Borgo di Arcevia

I 535 metri di altitudine della collina detta Monte Cischiano su cui sorge Arcevia, nell’anconetano, la rendono fresca anche nel periodo estivo, come si conviene a questa zona pre Appennino Umbro-Marchigiano. I tesori emersi dal suo sottosuolo raccontano di un territorio abitato sin da epoche remote: il sito in località Ponte di Petra risale addirittura a 20.000 anni a.C. Le invasioni celtiche dei Galli Senoni, i domini romano, bizantino e longobardo hanno fatto il resto, arricchendo il territorio di importanti lasciti culturali e architettonici, cui si aggiunge una leggenda che racconta la fondazione del borgo da parte dei franchi al seguito di Carlo Magno. Ne è traccia l’intitolazione della Chiesa Collegiata a San Medardo, anticamente molto venerato oltralpe. Arcevia, proprio in quanto zona di confine fra longobardi, bizantini e franchi, fu più volte ingrandita e potenziata, soprattutto nel periodo del dominio degli Sforza, con l’aggiunta di cinta muraria, porte e rivellini, diventando inespugnabile e perciò ribattezzata Roccacontrada Libero Comune. Nel 1500 avvenne un ulteriore cambio di scena, venendo annessa allo Stato Pontificio.

La sua peculiarità è oggi quella di essere un Comune diviso in 18 frazioni con 9 castelli medievali, per lo più ben conservati e di gran fascino, collegati dal cosiddetto Itinerario dei 9 Castelli di Arcevia”. Nel centro storico del borgo si visitano anche il Museo Archeologico Statale, il Teatro Misa, gioiello della metà dell’800, e i Giardini Giacomo Leopardi, da cui si gode un bellissimo e ampio panorama sulle colline circostanti.

Gerace Cattedrale

L’8 settembre 2018, la Cattedrale di Gerace, detta anche Basilica di Santa Maria Assunta, è stata nominata Basilica Minore, ma già prima era evidente all’occhio la sua importanza. Architettonicamente, per esempio, è fra le più imponenti e belle costruzioni di epoca normanna della Calabria – di cui è considerata un autentico modello -, nonché la più ampia chiesa romanica dell’Italia Meridionale, tanto da essere stata dichiarata “bene di interesse nazionale”. Lo stile composito assomma elementi decorativi e strutturali di varie epoche, in particolare bizantino-romanico-normanne. Iniziata nel 1045 su una preesistente struttura sacra dedicata all’Ajia Kiriaki (Santa Ciriaca), fu consacrata nel 1222. Fra le curiosità che si possono notare c’è quella delle due absidi poste l’una accanto all’altra, simmetria dovuta a due eventi sismici che costrinsero gli ingegneri a rivederne l’impianto. Sulla pianta a croce latina si innestano tre grandi navate separate da due file di dieci colonne, scanalate o lisce, tutte diverse fra loro perché recuperate da ville antiche situate lungo la costa. Stessa origine hanno anche le 26 colonne che scandiscono lo spazio della cripta di epoca normanna, a croce greca. La discesa alla cripta consente di scoprire anche altri due gioielli: la Cappella della Madonna dell’Itria, con uno splendido pavimento in maioliche geracesi, e la Cappella di San Giuseppe, che ospita il Museo Diocesano del Tesoro della Cattedrale.

Gerace Chiesa di San Francesco D’Assisi

Insieme alla Cattedrale, o Basilica di Santa Maria Assunta, la Chiesa di San Francesco d’Assisi di Gerace è stata dichiarata “bene architettonico” di interesse nazionale e rappresenta un importante edificio in stile gotico non solo del reggino, ma della Calabria tutta. Situata sulla “piazza delle tre chiese” del borgo medioevale, dietro a una facciata piuttosto spoglia nasconde interni ricchi di opere di grande valore. A cominciare dall’altare maggiore seicentesco, in marmi policromi intarsiati, uno dei migliori documenti del Barocco in Calabria. Sempre in marmi policromi è anche l’arco trionfale, opera barocca del frate Bonaventura Perna, nativo del luogo. Si devono invece a ritrovamenti più recenti una serie di antichissimi sarcofagi, disposti lungo le navate laterali.

Castello di Lanciano e Museo Maria Sofia Giustiniani Bandini

Unica per decorazioni, mobilio, quadreria e opere in generale, la “dimora-museo” del Castello di Lanciano a Castelraimondo, in provincia di Macerata, è una di quelle tappe che meritano una deviazione. Lunga e articolata la sua storia di “villa suburbana” e “casino delle delizie” che già a suo tempo aveva ammaliato Isabella d’Este Gonzaga, nota esteta e committente di numerosi capolavori rinascimentali: a volerne la costruzione fu nel 1488 Giovanna Malatesta da Varano, nel luogo medesimo di una precedente fortificazione medievale, poi riprogettata nella seconda metà del ‘700 dal grande architetto camerte Giovanni Antinori. Al suo interno ospita oggi anche il Museo Maria Sofia Giustiniani Bandini, a sua volta parte della Rete dei Musei Civici e Diocesani del territorio camerte, che comprende il Museo di Visso, il Museo diocesano “Giacomo Boccanera” di Camerino e la Pinacoteca e Museo Civici di Camerino, dal dicembre 1997 allestiti nel complesso conventuale di S. Domenico.
Dei quattro musei, quello dedicato alla Bandini è il più vasto e caratteristico, giovando anche della bellezza del prestigioso “contenitore”, il Castello di Lanciano appunto, immerso tutt’oggi in un parco secolare, attraversato da corsi d’acqua derivati dal Potenza.

Laceno d’Oro

Bagnoli Irpino, 1959. Pier Paolo Pasolini e Camillo Marino fondano il primo festival dedicato al “cinema del reale” in Italia. Nasce l’evento che da lì a breve diventerà il Festival Internazionale del Film “Laceno d’Oro”, con un chiaro imprinting che mette al centro i problemi sociali, stimolando il dibattito e l’approfondimento, ma spesso rimanendo fuori dai circuiti della grande distribuzione.

Da allora, il festival prevede ogni anno a dicembre la proiezione di opere significative del cinema indipendente e di ricerca, oltre a una serie di iniziative collaterali in grado di attrarre un pubblico molto trasversale, per età e cultura.

Museo Archeologico Statale di Arcevia

Si viaggia indietro nel tempo, dalla preistoria all’età romana, visitando il Museo Archeologico Statale di Arcevia, borgo dell’anconetano con un territorio che numerose campagne di scavo hanno dimostrato essere stato abitato sin da epoche remote. Si va dai reperti dei siti paleolitici di Ponte di Pietra e Nidastore, del villaggio fortificato eneolitico di Conelle, degli insediamenti di Cava Giacometti, sfruttato dal Neolitico all’Età del bronzo, e di Monte Croce Guardia, quest’ultimo in particolare oggetto di scavi dell’università La Sapienza di Roma e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche.

Grazie proprio a quest’ultima, in collaborazione con il Comune di Arcevia, nel 1996 è stato possibile inaugurare il Museo Archeologico in una location di tutto rispetto, accanto al suggestivo Chiostro di San Francesco. Il percorso espositivo comprende anche i corredi di nove tombe della famosa necropoli gallica di Montefortino, ricchi di oreficerie, statuette votive, ceramiche e bronzi di origine etrusca..

Il Polo Museale di Cirò

Sono ben tre le esposizioni che compongono il Polo Museale di Cirò, attrazione culturale sui generis nel panorama turistico della provincia di Crotone. Questa la sequenza dei temi trattati: si comincia dalle sale dedicate a Luigi Lilio, con la riproduzione dei documenti che ricostruiscono la riforma del Calendario Gregoriano, affiancati da una mostra permanente multimediale incentrata sull’astronomia antica. Il percorso prosegue virando sul tema dell’alchimia e sulla figura di Giano Lacinio, alchimista francescano orgoglio di Cirò, dove nacque nel Cinquecento. Altra mostra permanente e altra virata varcando la soglia del Museo del Vino e della Società Contadina, dove macchinari d’epoca e beni e arredi della civiltà contadina raccontano di come si vinificava e si viveva un tempo nel territorio di Cirò.

Castello Carafa

Cirò è nota come la “Città del vino e del calendario” perché è “capitale” della zona d’origine della prima Dop calabrese – vale a dire del Cirò Dop – e perché diede i natali a Luigi Lilio, ideatore nel 1582 del calendario Gregoriano, che dopo 15 secoli sostituì quello promulgato nel 46 a.C. da Giulio Cesare. Cirò trova il suo centro nel Castello Carafa, posto nella parte alta del borgo antico. L’edificio, costruito fra il XIV e il XVI secolo, si evidenzia per la sua insolita pianta trapezoidale con torri circolati e un bastione pentagonale merlato, e per la corte interna la cui pavimentazione presenta un lastricato in pietra locale con un motivo a stella a nove punte circoscritto da un cerchio. Al piano superiore si sviluppano invece due appartamenti e altre stanze per la servitù.

Chiesa di Santa Maria de Plateis

Guardando la facciata della Chiesa di Santa Maria de Plateis di Cirò, in provincia di Crotone, si potrebbe pensare a un classico esempio di riuso di un edificio preesistente di origine greco-romana per via della presenza di quattro colonne corinzie. Invece, nulla di tutto ciò. Il principale edificio religioso di Cirò risale a epoca ben più tarda, al XIII-XIV secolo, a quando cioè i cittadini in fuga dalla Marina per via delle continue incursioni saracene, decisero di riparare più a monte, e qui si fermarono, costruendo la chiesa madre con uno stile composito. All’interno stupiscono il soffitto a cassettoni dipinto di azzurro e l’altare policromo, decorato da disegni floreali.

Torre Melissa

Senza la continua minaccia dei Saraceni, le coste della Calabria e del Sud Italia in generale sarebbero molto diverse, perché la loro frequenza determinò la nascita di fortilizi e costruzioni difensive un po’ ovunque che oggi costituiscono un elemento assai caratterizzante del paesaggio. Ne è un esempio la Torre Aragonese nei pressi del borgo di Melissa, nel crotonese, nota anche come Torre Melissa o Torrazzo, eretta nel XII secolo e caratterizzata da due dettagli architettonici che la rendono unica nel Mediterraneo: la struttura cilindrica troncoconica – con un diametro esterno di 26,50 metri contro i 10 della corte interna – e la raffinata decorazione merlata. La struttura imponente sembra più quella di un piccolo castello, tanto che nei secoli si è prestata a ospitare una residenza nobiliare, passata di mano in mano ai Signori locali. La torre è oggi ben conservata e ospita al suo interno il Museo della Civiltà Contadina. Una volta terminata questa full immersion nel passato, ci si può tuffare nelle acque azzurre della spiaggia sottostante, classificata Bandiera Blu come quella della vicina Cirò Marina, con cui condivide anche il territorio d’origine del vino Cirò Dop.

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