Santuario Santa Maria delle Armi

Il 25 aprile, a Cerchiara di Calabria, borgo alle pendici del monte Sellaro, a 1015 metri di quota, oltre alla “Liberazione” si festeggia la Madonna delle Armi, figura legata alla presenza del Santuario di Santa Maria delle Armi, complesso monumentale di origine medievale con vista sulla pianura di Sibari e sul golfo di Taranto. La processione in onore della Madonna delle Armi, detta anche “Dei vinticinche”, si snoda lungo i sentieri montuosi tenendo come punto di partenza e ritorno proprio il Santuario. Il 25 aprile, numerosi devoti sostano nei boschi che circondano l’edificio, danzando al suono di caratteristici strumenti.

La nascita del Santuario in questo luogo è connessa all’antica leggenda della Sacra Pietra. Si narra che nel 1450 alcuni cacciatori di Rossano videro una cerva infilarsi in una piccola grotta del monte Sellaro. Nel tentativo di catturarla, i cacciatori la seguirono nella grotta ma al suo posto trovarono due icone lignee raffiguranti i Santi evangelisti. Prese le tavolette, le portarono in paese, ma qui le tavolette sparirono ripetutamente per essere poi ritrovate nella grotta. Si decise quindi di edificare una piccola cappella che le custodisse. Durante i lavori, un fabbro ruppe una pietra ovale che a suo parere disturbava la costruzione della cappella. La pietra si aprì in due, e da un lato apparve l’immagine della Madonna con il Bambino e dall’altra San Giovanni Battista. La prima è custodita gelosamente ancora in una cappella con marmi policromi all’interno della chiesa, l’altra fu trafugata e, secondo una tradizione, trasportata a Malta.

Chiesa Santa Maria del Casale

La location non è di quelle dove ci si aspetterebbe di trovare un capolavoro architettonico, eppure, vicino all’aeroporto di Brindisi, ecco la Chiesa di Santa Maria del Casale, splendido esempio di stile romanico-gotico del XIII secolo: fuori una facciata in conci di carparo e pietra bianca, dentro un ciclo di affreschi di epoca bizantina rinvenuti solo il secolo scorso sotto uno strato di calcina. Il risultato è un edificio che dal 1875 è Monumento Nazionale, in cui si leggono tutti gli elementi di passaggio fra romanico e gotico. L’interno è a croce latina, con navata e transetto con copertura a capriate, mentre il coro dietro l’altare maggiore ha una volta a crociera. Interessante anche il ciclo di affreschi, fra cui spicca il Giudizio Universale eseguito da Rinaldo da Taranto ai primi del XIV secolo.

Convento Francescano di Santa Maria degli Angeli

Borgo degli Angeli, Paese degli Artisti e degli Stranieri, Paese delle Chiese. Le molte definizioni con cui è noto Badolato raccontano un po’ del passato ma anche del presente di questo crogiuolo di culture, a circa 30 km dalla costa ionica, nel catanzarese, che verso l’entroterra guarda alle Serre Calabresi. Limitandoci all’ultima, l’origine dell’epiteto deriva dal gran numero di edifici sacri che affollano il piccolo centro storico, tredici in tutto, frutto di una sovrapposizione di ordini religiosi e confraternite che nei secoli scorsi hanno visto transitare da qui monaci Basiliani, Francescani e Domenicani. Fra quelli più interessanti, su una collinetta di fronte al borgo c’è il Convento Francescano di Santa Maria degli Angeli, il cui impianto principale risale al 1606. Un rifugio dello spirito che è anche un perfetto belvedere sulla Riviera degli Angeli.

Santa Maria di Leuca

A Santa Maria di Leuca si trova il Santuario di Santa Maria “de Finibus Terrae”, il cui nome dice già tutto: siamo nel centro abitato considerato “ai confini della terra”, posto più a sud dell’intera provincia di Lecce, in quella che è oggi classificata come frazione di Castrignano del Capo. Dopo 83 anni di lotte fra questo comune e il vicino Gagliano del Capo, si è finalmente definito a chi spettava la competenza amministrativa della frazione, piccola ma assai ambita, nota anche ai naviganti per il suo faro, alto 48,60 metri e posto a 102 metri sul livello del mare e perciò considerato fra i più importanti d’Italia. Chi è pratico di nautica sa che questo tratto di costa è tragicamente noto anche per un episodio storico: poco fuori Punta Ristola, il “tacco” del Bel Paese, a 85 metri di profondità, si trova infatti il relitto del sommergibile Pietro Micca, affondato durante la Seconda Guerra Mondiale col suo equipaggio di 58 marinai.

Fra Punta Ristola e Punta Méliso, là dove si trova la Marina di Leuca, si collocherebbe per convenzione il punto di separazione fra la costa adriatica e la costa ionica, e in effetti, in determinate condizioni, si scorge una linea di separazione cromatica longitudinale fra Adriatico e Ionio, che ha da sempre suggerito alla fantasia popolare un confine “fisico” fra i due mari. In realtà, tale fenomeno sarebbe dovuto all’incontro fra le correnti provenienti dal Golfo di Taranto e quelle dal Canale d’Otranto. Fra storia e leggenda, si narra anche che questo fu l’approdo di Enea, in fuga da Troia, e di San Pietro, arrivato dalla Palestina e diretto a Roma. In questo secondo caso, il suo transito sarebbe avvalorato dalla trasformazione del Tempio della Dea Minerva in luogo di culto cristiano, diventato poi l’attuale Basilica, meta di pellegrinaggi fino al Medioevo. Alla Basilica è legato anche il racconto di un miracolo che nel 365 salvò dalla burrasca un’imbarcazione di pescatori, che diedero inizio alla devozione verso la Madonna di Leuca. Un motivo in più di visita è dato anche dalla scalinata di 296 gradini che da qui conduce al porto sottostante, là dove si trova la cascata monumentale dell’Acquedotto Pugliese che dopo 244 km di tragitto – 3000 km contando tutte le diramazioni dalla Campania a qui – sfocia finalmente in mare.

Da zona ricca di pregiati beni architettonici e di importanti specie animali e vegetali qual è, dal 2006 tutta l’area del litorale salentino è inserita nel Parco Costa Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase istituito dalla Regione Puglia. Fra le emergenze della zona ci sono anche le 43 ville ottocentesche costruite per la maggior parte dagli architetti Ruggieri e Rossi. Molte di esse risultano oggi abbandonate o trasformate, poiché durante la Seconda Guerra Mondiale furono private di alcuni elementi decorativi metallici, quali ringhiere e cancellate, riconvertiti in armi, mentre altre sono ancora oggi un modello di stile che ha segnato un’epoca. Vale per Villa Daniele, Villa Gioacchino Fuorte, Villa Tamborino-Cezzi, Villa Loreta Stefanachi, Villa Episcopo, Villa Colosso, Villa Maruccia già Villa Sangiovanni.

Duomo di Spoleto

Percorso Arte dello Spirito – Spirito dell’Arte. Si chiama così l’itinerario guidato – prenotabile anche online – che permette di cogliere a pieno la bellezza del duecentesco complesso del Duomo di Spoleto, dedicato a Santa Maria Assunta. L’iniziativa consente di ammirare al meglio e da insoliti punti di osservazione il ciclo di affreschi “Storie della Vergine” dell’abside della Cattedrale, realizzato fra il 1467 e il 1469 da Filippo Lippi, e di salire in cima al Campanile per cogliere nella sua interezza la città del “Festival dei Due Mondi”. Il tour comprende inoltre la visita al Museo Diocesano e alla vicina Basilica di Sant’Eufemia, fra gli edifici romanici meglio conservati e notevoli dell’Umbria.

Sulla medesima piazza del Duomo di Spoleto affacciano anche altri edifici apprezzabili per la loro architettura: Palazzo della Signoria, il cinquecentesco Palazzo Rancani (poi Arroni), la Chiesetta di Santa Maria della Manna dall’originale pianta ottagonale e il seicentesco Teatro Caio Melisso, piccolo ma mirabile per il suo impianto da tipico teatro all’italiana.

Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro

San Pietro in Ciel d’Oro, una delle più antiche chiese di Pavia, affonda le sue radici nel regno dei Goti, testimone di un ricco patrimonio storico e artistico. La sua importanza culmina sotto il regno di Liutprando, quando ospita le reliquie di Sant’Agostino, acquisite dai Saraceni in Sardegna.

Le reliquie di Sant’Agostino riposano in uno scrigno argenteo dell’epoca di Liutprando, situato sotto l’Arca marmorea, un capolavoro scolpito nel 1362 che raffigura scene della vita del santo. Sulla facciata della basilica una lapide con una terzina di Dante Alighieri, a richiamare la sepoltura del filosofo romano Severino Boezio, tomba su cui sorse la basilica paleocristiana di San Pietro in Ciel d’Oro.

Al centro del presbiterio, l’Arca marmorea di Sant’Agostino, commissionata dal priore degli Agostiniani Bonifacio Bottigella nel Trecento, è un capolavoro della scultura lombarda. Con 95 statue e 50 bassorilievi, l’opera illustra la fede e le virtù teologali, cardinali e monastiche, nonché episodi salienti della vita di Sant’Agostino.

La basilica e l’Ordine di Sant’Agostino costituiscono a Pavia un punto di riferimento fondamentale. La Chiesa conserva le spoglie di Sant’Agostino, padre della Chiesa, mentre l’Arca marmorea, oltre a essere un monumento sacro imponente, narra la vita del santo e la storia della traslazione delle sue reliquie da Cagliari a Pavia.

Il legame tra Sant’Agostino e Pavia risale a prima della costruzione dell’Arca e l’Ordine Agostiniano continua a mantenere viva questa connessione attraverso l’apostolato e la Settimana Agostiniana Pavese. Questo patrimonio spirituale e culturale offre ai visitatori un’opportunità di immergersi nella grandezza umana e spirituale di Sant’Agostino, un testimone straordinario della cultura occidentale e della teologia cattolica.

Chiesa di Santa Maria della Consolazione

Sull’altare maggiore del Tempio di Santa Maria della Consolazione a Todi si trova l’antica immagine de La Madonna con Bambino e Lo sposalizio di Santa Caterina d’Alessandria. Un “dettaglio” artistico che potrebbe sfuggire a un occhio distratto dalla curiosa pianta centrale dell’edificio, a croce greca chiusa da tre absidi poligonali e uno semicircolare. Una struttura architettonica complessa cui, a partire dal 1508, hanno contribuito importanti artisti rinascimentali: Cola di Matteuccio da Caprarola, Ambrogio da Milano, Antonio da Sangallo il Giovane, Jacopo Barozzi detto “Il Vignola” e Baldassarre Peruzzi, e secondo alcuni persino un Donato Bramante ultrasessantenne.

Ma è l’immagine la vera “star” di questo tempio appena fuori le mura perimetrali della città: secondo un’antica leggenda, sarebbe stata infatti rinvenuta sporca e coperta di ragnatele da un muratore in una cappella in rovina nel centro storico medievale. L’uomo l’avrebbe pulita con un fazzoletto, con cui poi si sarebbe asciugato la fronte, guarendo all’istante da una grave malattia a un occhio. A ricordo di ciò, ogni anno a Todi l’8 settembre si celebra la Festa della Natività della Beata Vergine Maria, nota anche come Festa della Consolazione, seguita da spettacolari fuochi d’artificio.

Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore

Camminando lungo Corso Magenta a Milano non si può non notare la bella facciata cinquecentesca in pietra grigia di Ornavasso della Chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore. Poi, dietro questa quinta, ecco la vera sorpresa: un ricco ciclo di affreschi di scuola leonardesca, che sono valsi a San Maurizio l’appellativo di “Cappella Sistina” di Milano. Edificata nel 1503 su progetto del pavese Gian Giacomo Dolcebuono e portato a termine dal Solari, sorge sui resti di una preesistente chiesa annessa al Monastero Maggiore delle Benedettine, distrutto nel 1799.

Dalla laterale Via Luini si accede invece al coro delle monache, uno degli ambienti “segreti” da ammirare dopo aver dedicato il giusto tempo alla chiesa, composta da un’unica navata che rende ancora più fruibili gli affreschi. Opere del Lomazzo e dipinti di Antonio Campi e Bernardino Luini decorano invece le cappelle.

Cappella Zavattari

La Cappella Zavattari, conosciuta anche come Cappella di Teodolinda, occupa il braccio settentrionale del transetto del Duomo di Monza. La sua costruzione risale al periodo di transizione tra il Trecento e il Quattrocento, durante i lavori di ricostruzione della basilica.

La decorazione pittorica, un magnifico esempio del gotico internazionale italiano, fu realizzata nel XV secolo. Questo periodo fu segnato dal delicato passaggio di potere dai Visconti agli Sforza nel Ducato di Milano, come indicato dai simboli araldici presenti nelle incorniciature.

La regina cattolica Teodolinda, figura centrale nella storia della cappella, fu prima moglie di Autari e successivamente di Agilulfo, scelto come secondo marito per diventare il nuovo re dei Longobardi. Una leggenda affascinante collega Teodolinda alla nascita del nome della città di Monza. Si narra che, mentre riposava all’ombra di una quercia, lo Spirito Santo le apparve sotto forma di colomba sussurrandole la parola “Modo”, alla quale ella rispose “Etiam”. L’unione di queste parole avrebbe dato origine all’antico nome di Monza, ovvero Modoetia.

Il ciclo di affreschi delle Storie di Teodolinda all’interno della cappella è considerato uno dei capolavori pittorici del gotico internazionale in Italia. Quest’opera è considerata tra le più significative dell’arte dei Zavattari.

Basilica di Sant’Ambrogio

La Basilica di Sant’Ambrogio, tra le chiese più significative di Milano, si erge come un monumento storico di rara importanza. Costruita su un terreno carico di storia, su disposizione del vescovo Sant’Ambrogio, la basilica ha attraversato secoli di modifiche, diventando un simbolo intramontabile per i milanesi.

Questo luogo sacro, originariamente costruito su una zona che ospitava le sepolture dei perseguitati romani a causa della fede cristiana, è oggi una meta di turisti religiosi e culturali.
Il fulcro della Basilica di Sant’Ambrogio è il ciborio, un elegante baldacchino adornato di stucchi che custodisce l’Altare d’Oro. Quest’opera d’arte, un capolavoro di arte carolingia realizzato da Vuolvinio nel 835, testimonia la maestria artistica dell’epoca. Nella navata centrale, un dettaglio affascinante cattura l’attenzione: un serpente di bronzo, posizionato in cima a una colonna di porfido d’Elba, legato alla leggenda di Mosè, che secondo la tradizione milanese, possiede poteri taumaturgici e curativi.

La Basilica di Sant’Ambrogio ha subito le aspre prove della storia, con i bombardamenti anglo-americani durante il secondo conflitto mondiale che causarono danni significativi a portico, cupola e mosaico. Tuttavia negli anni ’50, un imponente restauro ha restituito a questo luogo sacro la sua antica grandiosità, preservando il suo significato e la sua bellezza per le generazioni future.

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