Portofino

L’immagine della padella gigante in cui friggono quintali di pesce sul lungomare di Camogli – momento clou dell’annuale Sagra del Pesce che si svolge a inizio maggio – è diventata negli anni un’icona della buona tavola della Liguria in generale e della provincia di Genova in particolare. Ma molte altre sono le manifestazioni in calendario in ogni stagione che celebrano tradizioni gastronomiche ed eccellenze del territorio ligure. Si veda per esempio, sempre a Camogli, la rassegna “Un Mare d’Olio”, una due giorni di incontri con i produttori, che permette di incontrare i migliori olivicoltori d’Italia, non solo locali.

Un punto di riferimento per chiunque scelga la Regione come meta delle proprie vacanze e abbia fra le sue passioni quella per il cibo è il network di “Liguria Gourmet”, che oltre a raccontare le migliori ricette locali, offre un’ampia selezione di ristoranti di qualità sparsi in ognuna delle quattro province.

Dolomiti Friulane

L’alimentazione nelle valli del Parco Naturale Dolomiti Friulane potrebbe essere definita un’economia circolare ante litteram. Perché da queste parti si è sempre vissuto di quello che offre la natura, in risorse agricole e animali, a cominciare dalla caccia, e dai proventi derivati dalla vendita dei suoi derivati, in particolare delle pelli dei capi cattura o allevati.
Questo passato più o meno lontano, fatto di grande semplicità ed economia domestica nel vero senso della parola, lo raccontano ancora molto bene i menu dei locali tradizionali, che non possono prescindere da certi piatti.

Primo fra tutti il Frico, formaggio fritto rosolato in un tegame insieme a cipolle e patate, ideale per accompagnare la polenta, o il ‘Suf, la versione locale con la consistenza quasi di un budino. O ancora il Petùt, fatto con acqua, farina di granoturco e frumento e abbondante strutto e poi infornato per la cottura, mentre lo Scòt è una polenta condita con aceto e salsiccia.
Se la Sòpa di brodo di carne, così come la zuppa di ortiche, è la minestra che accompagna la classica cena invernale, il Pestìch è a base di rape bianche macerate in acqua e sale e cotte con aglio, cipolla, burro e salame nostrano, da gustare con lo Scòt. Anche le erbe spontanee dei campi e gli ortaggi hanno il loro posto d’onore sulle tavole friulane: si inizia in primavera con l’insalata di tarassaco e lardo, e con la frittata di erbe, quali Silene vulgaris, turioni di pungitopo, tarassaco e ortica, poi si gusta il risotto con la “fava cornigia” (Silene vulgaris), e si prosegue in autunno con la purea di zucca e fagioli.

Fra i prodotti locali a base di carne, escludendo la bresaola, regina è sicuramente la Petuccia, detta anche Pitina o Peta. Nei mesi autunnali e invernali, le carni ovine e caprine o da selvaggina venivano sminuzzate finemente con un coltello dentro un ceppo di legno incavato, e poi condite con sale, pepe, aglio e aromi naturali come il finocchio selvatico o altre erbe aromatiche. Dall’impasto si ricavavano polpette che, passate nella farina di mais andavano poi poste nella cappa del camino ad essiccare per circa una settimana. Ancora oggi è possibile gustarla in diversi paesi del Parco. Infine, un tocco di dolcezza lo dà il pane dolce, la più semplice ma gustosa ricetta per finire un pasto, o per una merenda veloce e sana. Latte per inzupparlo, uova per friggerlo e zucchero per caramellarlo, et voilà!

Borgo di Badolato

Negli oltre mille anni della sua storia, il borgo di Badolato ha trascorso molte vicissitudini, da quelle positive che l’hanno visto nel 1080 emergere come possedimento del Duca di Calabria Roberto il Guiscardo, fino a diventare baronia dei Toraldo nel 1454, per poi vederlo colpito da una serie di terremoti, ben tre dal 1640 al 1783, e persino da un’alluvione nel 1951 e dal conseguente spopolamento.

Ciononostante, questo borgo rimane arroccato alle sue rocce che guardano verso la bella Costa dei Gelsomini dello Ionio, così come alle sue tradizioni, fra cui spicca quella dei caratteristici Catoj, le cantine delle case medievali riportate di recente a nuova vita. Oggi sono infatti un luogo riservato all’accoglienza genuina e spontanea di cui la Calabria è capace, dove è possibile gustare i piatti della cultura locale che ripescano dal lungo passato del borgo e più in generale della Regione, attingendo dalla dispensa prodotti di stagione e a chilometro zero.

Ciociaria

Sulla tavola di Federico II di Svevia, nei calici dei Papa di Anagni e prima ancora degli Antichi Romani c’era spesso un vino, il Cesanese, vitigno originario del piccolo borgo di Affile e da secoli portabandiera dei molti prodotti enogastronomici della Ciociaria. Una terra ricca anche di storia, arte e natura, apprezzabili nel corso di un’escursione lungo la Strada de Vino Cesanese, creata nel 2006 proprio per valorizzare le tante bellezze e bontà di una zona più che generosa. Con essa, oltre al vino, rappresentato anche dalla Passerina del Frusinate, si celebrano pure l’oliva Rosciola e il pecorino di Piglio, borgo arroccato sul monte Scalambra a 620 metri di altezza, belvedere che spazia dalla valle del fiume Sacco ai verdissimi Monti Lepini, e che nella prima domenica di ottobre ospita la Sagra dell’Uva Cesanese. La Strada, che inizia ad Anagni e termina a Paliano, è un continuum di cantine, aziende agricole e norcinerie, buone per l’assaggio anche di confetture, miele, salumi e formaggi, pregiate carni di maiale nero e latte d’asina.

Menzione a parte meritano i tanti formaggi ciociari, dagli aromi particolarmente intensi: le ricotte, di latte di capra e ovino, servite come un tempo nel classico cestino di vimini rivestito di foglie di fico; le Marzoline di capra; il Gran Cacio di Morolo, caciocavallo affumicato; il Pecorino di Piglio e Ferentino; e la prelibata Mozzarella di Bufala D.O.P. di Amaseno, che pur essendo in provincia di Frosinone, gode della denominazione ottenuta dalla “sorella” campana, estesa anche i vicini comuni di Giuliano di Roma, Villa S. Stefano, Castro dei Volsci, Pofi, Ceccano, Frosinone, Ferentino, Morolo, Alatri, Castrocielo, Ceprano e Roccasecca. Un prodotto tanto rappresentativo della zona da diventare protagonista di una sua “via del gusto”: la Strada della Bufala è la realizzazione di un itinerario sulla filiera bufalina, il cui fine è sostenere e valorizzare le eccellenze agroalimentari, rurali e paesaggistiche dell’area geografica della Ciociaria e dell’Agro Pontino.

Terre di San Valentino

Che febbraio sia il mese di San Valentino lo si sa. E a Terni, città natale del “santo protettore degli innamorati”, è il momento clou dell’anno: il centro umbro ospita infatti il Terre di San Valentino Festival, evento di quattro giorni che vede svolgersi per le strade della cittadina spettacoli musicali, concerti e incontri culturali, oltre a una rassegna enogastronomica con circa 40 espositori fra produttori di vino, olio, dolci, salumi e formaggi del territorio.

Genova

Per la valorizzazione dei prodotti e piatti liguri di qualità sono stati varati numerosi progetti, che dalla versione offline hanno poi trovato anche la loro dimensione online, con portali dedicati per facilitare la scoperta del territorio. Si veda per esempio Genova Gourmet, realizzato dalla Camera di Commercio del capoluogo di Regione, che comprende Bartender Genova Gourmet, Ristoranti Liguria Gourmet, prodotti a marchio Igp e Antichi Ortaggi del Tigullio. Fra quest’ultimi non si può prescindere dal pesto genovese, realizzato esclusivamente con il basilico di Bra, cui seguono le acciughe sotto sale del Mar Ligure, la focaccia di Recco con il formaggio, e i vini Dop e Igp.

Monti Lepini

Kiwi Igp, carciofo romanesco Igp e mozzarella di bufala Dop sono tre dei 150 prodotti tutelati dall’Unione Europea con marchi di qualità coltivati nelle campagne dei Lepini, in provincia di Latina. Un’area dal vasto patrimonio enogastronomico, che va ad aggiungersi alle risorse storiche, architettoniche, tradizionali e ambientali di cui la zona può far vanto. A questi si possono aggiungere il prosciutto di Bassiano, i carciofini di Priverno, il pane di Sezze, i dolci di Cori, i tartufi di Carpineto, il marrone di Segni e l’olio di Sonnino.

I Monti Lepini costituiscono il settore settentrionale della catena dei Volsci, a ridosso della costa laziale, e sono delimitati dalla pianura pontina a Occidente e dalla valle Latina a Oriente, poi dai Colli Albani a Nord e dalla Valle dell’Amaseno a Sud, per una superficie totale di circa 880 kmq. Essi si suddividono in due dorsali montuose separate da una profonda valle che da Montelanico sale fino a Carpineto Romano per poi ridiscendere verso Maenza. Il territorio dei Monti Lepini, per quanto vasta come area, è accomunato da una certa omogeneità storica e culturale, tanto che i comuni di Artena, Bassiano, Carpineto Romano, Cori, Gorga, Maenza, Montelanico, Norma, Priverno, Prossedi, Rocca Massima, Roccagorga, Roccasecca dei Volsci, Segni, Sermoneta, Sezze, Sonnino hanno deciso di riconoscersi sotto il marchio “Lepini” per promuovere e valorizzare le molte ricchezze della loro terra.

Alta Valle dell’Aniene

La pellicola di “Lo chiamavano Trinità”, anno 1970, vede i giovanissimi Terence Hill e Bud Spencer vestire i panni di autentici cowboy in un territorio che pare vero Far West. Pare, perché in realtà si tratta di una delle valli più suggestive del Lazio, l’Alta Valle dell’Aniene, in provincia di Frosinone. Fra cime montuose, boschi, praterie, vegetazione e zone carsiche sorge Camerata Vecchia, borgo abbandonato da quel lontano 9 gennaio 1859 in cui un incendio distrusse gran parte dell’abitato. Da lì nacque Camerata Nuova, poco più a valle, che si sviluppa intorno alla piazza centrale, con palazzi in cui si riconoscono elementi architettonici come davanzali e cornici cinquecenteschi frutto di un sapiente recupero di quel poco che si era salvato a Camerata Vecchia.

Di questa zona del Lazio si conoscono soprattutto formaggio, arrosticini e braciole, derivati da un intensivo allevamento di bestiame, base di una cucina genuina e ricca di tradizione. Ne sono un esempio i ravioli dolci cameratani farciti con ricotta e conditi con sugo di pecora e le sagne ‘npezze, un formato di pasta tipica, e la carne cotta alla brace, o ancora il caciofiore, un formaggio a pasta morbida realizzato con latte ovino e il pecorino locale più saporito, stagionato dai 3 ai 12 mesi.

Per assaporare quanto di meglio produce il territorio, c’è l’annuale Sagra della Braciola, una manifestazione nata per ricordare l’incendio del 1859: il 9 gennaio, giorno del funesto anniversario, su una graticola gigante si cucinano braciole di castrato in quantità, da distribuire a tutti i visitatori.

Rieti

Specialità, specificità ed eccellenza territoriale sono i criteri che connotano i molti prodotti enogastronomici della provincia di Rieti, premiati da numerosi riconoscimenti, quali i marchi IGT e DOP. Tra i prodotti tipici c’è lo straordinario olio DOP della Sabina, condimento ideale per piatti rustici e genuini, di cui gli spaghetti alla amatriciana sono un vero vessillo. Altri primi da gustare sono il farro al tartufo di Leonessa, gli strengozzi alla reatina, i marroni e gli stracci di Antrodoco, le fregnacce alla sabinese, i fagioli di Borbona e le sagne scandrigliesi. Trote e gamberi insaporiti con mille salse rientrano fra i secondi di pesce, mentre fra i derivati degli allevamenti di terra troviamo il pecorino, fresco o stagionato, e la ricotta, in particolare il “fiore molle” di Leonessa allo zafferano. I legumi sono fra gli ortaggi immancabili, ingrediente di zuppe gustose. Il borgo di Antrodoco è invece rinomato per l’Omento di maiale, nel dialetto locale, un tipico prodotto di carne suina, con interiora aromatizzate con erbe, peperoncino e aglio. A fine pasto, non mancano mai dolci quali i terzetti alla reatina, la copeta (noci e miele tra foglie di lauro) e la pizza di Pasqua, da farcire a piacere.

Caratteristico del reatino, e in particolare nel paese di Contigliano, è anche il liquore di Genziana, infusione enoalcolica, alcool e vino bianco, derivata dalla radice essiccata della genziana aromatizzata con chiodi di garofano, cannella e ginepro. Ha un gusto piuttosto amaro e colore giallo paglierino.
Sempre in tema bevereccio, questa è la terra dei vini denominati Colli della Sabina Doc, suddivisi in Bianco, Bianco Spumante, Bianco Frizzante, Rosso e Rosso Frizzante.

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