Nuraghe Albucciu

Lungo la SP 125 che partendo da Olbia risale verso Nord in direzione di Santa Teresa Gallura ci si può concedere una breve sosta nei pressi di Arzachena. Precisamente, a 2,5 km dall’abitato, si seguono le indicazioni per il Nuraghe Albucciu, immerso in un boschetto di olivastri e macchia mediterranea. Si tratta del classico protonuraghe a corridoio, con coperture tronco-ogivali a tholos, tecnica costruttiva realizzata con blocchi di granito, addossati con cura a un’imponente roccia che fa da parete.
Un luogo isolato dal mondo ancora oggi che nell’antichità serviva per la lavorazione del latte e dei cereali, la cottura del pane e di altri cibi, così come testimoniato da diversi reperti rinvenuti sia negli ambienti interni che sulla terrazza dell’edificio. Si vedano in particolare un pugnaletto a elsa gammata, una statuetta di offerente e un ripostiglio di bronzi, utili anche per datare il Nuraghe Albucciu tra la fine del Bronzo Medio e l’Età del Ferro (1400-650 a.C. circa).
La breve passeggiata che conduce da questo corpo centrale alla Tomba dei Giganti, posta a circa 80 metri, permette di attraversare l’area un tempo occupata da un villaggio di capanne, di cui si può ancora intuire la consueta conformazione circolare.

Santuario di Sos Nurattolos e Nuraghe Boddò

Punta Senalonga, in provincia di Sassari, è una meta dove si concentrano numerosi luoghi di interesse storico-archeologico. In primis, il santuario di Sos Nurattolos, il sito più importante del territorio di Alà dei Sardi: databile tra 1600 e 900 a.C., è un complesso sacro dedicato al culto delle acque che si articola in tempio a megaron circolare ben conservato, e in una grande capanna, anch’essa circolare e dotata di stanza d’ingresso e di una camera. A poca distanza, con una piacevole passeggiata nella macchia mediterranea, si trovano poi il nuraghe Boddò e il villaggio nuragico di su Pedrighinosu.

Parco Archeologico Naturalistico di Santa Cristina

Al km 115 della S.S.131 dell’oristanese, all’altezza di Paulilatino, si fa tappa al Parco Archeologico – Naturalistico di Santa Cristina, 14 ettari di olivi secolari e macchia mediterranea dove si scorgono il pozzo sacro di Santa Cristina, considerato uno dei più importanti monumenti del patrimonio archeologico religioso della Sardegna nuragica, un interessante villaggio nuragico con nuraghe monotorre datato al XVI sec. a.C. e un villaggio di epoca cristiana. La tecnica edilizia del tempio a pozzo risale al XII sec. a.C., e come tale è uno dei più straordinari esempi di opera architettonica di quel periodo, composto da un vestibolo (dromos), un vano scala e una camera ipogeica a “tholos”. Il tutto circoscritto da una cinta muraria perimetrale (themenos), lambita dai resti del villaggio, in cui si emergere la “capanna delle riunioni”, con un sedile in pietra dall’andamento circolare.

Di forma circolare è anche il nuraghe Santa Cristina, alto circa 6 metri e con un breve corridoio che introduce nella camera principale, anch’essa tonda, coperta da una falsa cupola (tholos) perfettamente conservata. Attorno al nuraghe si sviluppa un vasto villaggio, frutto di una serie di sovrapposizioni di epoche diverse: due le capanne principale, una lunga 14 metri, integra, l’altra priva della copertura. La visita del Parco Archeologico – Naturalistico di Paulilatino comprende il santuario cristiano che ospita la piccola chiesa campestre di Santa Cristina, voluta dai Camaldolesi in epoca medioevale, che trova nella seconda domenica di maggio e nella quarta domenica di ottobre i suoi due momenti clou: il primo vede svolgersi le celebrazioni per la festa in onore di Santa Cristina, il secondo quella in onore dell’Arcangelo Raffaele.

Area Archeologica di Tharros

A Cabras, nell’oristanese, ci si va per praticare escursionismo naturalistico nel grande stagno dove stanzia una colonia di fenicotteri rosa, ma anche per ammirare uno dei rari siti archeologici affacciati sullo splendido mare della Sardegna. Fondata sulla penisola del Sinis nell’VIII secolo a.C. e abbandonata nell’XI d.C., Tharros è stata nei secoli insediamento nuragico, emporio fenicio, fortezza cartaginese, urbs romana, capoluogo bizantino e capitale arborense. Oggi è un’Area Archeologica di grande fascino, delimitata da un lato dall’istmo di Capo San Marco e dall’altra dai colli della borgata di San Giovanni di Sinis e di su Murru Mannu. Proprio sulla sommità del colle si trovano i resti più antichi, quelli del villaggio nuragico abbandonato già prima dell’arrivo dei fenici. Tracce di nuraghi sono state rinvenute anche sul promontorio di San Marco e nei pressi della Torre di San Giovanni, mentre risalgono all’età punica due necropoli e un tophet, santuario cimiteriale con resti di neonati e animali sacrificati. Se qui i corpi erano incinerati, con l’arrivo dei Cartaginesi si iniziò a praticare l’inumazione, come attestato da alcune sepolture a fossa e tombe ‘”a camera” segnalate da steli con immagini delle divinità Baal Hammon e Tanit. E proprio dalle necropoli derivano la maggior parte dei reperti, quali manufatti dei corredi funebri composti da ceramiche, gioielli, amuleti, scarabei.

Sulla collina di San Giovanni era collocato il quartiere di Tharros cosiddetto di Montiferru, dove si concentravano le botteghe di fabbri e da cui partivano le mura difensive della città fortificata. La città, prima di cadere sotto il dominio romano nel 238 a.C., mostrava numerosi edifici civili e sacri, e fra quest’ultimi c’è il “tempio delle semicolonne doriche”, in parte smantellato in età imperiale per lasciare spazio a un nuovo santuario. Del tempietto K, costituito da portico e altare con cornice a gola egizia, si notino i due blocchi con incise lettere semitiche provenienti da un precedente edificio punico, e di ciò che era un suggestivo tempio tetrastilo affacciato sul mare le uniche due colonne rimaste in piedi, frutto di un passato tentativo di ricostruzione. Il cattivo stato di conservazione di tutti questi monumenti si deve in particolare a un fattore: a un certo punto, divennero la “cava” cui attingere gli elementi e i materiali architettonici per la costruzione della Chiesa di Santa Giusta.

In età imperiale, l’urbs assunse la classica configurazione ortogonale dovuta alla centuriatio, con un articolato sistema fognario e con strade a perpendicolo lastricate e imperniate su cardo e decumano. Nel III d.C., Tharros si arricchì di un acquedotto, il castellum aquae, e di tre impianti termali a ridosso del mare, che nell’alto Medioevo furono utilizzati come sepolture bizantine. Anche le aree funerarie furono modificate secondo l’uso dell’Antica Roma: tombe “alla cappuccina”, inumazione in anfore, mausolei, sarcofagi e così via. I ricchi corredi funebri, così come quanto era rimasto a lungo a decoro dei monumenti, fu depredato prima dai saraceni e poi, dal XVII secolo, dai cercatori di tesori. Per fortuna, parte di questo ingente “bottino” è finito al British Museum di Londra, parte nei musei archeologici di Cabras e Cagliari e nell’Antiquarium arborense di Oristano. Dall’800 in poi sono stati realizzati scavi scientifici, tuttora in corso, che non hanno mai smesso di aprire nuove finestre sul passato lungo e ricco di questa città dalla mille vite e volti.

Parco Archeologico di Iloi

Ad appena 2 km dal borgo di Sedilo, nell’oristanese, si può visitare il Parco Archeologico di Iloi, posto su una collina di 270 metri di altezza che domina l’antica valle del fiume Tirso e il Lago Omodeo. Al centro del sito si erge il nuraghe complesso con tre torri e corpo trapezoidale, realizzato in più fasi, fino al Bronzo finale. Tutt’attorno si sviluppa l’abitato con numerose strutture circolari, alcune delle quali con funzione cultuale, e due Tombe di Giganti, con corpo centrale absidato, corridoio funerario coperto e prospetto a esedra.
A circa 300 metri dai resti nuragici, si possono riconoscere anche le tracce di 33 domus de janas, che formano la necropoli di Ispiluncas, scavata nel tufo nel Neolitico finale. Le domus sono in parte pluricellulari, in parte monocellulari: ne sono un esempio la “tomba 2”, articolata in 13 ambienti e con tracce di pittura rossa, segno di una certa cura estetica, e la “tomba 3”, con un ambiente centrale quadrangolare attorno al quale si dispongono i vani secondari. Entrambe le sepolture sono state impiegate fino all’alto Medioevo.

Il Parco di Iloi è solo una delle attrattive del borgo di Sedilo, al centro di un’area di grande interesse naturalistico: il Lago Omedeo è infatti meta ideale per escursioni di trekking e per la pratica della canoa. Non solo. Qui si trova anche il Santuario di San Costantino, che ogni anno a luglio fa da sfondo alla giostra equestre dell’Ardia, e che nel resto dell’anno, avvolto nel silenzio di una natura incontaminata, torna ad accogliere pellegrini nelle numerose cumbessias, gli alloggi destinati all’accoglienza.

Nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu

Possedere un sito archeologico non è cosa comune, e ciò fa del Nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu un unicum assoluto, dell’oristanese e della Sardegna tutta. Parte del nuraghe è infatti stato donato allo Stato agli inizi del Novecento, ma parte è ancora di proprietà privata. Ancora, perché nella realtà il Comune di Villanova Truschedu sta ultimando le pratiche per acquisirlo e trasformarlo in un parco archeologico e naturalistico aperto al pubblico. Nel frattempo, non resta che ammirare ciò che è stato riportato alla luce dagli scavi eseguiti intorno al 1915 da Antonio Taramelli, e poi ripresi nel 1991-92 dalla Soprintendenza Archeologica per le province di Cagliari e Oristano. Risale invece al 2006 il cantiere sostenuto dal Comune di Villanova Truschedu per eseguire opere di sistemazione e valorizzazione. In particolare, con gli scavi degli anni Novanta sono stati recuperati numerosi reperti oggi conservati all’interno del complesso del nuraghe Losa di Abbasanta.

Una visita del sito permette di apprezzare la struttura complessa del nuraghe, composto da diverse strutture: un corpo principale, un cortile scoperto, una torre secondaria e una principale. Entrambe le torri presentano due camere circolari coperte con volte a cupola, e la più grande della torre maggiore, con un diametro di quasi 7 metri, è fra le più vaste della Sardegna. Il nuraghe Santa Barbara si trova al centro di un insediamento sorto in età nuragica e abitato fino al periodo altomedievale, come ricorda il nome stesso, allusivo della presenza di una chiesa di età bizantina o anche successiva. Fra la vegetazione selvaggia si può infine scorgere la traccia di un’imponente muraglia costruita con blocchi di grandi dimensioni, che un tempo difendeva l’intero abitato.

Nuraghe Cuccurada

Mogoro è un borgo dell’oristanese noto per la produzione di ottimi vini e tessuti artigianali, oltre che per la natura rigogliosa e selvaggia che lo circonda. Qui, immerso nella macchia mediterranea si trova il Parco Archeologico di Cuccurada, arroccato sullo sperone roccioso noto come Sa Struvina: la vista spazia dalla valle del rio Mogoro al mare della Costa Verde, attraverso Campidano e i monti Arci, Arcuentu e Linas. Un panorama che apre il cuore e predispone alla scoperta delle vestigia antiche riportate alla luce grazie a una dozzina di campagne di scavo tuttora in corso: una muraglia megalitica, una struttura ciclopica a pianta ellittica, un nuraghe dalla struttura complessa e inconsueta e i resti di capanne nuragiche sovrapposte a un più antico insediamento eneolitico, risalente cioè alla seconda metà del III millennio a.C.. A fare di Cuccurada un sito “speciale” è proprio la sovrapposizione di varie culture in un lasso di tempo amplissimo che parte dalla cosiddetta cultura di San Michele di Ozieri, datata al Neolitico finale (3200-2800 a.C.).

Un cosiddetto protonuraghe del XX-XIV a.C., ossia l’edificio primitivo “a corridoio”, fa da base al nuraghe con la funzione di fortezza, inglobato poi in una sorta di bastione con quattro torri perimetrali, raccordate da mura rettilinee che chiudono un vasto cortile interno. Gli scavi effettuati nel cortine hanno svelato un unicum in tutta la Sardegna: la presenza di capanne all’interno delle mura, coeve di quelle extra perimetrali, risalenti forse al Bronzo finale, ma costruite su strutture precedenti utilizzando conci del nuraghe stesso. Risale invece alla fine del III millennio a.C. la poderosa muraglia megalitica che circonda tutto il sito. La visita del Parco Archeologico di Cuccurada trova la sua estensione nel Museo Archeologico di Cagliari, allestito nel seicentesco Convento del Carmine di Mogoro: qui sono infatti conservati i molti reperti rinvenuti durante gli scavi, quali
scodelle, ciotole e tegami, reperti litici, fusaiole per la filatura, e un piccolo ‘bottone’ in bronzo, raffigurante una dinamica scena di caccia.

Nuraghe Izzana

Lungo la Strada Statale 74 che transita da Aggius verso Trinità d’Agultu, in provincia di Sassari, si trova il Nuraghe Izzana, databile tra la fine del Bronzo antico e il Bronzo finale, ad oggi una delle strutture nuragiche più maestose e particolari della Gallura. Grandi massi di granito dalle curiose forme antropomorfe conducono nel cuore della Valle della Luna – nota per la sua bellezza selvaggia e per le grotte scavate da vento e acqua – dove si erge la torre del nuraghe, possente e formata da blocchi di granito appena sbozzati e disposti in filari irregolari. La struttura ha vari ingressi, che portano tutti alla camera a tholos, che fanno pensare a una serie di rimaneggiamenti succedutisi nel tempo.

Area di Sa Carcaredda

L’Area di Sa Carcaredda si articola in una serie di monumenti, e precisamente un tempio, un villaggio e quattro tombe dei giganti. Situato in località “Funtana ‘e Binu”, non lontano dal lago dell’alto Flumendosa, il sito archeologico si colloca al confine tra l’Ogliastra e la Barbagia, in un territorio spesso sconosciuto anche agli habitué della Sardegna perché lontano dalle rotte turistiche. Il tempio è un raro esempio di struttura nuragica: una volta, al centro dell’edificio si ergeva il consueto focolare rituale realizzato con piccoli blocchi di calcare rivestiti da uno strato di argilla, cui si sovrapponevano altri blocchi di calcare, legati fra loro da grappe in piombo. Non mancano gli abbellimenti estetici: decorazioni incise che simulano un nuraghe quadrilobato caratterizzano la parte esterna, mentre bronzi votivi e strumenti d’uso quotidiano sono un regalo inaspettato del passato rinvenuto fortuitamente in scavi recenti.

Area di S’Arcu ‘e is Forros

Il culto degli antenati e delle divinità delle acque era l’elemento portante dell’Area sacra di Sa Carcaredda, come testimoniano gli straordinari reperti rinvenuti all’interno del tempietto circolare. Situato in località “Funtana ‘e Binu”, non lontano dal lago dell’alto Flumendosa, il sito archeologico offre la possibilità di scoprire un angolo si Sardegna pressoché sconosciuto, al confine fra Ogliastra e Barbagia. Esso si articola in una serie di monumenti, e precisamente un tempio, un villaggio e quattro tombe dei giganti.

Il tempio è un raro esempio di struttura nuragica: una volta, al centro dell’edificio si ergeva il consueto focolare rituale realizzato con piccoli blocchi di calcare rivestiti da uno strato di argilla, cui si sovrapponevano altri blocchi di calcare, legati fra loro da grappe in piombo. Non mancano gli abbellimenti estetici: decorazioni incise che simulano un nuraghe quadrilobato caratterizzano la parte esterna.

Skip to content