Duomo di Monza

Il Duomo di Monza, una struttura imponente dedicata a San Giovanni Battista, racchiude una storia di oltre 1400 anni e ospita un tesoro inestimabile. Voluto dalla regina Teodolinda alla fine del VI secolo, il Duomo era situato in una zona allora periferica del borgo di Monza, nelle vicinanze del fiume Lambro e fungeva da cappella per il vicino Palazzo Reale.

Il ruolo centrale di Teodolinda nella conversione dei longobardi dall’arianesimo al cattolicesimo conferì alla Chiesa una posizione di santuario per la nazione longobarda. L’Unesco ha riconosciuto questo contributo, designando Teodolinda come testimone di una cultura di pace per l’umanità, e l’ intitolazione dell’omonima Cappella, conosciuta anche come Cappella Zavattari, è un tributo a questa figura storica.

Il Duomo è importante anche per il suo tesoro: una straordinaria testimonianza di quei primi secoli che comprende suppellettili liturgiche e donativi offerti dalla regina, che furono sepolti nella chiesa alla sua morte e ulteriori opere d’oreficeria e avorio donati da re Berengario nel X secolo.
Nel cambio di secolo tra il Duecento e il Trecento, il Duomo subì trasformazioni cruciali, grazie all’influenza dei Visconti e divenne una basilica imponente per le incoronazioni imperiali, seguendo la tradizione germanica che imponeva all’imperatore di ricevere tre corone: quella d’argento ad Aquisgrana, quella d’oro a Roma e una “di ferro” a Monza (o a Milano).

Duomo di Orvieto

In una delle cappelle del Duomo di Orvieto è conservato il Corporale di Bolsena, la tovaglia dell’altare su cui nel 1263 caddero alcune gocce di sangue al momento della consacrazione dell’ostia. Il fatto sarebbe avvenuto nella Grotta di Santa Cristina, vicino Bolsena, fra le mani di una sacerdote che non credeva più alla transustanziazione, cioè alla presenza del Cristo nell’eucarestia. Da allora, si narra che il Duomo di Orvieto sarebbe stato eretto per onorare e tramandare nei secoli questo miracolo, ma la storia riporta invece che a volerne la realizzazione fu Papa Niccolò IV nel 1290.

La reliquia, o presunta tale, è ancora lì, custodita sotto le volte in stile gotico della cattedrale, fra gli esempi più eccelsi di questo stile in Italia e perciò dichiarata Monumento Nazionale. Bellissime le decorazioni architettoniche della facciata che vanno dal XIV al XX secolo, fra cui spiccano il grande rosone, i mosaici dorati e le tre maestose porte bronzee, e le cappelle affrescate da alcuni dei più grandi pittori italiani del periodo, tra le quali si può ammirare il famoso Giudizio Universale di Luca Signorelli.

Basilica di San Valentino

Attorno alla figura di San Valentino sono nate e fiorite numerose leggende, alcune legate a guarigioni miracolose, altre connesse a riappacificamenti di coppie di fidanzati in lite. Nato a Terni nel IV secolo d.C., Valentino fu il primo vescovo della città umbra, martirizzato per decapitazione la notte del 14 febbraio 347 sul luogo dove, poco dopo, sorse la Basilica a lui dedicata.

Da lì, in memoria delle sue opere benefiche verso malati e fidanzati, il suo “dies natalis” è stato consacrato a Festa degli Innamorati, celebrato in tutto il mondo con il gesto simbolico di un dono floreale. Tale usanza avrebbe un’origine precisa: si dice che Valentino avrebbe infatti offerto un fiore a una coppia, che grazie alla Rosa della Riconciliazione sarebbe tornata serena.

All’interno della Basilica, rivista più volte nel corso dei secoli fino ad assumere l’attuale aspetto in stile barocco, sono conservate le reliquie del Vescovo Martire. Molti i visitatori illustri che vi hanno fatto tappa nel corso dei secoli: nel 742 l’edificio fu scelto come sede dello storico incontro fra il re longobardo Liutprando e Papa Zaccaria, proprio in virtù della presenza della salma del santo che si diceva avesse proprietà taumaturgiche.

Nel 1626 vi fece invece sosta Leopoldo V d’Austria, che in seguito fece costruire un nuovo altare maggiore in marmo, dietro al quale si trova il coro con la cosiddetta Confessione di San Valentino, ovvero un secondo altare eretto sulla tomba originaria di sepoltura di San Valentino.

Cattedrale e Torrazzo di Cremona

1107. Risale a questo anno la posa della prima pietra della Cattedrale di Santa Maria Assunta a Cremona, la cui storia è stata a dir poco travagliata. Appena dieci anni dopo, infatti, la ricostruzione deve riprendere da capo a causa di un forte terremoto, e solo nel 1196 viene quindi consacrata, per poi essere ampliata nel transetto fra la fine del XIII e la metà del XIV secolo. Molti i rimaneggiamenti successivi all’originaria chiesa romanica, che nel tempo prende tutte le caratteristiche dello stile gotico, fino a diventare lo splendido edificio che ancora oggi vediamo, che fa del Duomo di Cremona uno dei più insigni esempi di architettura religiosa del Nord Italia.
Una volta sulla soglia, lo stupore è grande. Le pareti interne sono infatti decorate da affreschi dei più importanti esponenti della scuola pittorica rinascimentale cremonese: Boccaccio Boccaccino, Gian Francesco Bembo, Altobello Melone, Girolamo Romanino, Pordenone e Bernardino Gatti.

Potere religioso e potere politico si “affrontano” sulla piazza principale di Cremona, poiché proprio davanti al Duomo sorge il Palazzo Comunale, sede del governo della città, altrettanto da ammirare per la sua bella facciata scandita da un portico adorno di fregi. Fra le attrazioni della città c’è di sicuro anche il cosiddetto Torrazzo, la torre campanaria che svetta accanto alla Cattedrale, alta 112 metri e perciò fra le più imponenti d’Europa. Guardandola non si può non notare che in realtà si tratta di due strutture sovrapposte: una prima torre romanica del 1267 e una seconda torre a cuspide con pianta ottagonale, datata al 1305. Gli elementi culminanti, ossia la palla e la croce, risalgono invece al XVII secolo. Una costruzione assai complessa, dunque, da visitare e scoprire con i percorsi del Museo Verticale al suo interno, e che ha in serbo un’altra sorpresa: l’orologio astronomico che indicare il moto degli astri e le fasi lunari, installato nel 1583. Il meccanismo è ancora quello originale, il quadrante attuale, invece, è stato ridipinto nel 1970. E non è ancora finita. Nella cella campanaria sono racchiuse sette campane, ciascuna dedicata ad un santo e una in particolare dedicata al patrono della città, Sant’Omobono. Salire in cima al Torrazzo vale tutti i 502 gradini da percorrere per godere del panorama sulla città e sul fiume.

Santuario di Vicoforte

Nel pittoresco comune di Vicoforte, tra le dolci colline monregalesi, sorge un gioiello architettonico senza eguali: il Santuario Regina Montis Regalis, noto anche come il Santuario di Vicoforte. Questo straordinario edificio, considerato uno dei massimi esempi di architettura barocca internazionale, vanta la più grande cupola ellittica al mondo e si posiziona come la quinta in termini di grandezza, preceduta solo da monumenti di fama globale come San Pietro in Vaticano, il Pantheon di Roma, la Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze e la cupola del Gol Gumbaz in India.

La storia del Santuario ha radici antiche, nel tardo Quattrocento, quando il proprietario di una fornace a Vicoforte fece erigere un pilone votivo tra i boschi attraversati dal torrente Ermena. Circa un secolo più tardi, il pilone campestre, ormai coperto dalla vegetazione, fu accidentalmente colpito da un colpo di fucile sparato da un cacciatore. Questo evento portò all’effrazione dell’immagine della Madonna col Bambino, con la comparsa di gocce di sangue dal dipinto. Questo miracoloso avvenimento scatenò una fervente devozione, culminata nel 1595 con la costruzione di una prima piccola cappella intorno al pilone.

Grazie all’afflusso sempre crescente di pellegrini e al supporto finanziario di Carlo Emanuele I, Duca di Savoia, il Vescovo di Mondovì avviò l’ambizioso progetto di costruzione di una vera e propria basilica che vide il coinvolgimento dei più insigni architetti del tempo. La realizzazione definitiva fu affidata ad Ascanio Vitozzi, un architetto orvietano, che stava trasformando Torino in una capitale di grande prestigio.
Con la sua morte nel 1615, il cantiere subì un arresto. Fu solo con l’architetto Francesco Gallo, che la costruzione riprese vigore tra il 1701 e il 1733. Gallo apportò correzioni strutturali alla parte già edificata, progettò il “tamburo” e costruì la maestosa cupola ellittica che sovrasta l’intera struttura.
Nel corso del XIX secolo, furono effettuati interventi sulle facciate e sui campanili, seguendo i gusti architettonici dell’epoca. Nel 1880, il santuario ottenne il prestigioso riconoscimento di “monumento nazionale”.

L’imponente cupola, all’interno, è arricchita dai capolavori pittorici di Mattia Bortoloni di Rovigo e Felicino Biella di Milano.

Intrigante e suggestiva, la visita alla cupola del Santuario di Vicoforte rappresenta un’esperienza emozionante che ti porterà a scoprire, gradino dopo gradino, la grandiosità e l’anima di questo eccezionale monumento. Un’opportunità unica di abbracciare la bellezza e la maestosità dell’architettura barocca in un contesto naturale di rara bellezza.

Abbazia di Vezzolano

La scena sarebbe stata questa: nel 773, durante una battuta di caccia nella selva di Vezzolano, l’imperatore Carlo Magno si imbatte in tre scheletri, tre “zombie” usciti da una tomba che lo spaventano a morte. Su consiglio di un eremita, l’imperatore decide di edificare un’abbazia sul luogo dell’apparizione. Sorge così l’Ecclesia di Santa Maria di Vezzolano. Leggenda a parte, il primo documento che ne attesta l’esistenza è datato “solo” al 1095, il che fa comunque di questo maestoso edificio situato ad Albugnano, nell’astigiano, uno dei monumenti medievali più importanti del Piemonte. A identificarlo è uno spiccato stile romanico-gotico, che per giungere intatto ai giorni nostri ha dovuto resistere a momenti di grande declino. Se infatti fra Duecento e Trecento la Canonica astigiana ha raggiunto il suo massimo splendore quanto a importanza e prestigio delle opere d’arte, nel corso dell’800 l’Ecclesia, nota impropriamente come Abbazia, a causa dell’amministrazione napoleonica è stata espropriata dei suoi beni, trasformata in cappella campestre della parrocchia di Albugnano e il chiostro utilizzato addirittura come granaio. Ciononostante, la Canonica di Santa Maria di Vezzolano conserva pregevoli elementi artistici e un fascino senza tempo che ne fanno una tappa imprescindibile in un viaggio fra Langhe, Roero e Monferrato.

Catacombe dei Cappuccini

Durante il suo Grand Tour, Guy de Maupassant ebbe modo di fermarsi qualche tempo anche a Palermo, diventando un vero estimatore delle tante bellezze artistiche del capoluogo siculo. Fra i luoghi che più apprezzò ci fu il cinquecentesco Convento dei Cappuccini, situato nel quartiere Cuba e annesso alla Chiesa di Santa Maria della Pace. Lo scrittore francese raccontò di essere rimasto impressionato dallo spettacolo macabro nel sotterraneo del convento: qui si trovano infatti le famose catacombe, con migliaia di cadaveri esposti – si dice siano circa 8.000 – in gallerie scavate alla fine del ‘500 in stile gotico, a formare un ampio cimitero sotterraneo.

Per scoprire questa Palermo “underground” basta prenotare una visita al Convento dei Cappuccini. Percorrere i lunghi corridoi delle catacombe è un viaggio nell’Ade: le mummie sono disposte in piedi o coricate, vestite di tutto punto, divise per sesso e categoria sociale. Prelati, ufficiali dell’esercito, commercianti, borghesi nei loro vestiti “buoni”, giovani donne vergini con il loro abito da sposa, intere famiglie e purtroppo anche molti bambini e infanti. Lo spettacolo della vita che va in scena nel regno dei morti.

Abbazia di Fossanova

Priverno, Annus Domini 1208. Nella campagna attorno a questo piccolo vicus in provincia di Latina, in quell’anno sorgeva la monumentale Abbazia di Fossanova, uno dei primi esempi di architettura gotico-cistercense in Italia e uno dei meglio conservati. Per costruirla ci vollero ben 45 anni, partendo dai resti di un preesistente monastero benedettino datato al VI secolo, a sua volta eretto nelle vicinanze di una villa romana del I secolo a.C., ancora visibile davanti alla chiesa.

L’intero impianto ruota attorno al chiostro, fulcro della vita monastica di un tempo ma anche della comunità di frati minori conventuali che oggi ancora vi risiedono. Da qui si accede a refettorio, dormitorio, cucina e “shop” dei prodotti realizzati dai monaci, oltre che alla Chiesa di Santa Maria, dove si notano il magnifico rosone della facciata, il tiburio e i capitelli finemente scolpiti.

Abbazia di Montecassino

Le tre tastiere e le 5200 canne dell’organo settecentesco dell’Abbazia di Montecassino funzionano perfettamente, come fossero nuove, tanto quanto le 82 sedute intarsiate del coro ligneo poste attorno all’altare centrale. E questo grazie alla meticolosa opera di restauro che ha interessato tutto l’immenso complesso edilizio, raso al suolo dai bombardamenti degli Alleati nel 1944.

Un luogo che nei suoi 1500 anni di vita è stato duramente colpito più e più volte, per esempio nel 570 dal saccheggio dei Longobardi e nell’883 da quello dei Saraceni. Eppure, ogni volta, la prima abbazia fondata da San Benedetto nel 529 è risorta dalle proprie ceneri, arrivando a noi intatta nella sua bellezza architettonica, oggi custode di un immenso patrimonio di antichissimi manoscritti, codici miniati, incunaboli, paramenti liturgici, oreficerie sacre e persino di opere pittoriche di Sandro Botticelli, Luca Giordano e Pietro Annigoni.

Tesori portati in dono da duchi, principi, re, imperatori e pontefici, poi messi in salvo dalle truppe tedesche poco prima dell’attacco aereo, che per settimane li trasportarono in Vaticano in gran segreto, e infine riportati qui al termine del restauro. Una storia travagliata quanto ricca di colpi di scena, consacrata alla Regola benedettina dell’”Ora et labora”, e poi riconsacrata nel 1964 da Papa Paolo VI con queste parole: “Pace a questa casa e a tutti quelli che ne hanno dimora. Qui la pace troviamo, come invidiato tesoro nella sua più sicura custodia”.

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