Santuario di Santa Maria della Fonte

Il Santuario di Santa Maria della Fonte, imponente edificio di culto situato a Caravaggio, provincia di Bergamo, è un luogo intriso di storia e religione. La sua origine risale al 1432, quando Maria Vergine, secondo la tradizione, apparve in questo luogo. L’inizio della costruzione del tempio, fortemente voluto dall’Arcivescovo Carlo Borromeo, risale al 1575 sotto la guida dell’architetto Pellegrino Tibaldi, noto come il Pellegrini. Il completamento dell’opera si ebbe ai primi decenni del XVIII secolo.

Il Santuario domina una vasta spianata circondata da portici simmetrici su tutti e quattro i lati, con oltre 200 arcate che si estendono per quasi 800 metri. Il piazzale antistante ospita un alto obelisco in marmo e una fontana di dimensioni imponenti, la cui acqua scorre sotto la cattedrale, raccogliendo quella del Sacro Fonte raccoglie quella del Sacro Fonte e confluisce nel piazzale posteriore, dove viene raccolta in una piscina a disposizione degli infermi.
Numerosi i racconti sulle apparizioni di Maria Vergine, storie di fede e leggende che rendono questo luogo ancora meta di pellegrinaggi e un tassello importante nella storia religiosa della regione.

Chiesa di Santa Maria del Carmine

La Chiesa di Santa Maria del Carmine nel quartiere di Oltrarno a Firenze ha una storia travagliata. Sorta nel 1268 come annesso di un convento carmelitano, andò vieppiù ampliandosi nei secoli, fino a quando nel 1771 non venne distrutta da un terribile incendio per poi essere ricostruita su progetto di Giuseppe Ruggieri e terminata nel 1782 da Giulio Mannaioni. Fortunatamente, le fiamme risparmiarono alcuni dei capolavori conservati nella chiesa, fra cui la Cappella Corsini e soprattutto la celebre Cappella Brancacci, decorata dal ciclo di affreschi realizzato fra il 1424 e il 1428 da Masaccio e Masolino e concluso più tardi da Filippino Lippi. La visita merita di essere ampliata all’attiguo convento, dove si può ammirare l’Ultima Cena di Alessandro Allori, con un curioso l’autoritratto dell’artista.

Cappella Brancacci

Masolino da Panicale, Masaccio e Filippino Lippi sono tre degli artisti che hanno fatto di Firenze la “culla del Rinascimento”. Ebbene, proprio a loro si deve uno dei grandi capolavori di metà Quattrocento, periodo noto appunto come Primo Rinascimento, la Cappella Brancacci della Chiesa di Santa Maria del Carmine nel quartiere fiorentino di Oltrarno. Prima di cadere in disgrazia per un grave contrasto con i Medici, i Brancacci erano una delle famiglie più in vista del capoluogo toscano, la cui memoria è stata tramandata da un’opera pittorica di rara bellezza.

Il ciclo di affreschi della Cappella Brancacci, sopravvissuto al devastante incendio del 1771, è una delle più complete rappresentazioni delle storie di San Pietro, fondatore della Chiesa di Cristo, diventato un vero modello su cui intere generazioni di artisti si sono formate, fra cui niente meno che Leonardo da Vinci e Michelangelo.

Palazzo della Signora – Museo Diocesano

A Montalto delle Marche, quando si parla della “Signora” ci si riferisce a Camilla Peretti, sorella di Felice Peretti, eletto Papa nel 1585 con il nome di Sisto V. In questo borgo incluso nel GABA – Il Grande Anello dei Borghi Ascolani, tutto riporta a questa coppia d’eccellenza, che ha segnato un’epoca e la storia di Montalto degli ultimi cinque secoli. Oltre che architettonicamente, perché qui ogni piè sospinto c’è un monumento che rimanda ai Peretti. Sul lato nord della piazza centrale dedicata a Sisto V, si trova il “Palazzo della Signora eccellentissima donna Camilla”, poi sostituito dal Seminario, a sua volta diventato sede del Museo Diocesano Sistino Vescovile di Arte Sacra. Qui si conservano preziosi paramenti sacri, oggetti liturgici, antiche pergamene, reliquiari, dipinti e ritratti dei Vescovi della Diocesi di Montalto.

Nell’osservare l’impianto architettonico del Seminario l’attenzione non può non cadere sulla torretta con l’orologio, dove compaiono le iscrizioni ‘Il tempo è moneta’, aforisma di Thomas Mann, e ‘Prega e lavora’, l’ora et labora di San Benedetto da Norcia e A.M. D.G., Ad maiorem Dei gloriam, frase che si trova per la prima volta nei Dialoghi di San Gregorio Magno e che S. Ignazio di Loyola volle per la Compagnia di Gesù.

Santa Maria della Rocca

Nella Chiesa di Santa Maria della Rocca a Offida si legge in chiaro la storia di questo borgo dell’ascolano, che in età longobarda aveva il suo cuore in un castello con annessa una piccola chiesa di proprietà di Longino D’Azzone, Signore offidano di origine franco-tedesca. Ciò che resta di quella piccola chiesa è oggi inglobato nella cripta dell’imponente Chiesa di Santa Maria, eretta nel 1330 dopo la demolizione del castello. Santa Maria sorge oggi in una posizione isolata rispetto all’abitato, e invita alla visita anche per il panorama che si gode dal suo sagrato.

Una volta dentro, si scende della cripta e si svelano i volti di Santa Caterina di Alessandria, di Santa Lucia e altri Santi affrescati sette secoli fa dal Maestro di Offida. Poi si risale e si percorre la singola navata della chiesa superiore, con lacerti di affreschi che fanno intuire la bellezza di un tempo. Sono opera del maestro milanese Ugolino di Vanne, mentre sul lato opposto si intravvedono una deposizione, una crocifissione e una Madonna con Bambino e Santo, unico affresco di età rinascimentale, attribuito a Vincenzo Pagani.

Cattedrale di Santa Maria Assunta

L’1 maggio 1585, Felice di Peretto da Montalto, poi passato alla storia come Felice Peretti, viene eletto al soglio pontificio come 227° papa e prende il nome di Sisto V. Da quel momento, la storia del suo borgo natio, inserito nel GABA – Il Grande Anello dei Borghi Ascolani, cambia, si evolve, cresce, a partire da quella della sua comunità cristiana che viene elevata dal neo papa a Diocesi, così come la Collegiata di S. Maria intus Civitatem viene dichiarata Cattedrale.

Della Cattedrale di Santa Maria Assunta si potrebbero raccontare le mille vicissitudini che hanno portato alla sua costruzione, a partire dai molti committenti e benefattori giunti qui perfino da altre parti d’Italia, primo fra tutti il modenese Girolamo Codebò, eletto quinto Vescovo di Montalto. Quello che è ben visibile a colpo d’occhio e che non ha bisogno di spiegazioni è l’imponenza dell’edificio, che con i suoi quasi 1.800 mq di superficie è fra i più grandi delle Marche e non solo. Un’importanza, di forma e di sostanza, sempre riconosciuta nei secoli, e che dal 1965 è stata portata alla dignità di basilica minore da Papa Paolo VI. Insomma, una meta d’obbligo per chi è diretto nell’ascolano, sulle tracce del Papa che a Roma lasciò opere importanti – a lui si devono per esempio il nuovo Palazzo Laterano, la Biblioteca Vaticana e il completamento della cupola di San Pietro – ma che non dimenticò mai la sua terra d’origine.

Chiesa di San Filippo Neri

La Chiesa di S. Filippo e dell’Immacolata Concezione, ubicata tra via Consorti e via Margherita, fu edificata tra il 1680 e il 1722 su progetto dell’architetto romano Francesco Massari, allievo e collaboratore del Borromini, e portata a termine dall’architetto-pittore Lucio Bonomi che si occupò di curare la sobria immagine finale del tempio.
L’interno presenta una ricca decorazione architettonica in ori e stucchi, opera del milanese Mastro Tobia e del perugino Lorenzo Vibi. La chiesa fu realizzata a croce latina e ad unica navata con paraste corinzie che scandiscono le cappelle laterali centinate con volte a botte e un transetto particolarmente sporgente rispetto alla maggior parte delle chiese oratoriane marchigiane. L’altare maggiore risale al 1843 ad opera di Gaetano Ferri e presenta una statua dell’Immacolata mentre in precedenza ospitava il prezioso dipinto, probabilmente realizzato da Lazzaro Baldi, su disegno di Pietro da Cortona, oggi collocato sul transetto. Nella parte del transetto è possibile ammirare alcune tele di Ubaldo Ricci da Fermo (prima metà ‘700): la cappella dedicata a San Gaetano da Thiene, il San Francesco di Paola e la Madonna col Bambino e San Filippo, pala del monumentale altare in legno dorato della cappella sinistra del transetto.
Nella terza cappella a sinistra si trova l’unico altare marmoreo della chiesa che racchiude alcune reliquie di S. Filippo contenute in urne e in due busti del Santo; nella seconda cappella, eretta nel 1725 dalla famiglia Recco, è rappresentato il Transito di San Giuseppe. La cripta ospita dal 1996 il Museo della Civiltà Contadina ed Artigiana del medio Piceno.

Cattedrale Basilica dei Ss. Gregorio e Margherita

Dal 1597 agli anni ’50 del Novecento, la Cattedrale Basilica intitolata ai Santi Gregorio e Margherita di Ripatransone non ha mai smesso di essere ampliata, modificata, ristrutturata.
Per realizzare la prima chiesa ci vollero 26 anni, dal 1597 al 1623, poi nel 1786 fu aggiunto il tiburio ottagonale, mentre facciata e campanile furono rivisti rispettivamente nel 1842 e alla fine dell’800 su progetto dell’architetto pontificio F. Vespignani. Quanto agli interni, le decorazioni pittoriche delle tre navate a croce latina sono dei fratelli Michelangelo e Marcantonio Bedini e risalgono alla fine degli anni ‘50. Molte altre sono però le opere da ammirare: il pulpito ligneo del ‘600 opera di D. Bonfini da Patrignone, l’altare in marmo del Poscetti di Roma, e due dipinti rappresentanti S. Gregorio Magno e la Natività, del ‘700. Splendidi anche il coro ligneo realizzato da Agostilio Evangelisti nel 1620, l’imponente statua di S. Gregorio Magno, il complesso pittorico del Bedini, il Crocefisso ligneo policromo donato, secondo la tradizione, da papa Pio V nel 1571, la Tela d’altare rappresentante Carlo Borromeo attribuita al Turchi detto l’Orbetto, del 1623, e la Pala d’altare opera di S. Ciannavei di Ascoli Piceno, dell’800.
In questo trionfo di arti e mestieri si inserisce un organo liturgico opera del celebre organaro veneto Gaetano Callido. Costruito nel 1773 per la Chiesa della Maddalena dei Frati Minori Osservanti fu poi traslocato insieme alla cantoria nel 1812.

Chiesa Parrocchia Santa Felicita

In dialetto ascolano, il borgo di Colli del Tronto si chiama Li Colle. Sorge su un’area ricca di antichi insediamenti, testimoniati da reperti preistorici, necropoli picene e tombe romane relative al sito di “Castrum Fanum.

Fare tappa nel borgo consente di scoprire piccoli gioielli d’arte come per esempio la Chiesa Parrocchia Santa Felicita: preceduta da una scalinata monumentale, fu costruita la prima volta nel 1573 dalla Comunità dei Domenicani di Ascoli Piceno, ma ciò che si vede oggi risale al 1796 e si deve al progetto dell’architetto di Milano Pietro Maggi. Al suo interno la chiesa conserva la tela del pittore ottocentesco Ferdinando Cicconi, nativo proprio di Colli del Tronto, mentre scendendo nella cripta si svela un ambiente chiaramente ispirato alla Grotta di Lourdes.

Abbazia-Monastero Farfense di San Benedetto in Valledacqua (Acquasanta)

Dal 2002, il Monastero di San Benedetto in Valledacqua ospita una comunità di Monache Camaldolesi. Annesse al monastero ci sono 38 camere, dove ci si può immergere nella realtà della liturgia guidata dalla Congregazione Benedettina Camaldolese, in silenzio, preghiera e contemplazione di quanto Madre Natura ha regalato a questo fortunato lembo di terra situato fra il Parco Nazionale dei Monti Sibillini e il Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga.

Il Monastero di San Benedetto in Valledacqua, Comune di Acquasanta, provincia di Ascoli Piceno, risale al 970 d.C. e nasce dai resti dell’antica Abbazia fondata alla fine del X secolo dai monaci di Farfa, di cui si conservano ancora splendidi affreschi. Il luogo è una tappa d’obbligo lungo il cosiddetto GABA – Il Grande Anello dei Borghi Ascolani, un itinerario di trekking di 100 km che tocca piccoli borghi, eremi e castelli ai piedi del gruppo montuoso del Ceresa e dei Monti Gemelli.

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