La storia più recente del piccolo borgo di Crespino del Lamone, nel Comune di Marradi, nel Mugello, ha registrato una delle pagine più tragiche della Seconda Guerra Mondiale: nel luglio del 1944, lungo il greto del fiume Lamone, per mano delle truppe nazifasciste furono trucidati 42 civili. A memoria di quell’eccidio, nei pressi del borgo c’è oggi il Tempio Ossario che riporta i nomi di quelle vittime innocenti. Luogo di culto da non perdere, che fa di Crespino del Lamone una tappa di pellegrinaggi ma anche di viaggiatori cultori del bello, è l’Abbazia di Santa Maria Nascente, eretta attorno alla metà dell’XI secolo e appartenente all’Ordine di Vallombrosa.
Type of point of interest: Arte e cultura
Borgo di Montalto delle Marche
Uno dei simboli di Roma è l’Altare della Patria. A progettarlo fu l’architetto Giuseppe Sacconi, originario di Montalto delle Marche, a circa 20 minuti dall’Adriatico e altrettanti dalla Catena dei Sibillini. Una geocalizzazione fortunata che nell’antichità ha favorito insediamenti già nel 6.000 a.C, nel neolitico, e poi senza soluzione di continuità nel VII secolo a.C., come testimoniano reperti di cultura picena, romana e di epoche successive.
Persino San Francesco d’Assisi trovò “casa” da queste parti, scegliendo questo territorio per diffondervi la sua Regola e fondando il Convento delle Fratte, notevole per gli affreschi di scuola giottesca. A questo luogo mistico si legano anche le memorie di Felice Peretti, eletto Papa nel 1585 con il nome di Sisto V, che donò alla sua “patria carissima, Montalto delle Marche” il Reliquiario con Imago Pietatis e Scene della Passione (detto “Reliquiario di Montalto”), oggetto di straordinario valore artistico. Realizzato in oro e pietre preziose, è conservato presso il Museo Sistino Vescovile. Ma il regalo più grande che Sisto V fece ai suoi concittadini furono i privilegi, economici e di status, sfruttati fino all’Unità d’Italia e che permisero al borgo di crescere come centro culturale ed artistico.
Unico nel suo genere è il Museo delle Carceri, con graffiti e disegni realizzati dai reclusi e con un impianto fonico che diffonde storie autentiche dei carcerati nelle in scena da una compagnia teatrale, così come il Museo L’Acqua, la Terra, la Tela, collocati entrambi presso la sede municipale, purtroppo rimasta in parte lesionata dal terremoto del 2016.
Montalto è un Comune che si compone di numerose frazioni, fra cui Patrignone dove si consiglia la sosta alla Chiesa romanica di Santa Maria in Viminato, impreziosita da affreschi che vanno dal Quattrocento al Seicento. Nella frazione Porchia si nota invece il Torrione del Trecento, elemento di spicco di un Medioevo che qui si legge in ogni vicolo, oltre che nella Cripta della Chiesa di Santa Lucia, con una tavola di Vincenzo Pagani e una stupenda Natività del XV secolo. Della piccola frazione di Valdaso si apprezza invece la bellezza ordinata di una campagna che alterna frutteti e campi coltivati, e fra cui spicca il torrione dell’antico mulino di Sisto V, il “Papa di Montalto”.
Borgo di Colli del Tronto
In dialetto ascolano, il borgo di Colli del Tronto si chiama Li Colle. Sorge su un’area ricca di antichi insediamenti, testimoniati da reperti preistorici, necropoli picene e tombe romane relative al sito di “Castrum Fanum. Secondo alcuni studiosi, sarebbe questo il luogo in cui Pirro sconfisse i romani. Vero o no, le suggestioni rimangono e piacciono agli appassionati di archeologia e storia.
Fare tappa nel borgo consente di scoprire piccoli gioielli d’arte come per esempio Villa Panichi, Villa Ercolani, Villa Mastrangelo, Villa Spreca e Villa Fonzi, e ovviamente la Chiesa Parrocchia Santa Felicita, del Settecento, che al suo interno conserva la tela del pittore ottocentesco Ferdinando Cicconi, nativo proprio di Colli del Tronto, così come il musicista Antonio Lozzi. Da ricordare anche la tradizione più rinomata di Colli, quella dei “carradori”, artigiani che costruivano eleganti e solidi carri agricoli istoriati da pitture e strumenti per la lavorazione dei campi.
Borgo di Ripatransone
Con una larghezza di appena 43 centimetri, è il Vicolo più stretto d’Italia. Non ha neanche un nome, ma di certo, basta chiedere a chiunque a Ripatransone per arrivarci e scattare una foto a dir poco curiosa. E’ una delle attrattive di questo borgo marchigiano in provincia di Ascoli Piceno, noto anche come “belvedere del Piceno” per la sua posizione panoramica sulle valli del torrente Menocchia e del fiume Tesino. Inserito nell’Associazione Nazionale Città dell’Olio e in quella delle Città del miele, è Bandiera Arancione del Touring Club per la qualità turistico-ambientale che sa esprimere in ciò che offre: una cinta muraria ben conservata, costruita tra il XII e il XVI secolo e lunga quasi 2 km e mezzo, scandita da Porta Cuprense, Porta San Domenico, Porta d’Agello, Porta di Monte Antico e numerosi Torrioni merlati. Le mura racchiudono emergenze importanti che alternano edifici di epoca medievale a quelli di epoca rinascimentale e barocca: il complesso delle Fonti e la Cattedrale, iniziata nel 1597 e completata una trentina di anni dopo, cui è stata aggiunta la torre campanaria nel 1902, alta 7 metri; Il Palazzo Comunale del XIII secolo ma rimaneggiato più volte fino al XIX secolo; il trecentesco Palazzo del Podestà, che al suo interno custodisce il Teatro Comunale Mercantini, del 1824. Palazzo Bonomi-Gera accoglie invece il Museo Civico, che si compone di cinque raccolte: la pinacoteca, con un ricco patrimonio di opere importanti di Vittore Crivelli e di Vincenzo Pagani; la Gipsoteca Uno Gera; il museo storico etnografico; il Museo storico risorgimentale Luigi Mercantini e una galleria d’arte contemporanea. Il Museo Archeologico, attraverso reperti preistorici, piceni e romani provenienti dai dintorni e dall’antico Ager Cuprensis, ripercorre la storia plurimillenaria del territorio di Ripatransone, così come il Museo della Civiltà Contadina e Artigiana, che si concentra sulla tradizione rurale del paese, e il Museo del Vasaio, con oltre ottocento manufatti in terracotta fra cui i tipici fischietti chiamati “cuchi”.
Parlando di tradizioni, la ricorrenza da non perdere sono quella del Cavallo di Fuoco, una rievocazione storica che si tiene ogni anno nel giorno dell’Ottava di Pasqua, e la Festa della Maddalena, patrona della città, che si svolge a luglio alternando momenti religiosi a profani, in cui è anche possibile degustare i prodotti tipici della zona, quali l’olio extra vergine di oliva e i vini DOC, il Falerio dei Colli Ascolani e il Rosso Piceno Superiore.
Acquasanta Terme: Fortezza di Castel di Luco
Nell’archivio della Cattedrale di Ascoli è conservato un documento che riconduce al borgo di Acquasanta, e da qui a Castel di Luco. La data riportata in calce è 1 Luglio 1052, il che fa di questo borgo incastellato dall’originale pianta rotonda un sito millenario. Il terremoto del 2016 ha purtroppo danneggiato parte della struttura architettonica del fortilizio, ma i lavori per il recupero della struttura originaria sono in corso e di certo questo pezzo di storia marchigiana tornerà presto ad accogliere ospiti nelle stanze ricavate nelle case coloniche che cingono il cuore di Castel di Luco. Un castello ferito ma ancora orgogliosamente in piedi, su un poggio in travertino dove, secondo alcuni studi, nell’antichità si trovavano alcuni altari sacrificali.
Mulino di Sisto V – Valdaso
La visita al Mulino di Sisto V a Valdaso, frazione di Montalto delle Marche, è una scoperta continua. Lungo il cosiddetto “GABA – Il Grande Anello dei Borghi Ascolani” è una di quelle tappe che solleticano la curiosità, perché questo è di sicuro l’unico mulino che è stato anche una zecca. Pontificia per giunta. Dunque, andando con ordine, il mulino sorge prima del 1320, anno in cui è già attestata la sua attività. Nel 1567, la Comunità di Priori locali che da almeno due secoli lo governa lo cede a Papa Sisto V e alla sorella Camilla Peretti, affinché con le rendite dei 5 anni seguenti si ripaghino la somma anticipata in precedenza. Passano altri due secoli e nel 1797, sotto il pontificato di Pio VI, il mulino è adattato a zecca, salvo poi tornare alla precedente attività. Al suo interno si identificano tre piani, ciascuno con la sua funzione: il primo con il seminterrato per la lavorazione del frumento, il secondo a dimora del mugnaio, il terzo per la difesa, con tanto di camminamento di ronda e merlatura.
Oggi, grazie a un attento restauro, il Mulino di Sisto V a Valdaso è un’originale location per eventi e persino per matrimoni. Le visite sono possibili su prenotazione e sono curate dalla Pro Loco Lago ’93.
Teatro Luigi Mercantini
La storia del Teatro Mercantini di Ripatransone, intitolato al poeta risorgimentale Luigi Mercantini, ha molti elementi in comune con quella di un altro palcoscenico dell’ascolano, quello del Teatro Serpente Aureo di Offida. In primis, l’architetto che ne curò il progetto, che fu per entrambi Pietro Maggi, il secondo è che il Mercantini è ricavato all’interno dell’edificio che nel Trecento ospitava il Palazzo del Podestà, mentre a Offida è collocato nel Palazzo Comunale. Similitudini che si ritrovano anche nei decori, di stucchi e dipinti in stile Barocco. Curiosa la circostanza secondo la quale l’inaugurazione del teatro fu fatta nel 1824, benché fossero ancora incompleti l’ultimo ordine dei palchetti e il sistema di copertura definitivo. Di questa parte si occupò nel 1837 l’architetto Francesco Bassotti, che ne seguì i lavori di completamento fino alla sua apertura definitiva, avvenuta nel 1843 con la Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti.
L’acceso al teatro avviene dal portico del Palazzo del Podestà, noto come degli Anziani, mentre la sala presenta la tipica pianta a ferro di cavallo, che ricalca l’impostazione planimetrica del Teatro Serpente Aureo, così come il plafone decorato con motivi floreali e con una serie di medaglioni, alcuni dei quali raffiguranti i volti di Gioacchino Rossini, di Giuseppe Verdi, di Vittorio Alfieri, di Vincenzo Bellini, di Calco Goldoni, ed infine di Pietro Metastasio. Lunghi lavori di restauro hanno permesso di riaprire il teatro Mercantini di Ripatransone il 14 aprile 2012: alzato il sipario, sono risuonate in platea le note del Canto degli Italiani, di Goffredo Mameli.
Il Polo Museale di Palazzo Bonomi Gera
Il borgo di Ripatransone, in provincia di Ascoli Piceno, ospita il sorprendente Polo Museale di Palazzo Bonomi Gera, ensemble di collezioni di vario genere, frutto per lo più di generosi lasciti privati. Lo stesso edificio è una donazione alla comunità fatta dall’ultimo proprietario del palazzo, Uno Gera, autore delle opere che hanno dato il via alla creazione dell’attuale Gipsoteca Gera. Nella sala sono infatti esposte le opere da lui realizzate, oltre a interessanti bozzetti di studio, oggetti in bronzo e statue.
Il percorso della pinacoteca prosegue poi con la Sala degli Affreschi e la Galleria dei Ritratti, allestita nel vano dello scalone che porta al piano nobile. La Sala Crivelli è dedicata al grande pittore veneto marchigiano Vittore Crivelli, mentre la Sala Coghetti ai bozzetti di Francesco Coghetti, artista dal linguaggio pittorico eclettico. Nel Salone delle Feste trova spazio la pregevole collezione di ceramiche Castelli. Il tour del Polo Museale di Palazzo Bonomi Gera prosegue con la visita alla Galleria d’Arte Contemporanea, riservata agli esponenti di spicco dell’arte della seconda metà del ‘900, quali Pericle Fazzini, Remo Brindisi, Mino Maccari, Renato Guttuso, Ernesto Treccani, Antonio Corpora, Umberto Mastroianni, Emilio Greco.
Grazie alla donazione fatta alla comunità di Ripatransone dall’onorevole Alceo Speranza è invece nato il Museo del Risorgimento “Luigi Mercantini”, poeta nativo del borgo marchigiano la cui vita e opere sono qui ricostruite da una raccolta di oggetti e cimeli personali esposti in ordine cronologico. Tale mostra si completa anche di una serie di cassetti tattili, schede di sala in braille e servizio di visita guidata con interprete LIS, realizzati grazie al progetto “Il museo di tutti e per tutti”. Chiude la visita la Raccolta storico-etnografica, costituita da circa settecento pezzi provenienti dai cinque continenti che consentono un viaggio nelle affascinanti tradizioni di numerosi popoli esotici.
Museo Civico Archeologico C. Cellini
Cesare Cellini fu un reverendo di Ripatransone vissuto fra il 1832 e il 1903. Da appassionato studioso di archeologia e storia, nel corso della sua vita ebbe modo di mettere insieme una ricca collezione di reperti, che nel 1877 donò alla cittadinanza per la costituzione di un primo Museo Civico Archeologico, integrato poi nel corso dei decenni successivi dalle donazioni di altre famiglie locali. Riallestito circa un decennio fa nel suo percorso espositivo, il Museo di Ripatransone può contare oggi su circa cinquemila reperti, dei quali soltanto un 10% è stato esposto nelle tre sezioni – preistorica, protostorica e romana. In questo computo si calcolano anche le centinaia di pezzi conservati nel Deposito e quelli di provenienza esterna collocati presso la Biblioteca. In questo mare magnum di memorie di varie epoche, da quelle della civiltà picena a quella romana, è un trionfo di monete, terracotte, lucerne, epigrafi e sculture, fra cui alcune di particolar pregio provenienti da Cupra Marittima, sempre nell’ascolano.
Teatro Serpente Aureo
Sulla piazza principale di Offida, nell’ascolano, affaccia il Palazzo Comunale. Al suo interno, si cela uno dei luoghi inclusi nel circuito dei Teatri Storici delle Marche, il Teatro Serpente Aureo. Questa sua curiosa collocazione all’interno di un edificio con una diversa funzione pubblica ne fa già di per sé un unicum, poi una volta entrati, si svela un gioiello architettonico realizzato nel XIX secolo da Pietro Maggi. La sua realizzazione non fu né rapida né semplice. In un documento del 1768 si fa cenno a un palcoscenico a “guida di teatro”, costruito “senza distinzione di ceto”. Per ovviare a questa “mancanza”, il Consiglio Comunale approvò a più riprese la realizzazione di un teatro vero e proprio, con palchi, platea e scena, fino appunto ad arrivare al progetto del Maggi, datato 1820, modificato poi a più riprese nel 1862 e nel Novecento. Lo stile Barocco domina tutto l’ambiente a ferro di cavallo, con 50 palchi disposti su tre ordini, con loggione e platea. A due artisti offidani Doc furono affidate le parti decorative: Giovanni Battista Bernardi curò stucchi e pitture dei palchi, mentre la volta, raffigurante Apollo e le Muse, venne dipinta da Alcide Allevi. A coronamento d’insieme, negli otto medaglioni posti sul soffitto furono ritratti autori illustri di prosa e lirica: Pergolesi, Verdi, Bellini, Donizetti, Rossini, Alfieri, Goldoni, Metastasio. La chicca è però sul palcoscenico: il vecchio sipario con dipinta la leggenda del mitico Serpente d’Oro, dopo oltre un secolo di vicende travagliate e modifiche strutturali, è ancora lì, sul fondo della scena, a fare bella mostra di sé e a ricordare un’epoca aurea.