firenze. In breve tempo, entrambe le dimore, a partire da Palazzo Mozzi Bardini, divennero le gallerie espositive di questo inguaribile esteta, che vi allestì le sue preziose raccolte di capolavori, che grazie all’acquisizione da parte del Ministero dei Beni Culturali, dal 2014 sono aperte al pubblico, offrendo una carrellata di oltre 3600 opere fra pitture, sculture, ceramiche, monete, arredi e memorabilia.

Collezioni dell’osservatorio ximeniano

Ximeniano.it E’ questo il sito che apre le porte dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze. A fondarlo fu nel 1756 il gesuita Leonardo Ximenes, la cui opera di ricerca e studio fu poi portata avanti per lungo tempo dai Padri Scolopi. Da più di 250 anni, Firenze vanta dunque un osservatorio astronomico che oggi funge anche da monitoraggio meteorologico e sismologico. Situato nel centro storico, tra le Cappelle Medicee e la Cupola del Brunelleschi, lo Ximeniano si articola in numerosi spazi espositivi, quali la fototeca, la cartoteca, un ricco archivio con decine di bollettini e due Biblioteche storico-scientifiche, quella Antica, con volumi precedenti l’800 e quella Moderna, con opere pubblicate dalla metà dell’800 in poi. Molte anche le preziose strumentazioni che creano un affascinante percorso dove la storia della scienza si intreccia con quella del capoluogo toscano.

Casa “Rodolfo Siviero”

Essere amico di artisti come De Chirico, Soffici, Manzù e Piero Annigoni oltre che un grande appassionato di arte in ogni sua forma ha permesso a Rodolfo Siviero di creare una collezione di inestimabile valore, che dal giorno della sua morte, avvenuta nel 1983, è di proprietà della Regione Toscana. Un’eredità testamentaria importante che dal 1998 è gestita in collaborazione con l’Associazione “Amici dei Musei e dei Monumenti Fiorentini”, nell’ambito dell’esposizione museale di Casa “Rodolfo Siviero”. Qui si possono dunque ammirare capolavori del Novecento ma anche una vasta raccolta di reperti archeologici di epoca etrusca e romana, dipinti e sculture di epoca medievale e rinascimentale, mobili, ceramiche, arredi domestici ed ecclesiastici dal tardo Medioevo all’Ottocento. Un patrimonio che nulla ha a che fare con il mestiere di Siviero, passato alla storia come lo “007 dell’Arte”: da toscano Doc, nato a Guardistallo, in provincia di Pisa, e cresciuto circondato dal bello, Siviero fu infatti un noto storico dell’arte ma soprattutto un agente segreto che per tutta la vita si dedicò al recupero delle opere trafugate dall’Italia nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

Castel Savoia

L’eclettismo fin de siècle rivive nelle architetture del Castello di Gressoney-Saint-Jean, realizzato nel 1899 per volere della regina Margherita di Savoia nella località denominata Belvedere, ai piedi del ghiacciaio del Lyskamm. Neomedievale, neo-rinascimentale e Art Nouveau si fondono in un tutt’uno e man mano che ci si avvicina, si incominciano a notare i dettagli fiabeschi, come le cinque torrette perimetrali che anticipano l’interno riccamente decorato da pitture, boiseries e arredi di ispirazione medievale. Il fiore della margherita, chiaro richiamo alla sovrana, è ovunque, sia al pianterreno che al piano nobile negli appartamenti reali, collegati da un maestoso scalone elicoidale in legno di rovere intagliato e scolpito.

Il progetto del castello viene firmato dall’architetto Emilio Stramucci, capo dell’Ufficio tecnico della Real Casa che immagina la residenza della regina elegante e raffinata nelle sue decorazioni, nelle volute elicoidali dello scalone padronale e negli affreschi a tema floreale. A occuparsene sono le maestranze locali e artisti di fama come il pittore torinese Carlo Cussetti, decoratore del Palazzo Reale di Torino. Le parti lignee, come i soffitti a cassettoni, le boiseries e gli arredi medievaleggianti sono invece opera dell’intagliatore Michele Dellera.

Elementi come termosifoni, acqua riscaldata, impianto di illuminazione elettrica e un collegamento su binario sotterraneo per mettere in comunicazione la sala da pranzo alle cucine fanno del Castello della Regina Margherita uno degli edifici più all’avanguardia dell’epoca, che ancora oggi stupisce i visitatori per le soluzioni ingegneristiche. Dopo l’acquisto nel 1937 da parte dell’industriale milanese Ettore Moretti, il castello è dal 1981 di proprietà della Regione Autonoma Valle d’Aosta.

Percorso di Barefooting

A piedi nudi nel parco. Come nel celebre film del 1967 che aveva come protagonisti Jane Fonda e Robert Redford, a Morgex ci si toglie scarpe e calze e si cammina a piedi nudi, su un tracciato di circa 600 metri di lunghezza, situato nella zona del campo sportivo comunale. Sull’erba, ma anche su legno, pietra, muschio, fango, acqua e sabbia, e ancora su petali di fiori, aghi di larice, pigne. Si chiama barefoot ed è una pratica wellness di recente “invenzione”, che stimola i sensi, il corpo e la mente, grazie al contatto con questi elementi naturali, ma anche al silenzio, ai profumi nell’aria, alla vista dei “Giganti della Valle d’Aosta” che si stagliano all’orizzonte.

Palazzo Paradisi – Chiesa di San Pietro e Belvedere

La potremmo chiamare la “trilogia” della famiglia Paradisi. Come dimostrato da alcuni documenti risalenti a ben prima del XV secolo, quella dei Parasini fu una delle stirpi più antiche di Montalto delle Marche. A memoria della loro lunga permanenza e dominio, oggi si possono visitare Palazzo Paradisi, l’attigua Chiesa di San Pietro – in origine cappella del palazzo, restaurata nel 1606 per ospitare le spoglie del primo vescovo di Montalto, monsignor Paolo Emilio Giovannini – e il Belvedere, terrazza panoramica fra le più spettacolari del borgo. Fino agli anni Sessanta, prima che fosse demolito per problemi strutturali, a tutto ciò si poteva aggiungere anche l’antico teatro della Rocca o Teatro de’ Nobili, di cui i più anziani in paese parlano ancora: era il centro delle attività culturali, ricreative e teatrali, curato in prima persona dalla contessa Fanny, l’ultima della stirpe dei Paradisi. Scomparsa la contessa, Palazzo Paradisi è stato per anni completamente abbandonato, fino a quando nel 1990 il Comune l’ha acquistato e restaurato in gran parte per adibirlo a manifestazioni e mostre.

Monumento a Sisto V

Nel 2021, i Comuni di Montalto delle Marche e di Grottammare hanno organizzato una serie di eventi per il quinto centenario dalla nascita di papa Sisto V, culminati con la mostra “Sisto V e Pericle Fazzini Gloria e Memoria”. Felice Peretti nasce nel 1521 nel borgo marchigiano di Montalto e viene eletto pontefice nel 1585, diventando il 227° successore di Pietro. Sisto V non è solo il più illustre cittadino montaltese, ma è anche colui che, stabilendo una serie di privilegi economici e di status alla sua “patria carissima” permette a Montalto di svilupparsi e di diventare un piccolo centro di arte e cultura. A sua memoria, quindi, nel 1985 la cittadinanza commissiona un’opera a un altro marchigiano Doc, l’artista Pericle Fazzini, della vicina Grottammare, che il 23 novembre 1986 scopre la scultura bronzea a lui dedicata. Sarà l’ultima sua creazione, installata giusto qualche mese prima di morire. Il monumento si fa notare per la raffinatezza dei dettagli estetici ma soprattutto per la tecnologia che lo caratterizza: la scultura è infatti posta su una struttura che ruota su se stessa, come ad alludere allo sguardo del papa che sorveglia tutta la sua città.

Di Periple Fazzini vale la pena ricordare che il suo nome è legato a un’altra opera in “aria di santità”: la famosissima “Resurrezione“, che troneggia nella Sala Nervi in Vaticano alle spalle dello scranno papale.

Il Merletto di Offida e Museo del merletto

Per le strade di Offida, nell’ascolano, capita ancora di incontrare qualche anziana signora seduta davanti alla porta intenta alla lavorazione del tombolo. Sono le ultime ricamatrici dedite a un’arte vecchia di cinque secoli, risalente al XV secolo. Le prime a praticarla furono alcune donne dei ceti popolari, cui seguirono le comunità religiose e poi le famiglie aristocratiche, che incentivarono le famiglie femmine alla pratica di quest’arte. La svolta avvenne nel 1665, grazie all’arrivo delle suore Benedettine, che trasformarono il tombolo nel mestiere di massa a Offida e dintorni. Nei secoli successivi, la produzione di merletti fu così copiosa da guadagnarsi fama in tutta Italia e non solo, giungendo presso le più importanti corti del passato. Esemplari antichi si possono oggi ammirare nel Museo del Merletto a Tombolo situato nel Centro Storico di Offida.

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