Borgo di Penne

C’è stato un momento del lungo passato di Penne in cui questo borgo pescarese, situato a uguale distanza tra il Mar Adriatico e il Gran Sasso, è stato l’antica capitale della popolazione italica dei Vestini. Da allora, mille vicissitudini storiche hanno modificato e arricchito di significato il tessuto urbano e il territorio, come rivelano le visite al Museo Archeologico G. B. Leopardi allestito nelle sale del Palazzo Vescovile, al Museo Civico Diocesano ricavato nella cripta del Duomo, al Museo di Arte Moderna e Contemporanea ambientato negli spazi tardo-cinquecenteschi di Palazzo De Leone, nei pressi del Duomo, e infine al Museo Naturalistico De Leone, situato nella Riserva naturale regionale Lago di Penne, in contrada Collalto.

Non c’è quindi da stupirsi che faccia parte dei “Borghi più belli d’Italia”. Oltre alle molte bellezze artistiche, Penne è la porta di accesso al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, immerso com’è nella Riserva naturale controllata Lago di Penne. Ciò ne fa una perfetta meta escursionistica per chi vuole praticare trekking, birdwatching, equiturismo e persino pesca sportiva presso l’Oasi Lago di Penne. Fra le passeggiate più piacevole c’è quella che conduce alla Chiesa e Convento Santa Maria in Colleromano, del XIV secolo, appartenuti prima ai Benedettini e poi agli Osservanti. Da notare come portale romanico, bestiario medievale, capitelli traforati, formelle e sculture sono opera di una scuola locale originaria di Atri, piccolo borgo medievale non lontano da qui. Sulla strada che conduce al lago di Penne, si può invece fare sosta presso la Chiesa barocca di Santa Maria del Carmine, con facciata settecentesca.

Museo Diocesano di Tropea

Sotto il portico del palazzo svevo che ospita il Museo Diocesano di Tropea ci sono cinque sculture marmoree provenienti da due situazioni distinte, San Pietro e San Paolo originariamente esposte nella vecchia Cattedrale barocca, e tre copie delle statue realizzate per il Duomo di Messina. Un’accoglienza solenne che ben introduce alle sale espositive dove si passano in rassegna cinque secoli di storia della Chiesa e dell’arte, grazie a una collezione di opere e suppellettili sacre in argento che coprono dal XIV al XIX secolo. Oltre che dalla Cattedrale, esse provengono anche dalle altre chiese ormai schiuse, creando una collettanea di grande varietà. Fra i pezzi più antichi e preziosi spiccano un pastorale in argento dorato e smalti del ‘400, un’icona del ‘500 raffigurante la Madre della Consolazione e un gruppo di opere settecentesche di cultura napoletana.

Museo Civico del Mare di Tropea – MuMaT

Tropea al centro del mondo, paleontologico e scientifico. Per un borgo di poco più di 6.000 abitanti riconosciuto nel mondo per le sue bellezze architettoniche e artistiche non è una cosa scontata. E invece proprio qui, su un promontorio a picco sul mare Tirreno, ecco il MuMat, il Civico Museo del Mare allestito dentro al Palazzo Santa Chiara di Tropea, recuperato di recente insieme all’annesso Convento delle Clarisse.

Assai articolata e meritevole di menzione la storia dell’edificio originario: fondato nel 1261 per ospitare uno dei primi conventi dell’Ordine delle Clarisse in Calabria, fu riconvertito in residenza privata dopo il terremoto del 1783, e poi nel XX secolo in ospedale. Con l’apertura del museo, la chiesa è diventata l’auditorium, il refettorio e la cucina le sale espositive oggi custodi di reperti fossili e materiali provenienti dal territorio circostante e dalla costa.
Gestito dal Gruppo Paleontologico Tropeano, attivo da più di trent’anni nella zona, il MuMat ha avviato un programma di analisi dei reperti recuperati in collaborazione con istituti e studiosi di livello nazionale e internazionale, quali Daryl Paul Domning della Howard University di Washington, Nikos Solounias della American Museum of Natural History di New York, Lorenzo Rook dell’Università di Firenze, James Brink del National Museum Bloemfontein di Johannesburg.

Borgo di Pretoro

“Castrum Pretorii de Theti”. La toponomastica non mente mai, e infatti Pretoro sorge sui resti di un fortilizio posto nel V a.C. a guardia della valle e del Passo Lanciano – Maielletta, là dove oggi sorge un comprensorio sciistico. Ricostruito più volte, l’ultima delle quali nel Seicento, Pretoro è inserito nel circuito dei “Borghi più belli d’Italia”: vicoli, stradine strette, case scavate nella pietra, e un’infinità di gradini, 1407 in tutto, da percorrere fra chiesine, palazzi nobiliari e botteghe di piccoli artigiani dediti per lo più alla lavorazione del legno. Tornitori, scalpellini e intagliatori di mortai, setacci per la farina, strumenti per fare la pasta alla chitarra, cucchiai e forchette di legno.

Tre gli edifici religiosi da visitare. La chiesa di Sant’Andrea Apostolo, del XV – XVI secolo, la chiesa di San Nicola, romanica d’origine e poi rivista in chiave tardorinascimentale e secentesca, nota come chiesa di San Domenico, luogo di culto usato per le celebrazioni de Lu Lope (il lupo) e dei Serpari (i manipolatori di serpenti). E infine l’Eremo della Madonna della Mazza, di origine duecentesca o trecentesca, frequentato in estate e soprattutto la prima domenica di luglio, quando la Madonna viene riportata in processione qui, sui monti, dopo aver trascorso due mesi nella chiesa di Sant’Andrea.

Il territorio di Pretoro – primi Comuni in Italia a sperimentare un progetto di audioguide su telefonia mobile, tuttora attivo – è particolarmente vocalo per l’escursionismo. E’ infatti inserito nella Riserva Naturale Valle del Foro, creata nel 1997 come primo nucleo del Parco Nazionale della Maiella, e comprende la suggestiva area dei mulini rupestri, meta meritevole di una deviazione. A livello faunistico, l’area è inoltre dedicata al ripopolamento dei lupi.

Nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu

Possedere un sito archeologico non è cosa comune, e ciò fa del Nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu un unicum assoluto, dell’oristanese e della Sardegna tutta. Parte del nuraghe è infatti stato donato allo Stato agli inizi del Novecento, ma parte è ancora di proprietà privata. Ancora, perché nella realtà il Comune di Villanova Truschedu sta ultimando le pratiche per acquisirlo e trasformarlo in un parco archeologico e naturalistico aperto al pubblico. Nel frattempo, non resta che ammirare ciò che è stato riportato alla luce dagli scavi eseguiti intorno al 1915 da Antonio Taramelli, e poi ripresi nel 1991-92 dalla Soprintendenza Archeologica per le province di Cagliari e Oristano. Risale invece al 2006 il cantiere sostenuto dal Comune di Villanova Truschedu per eseguire opere di sistemazione e valorizzazione. In particolare, con gli scavi degli anni Novanta sono stati recuperati numerosi reperti oggi conservati all’interno del complesso del nuraghe Losa di Abbasanta.

Una visita del sito permette di apprezzare la struttura complessa del nuraghe, composto da diverse strutture: un corpo principale, un cortile scoperto, una torre secondaria e una principale. Entrambe le torri presentano due camere circolari coperte con volte a cupola, e la più grande della torre maggiore, con un diametro di quasi 7 metri, è fra le più vaste della Sardegna. Il nuraghe Santa Barbara si trova al centro di un insediamento sorto in età nuragica e abitato fino al periodo altomedievale, come ricorda il nome stesso, allusivo della presenza di una chiesa di età bizantina o anche successiva. Fra la vegetazione selvaggia si può infine scorgere la traccia di un’imponente muraglia costruita con blocchi di grandi dimensioni, che un tempo difendeva l’intero abitato.

Parco Archeologico di Iloi

Ad appena 2 km dal borgo di Sedilo, nell’oristanese, si può visitare il Parco Archeologico di Iloi, posto su una collina di 270 metri di altezza che domina l’antica valle del fiume Tirso e il Lago Omodeo. Al centro del sito si erge il nuraghe complesso con tre torri e corpo trapezoidale, realizzato in più fasi, fino al Bronzo finale. Tutt’attorno si sviluppa l’abitato con numerose strutture circolari, alcune delle quali con funzione cultuale, e due Tombe di Giganti, con corpo centrale absidato, corridoio funerario coperto e prospetto a esedra.
A circa 300 metri dai resti nuragici, si possono riconoscere anche le tracce di 33 domus de janas, che formano la necropoli di Ispiluncas, scavata nel tufo nel Neolitico finale. Le domus sono in parte pluricellulari, in parte monocellulari: ne sono un esempio la “tomba 2”, articolata in 13 ambienti e con tracce di pittura rossa, segno di una certa cura estetica, e la “tomba 3”, con un ambiente centrale quadrangolare attorno al quale si dispongono i vani secondari. Entrambe le sepolture sono state impiegate fino all’alto Medioevo.

Il Parco di Iloi è solo una delle attrattive del borgo di Sedilo, al centro di un’area di grande interesse naturalistico: il Lago Omedeo è infatti meta ideale per escursioni di trekking e per la pratica della canoa. Non solo. Qui si trova anche il Santuario di San Costantino, che ogni anno a luglio fa da sfondo alla giostra equestre dell’Ardia, e che nel resto dell’anno, avvolto nel silenzio di una natura incontaminata, torna ad accogliere pellegrini nelle numerose cumbessias, gli alloggi destinati all’accoglienza.

Santuario della Madonna dell’Elcina

La storia sulle origini del Santuario della Madonna dell’Elcina ad Abbateggio, in provincia di Pescara, assomiglia a quella di altri luoghi sacri sorti in Italia e non solo in seguito a una “visione”, ma in questo caso sarebbe avvenuta in tempi assai più remoti, ossia fra il XV e il XVI secolo. Questo l’evento mistico: due pastorelli muti di Abbateggio avrebbero visto in cima alla collina appena fuori dal borgo una Signora, ai piedi di un leccio, e un quadro che rappresentava la Madonna seduta su un albero con in braccio Gesù Bambino. La Signora avrebbe poi esortato i due a far costruire una chiesa proprio in quel punto. Gli abitanti di Abbateggio, venuti a conoscenza del fatto, avrebbero portato l’immagine sacra per tre volte nella Chiesa di San Lorenzo Martire, ritrovandola poi per altrettante volte in cima alla collina. Solo allora, si decise di procedere con la costruzione del Santuario. Questo l’antefatto, cui seguì nel 1927 un’ultima ricostruzione dell’edificio, che oggi è un “puzzle” di epoche e stili diversi. Presenta infatti una facciata in blocchi di pietra con portale a vetrata in ferro battuto e un interno a tre navate dalle linee neoclassiche chiuso da mura medievali. Sull’altare maggiore è conservata una statua della Madonna in terracotta dipinta datata al Quattrocento, che a sua volta poggia su un tronco di elce che la tradizione vuole essere l’antico albero sul quale apparve la Vergine.

Museo Antichi Mestieri di Calabria

Immaginate un teatro con un’ottantina di figuranti intenti ognuno a compiere il proprio mestiere. Chi il pastore, chi la tessitrice, il vasaio, il calzolaio, il fabbro, il maniscalco, lo scalpellino e così via. Ecco, c’è un luogo dove questo spettacolo va in scena ogni giorno dal 1999, grazie all’opera del Professor Benito Badolato, artefice del Museo Antichi Mestieri di Calabria, fra le attrazioni di Tropea da non perdere. Le 85 statuine si muovono ognuna con il proprio ritmo, riproducendo gesti spesso ormai desueti o dimenticati, ma che all’inizio del Novecento erano la quotidianità.

L’esposizione è arricchita da una documentazione fotografica d’epoca relativa alle diverse attività artigianali, supporto prezioso soprattutto per le nuove generazioni, che quel mondo non lo hanno mai neanche sentito raccontare. Nello stesso edificio si trova anche un’interessante sezione dedicata alle importanti invenzioni e scoperte che hanno contribuito al progresso tecnico scientifico del secolo scorso. Telefax, televisore, telegrafo, frigorifero, macchina per cucire, ed altri oggetti ormai da museo sono il fulcro della Mostra della scienza e della tecnica.

Borgo Antico di Bisceglie

Nel territorio della provincia di Barletta-Andria-Trani sorge l’antico borgo di Bisceglie, la cui complessa struttura può essere divisa in intra moenia ed extra moenia. Ciò che è “dentro le mura” sembra quasi scavato in un unico blocco di pietra, con un reticolo di viuzze strette e piazzette dove si affacciano palazzi nobiliari e chiese, fra cui spicca la Cattedrale di San Pietro, consacrata nel 1295.

Qui, scendendo nella cripta, si scopre l’animo sacro del borgo, che venera ancora le reliquie dei tre santi protettori di Bisceglie, i martiri Mauro vescovo, Sergio e Pantaleone. Da visitare anche l’Abbazia di Sant’Adoneo, la Chiesa di Santa Margherita, le Collegiate San Matteo e San Nicolò e San Domenico, ognuna meritevole di essere visitata per i preziosismi architettonici che raccontano oltre mille anni di storia dell’arte, sacra e non solo.

Simbolo del borgo sono la torre “maestra” alta 27 metri, e soprattutto il Castello federiciano, a pianta rettangolare con quattro torri. Secondo alcuni studiosi il nucleo più antico del castello risalirebbe all’XI secolo, sotto il dominio normanno, mentre per altri sarebbe della prima metà del XIII secolo, quindi del periodo svevo.

Intra moenia si possono osservare pure numerosi esempi di case torri, funzionali come abitazioni ma anche come punto di controllo del territorio, e il Palazzo Vescovile, al cui interno è allestito il Museo Diocesano, articolato in tre sezioni, fra dipinti provenienti da varie chiese locali, gioielli e “tesori” della Cattedrale. Una volta usciti “fuori le mura”, si può andare alla scoperta di ville e casali di campagna, e persino di dolmen e e grotte anticamente abitate.

Nuraghe Izzana

Lungo la Strada Statale 74 che transita da Aggius verso Trinità d’Agultu, in provincia di Sassari, si trova il Nuraghe Izzana, databile tra la fine del Bronzo antico e il Bronzo finale, ad oggi una delle strutture nuragiche più maestose e particolari della Gallura. Grandi massi di granito dalle curiose forme antropomorfe conducono nel cuore della Valle della Luna – nota per la sua bellezza selvaggia e per le grotte scavate da vento e acqua – dove si erge la torre del nuraghe, possente e formata da blocchi di granito appena sbozzati e disposti in filari irregolari. La struttura ha vari ingressi, che portano tutti alla camera a tholos, che fanno pensare a una serie di rimaneggiamenti succedutisi nel tempo.

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