Le Strade Nuove e il Sistema dei Palazzi dei Rolli di Genova

Tra il Rinascimento e il Barocco Genova si arricchisce di nuovi imponenti e lussuosi palazzi progettati e eretti per ordine dei nobili della città. Facciate magnificamente decorate, ampi giardini con scenografiche fontane, saloni con affreschi e arredi di pregio vanno, quindi, ad impreziosire la città. E la magnificenza di queste residenze non passa inosservata agli occhi del grande pittore fiammingo Pieter Paul Rubens che pubblica, nel 1600, una raccolta di disegni dei palazzi per portare, oltre confine, questo modello abitativo per la nobiltà europea.

La bellezza di questi palazzi dà il via anche ad un importante e curioso fenomeno turistico ovvero l’ospitalità pubblica. Con un Decreto del Senato nasce il primo elenco ufficiale di dimore di pregio e si obbligano i proprietari a dare ospitalità, a turno, alle delegazioni straniere secondo una semplice regola: più alta fosse stata la condizione economica dei visitatori, più sontuoso sarebbe dovuto essere il palazzo ospitante.

Le particolarità architettoniche e decorative dei palazzi di Genova, il sistema di ospitalità pubblica e l’attenzione di Rubens sono stati i motivi per cui, nel 2006, “Le Strade Nuove e il sistema dei Palazzi del Rolli” entrano a far parte del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.

I palazzi dei Rolli, in alcuni casi, sono ancora di proprietà privata, altri sono banche o uffici. Altri ancora musei come i palazzi di Strada Nuova, la Galleria Nazionale di Palazzo Spinola di Pellicceria, il Museo di Palazzo Reale.  In occasione dell’evento Rolli Days, che si tiene una volta all’anno, anche i palazzi privati aprono le porte ai visitatori che vogliono esplorarne i fasti e l’eleganza.

Il sito UNESCO comprende 42 palazzi dei Rolli, fra gli oltre 100 esistenti: Palazzo Doria Antonio – Doria Spinola, Palazzo Della Rovere Clemente, Palazzo Spinola Giorgio, Palazzo Spinola Tomaso, Palazzo Spinola Giacomo, Palazzo Ayrolo Agostino, Palazzo Interiano Paolo e Nicolò, Palazzo Pallivicini Agostino, Palazzo Spinola Pantaleo, Palazzo Lercari Franco, Palazzo Pallavicini Tobia (Camera di Commercio), Palazzo Spinola Angelo Giovanni, Spinola Gio Battista, Palazzo Lomellini Nicolosio, Palazzo Spinola Lazzaro e Giacomo, Palazzo Grimaldi Nicolò – Palazzo Tursi (Comune di Genova), Palazzo Lomellini Baldassarre, Palazzo Grimaldi Luca, Brignole Sale Rodolfo e Francesco, Palazzo Grimaldi Gerolamo, Palazzo Brignole Gio Carlo, Palazzo Lomellino Bartolomeo, Palazzo Lomellini Stefano – Palazzo Doria Lamba, Palazzo Lomellini Giacomo Patrone, Palazzo Cattaneo Antoniotto Gio. Francesco De Ferrari, Palazzo Balbi G. Agostino, Palazzo Balbi Gio Francesco, Palazzo Balbi Giacomo e Pantaleo, Palazzo Balbi Piovera Francesco, Palazzo Balbi Stefano (Museo di Palazzo reale), Palazzo Centurione Cosmo – Palazzo Durazzo Pallavicini, Palazzo Centurione Giorgio, Palazzo Centurione Gio Battista, Palazzo Pallavicini Cipriano, Palazzo Spinola Nicolò, Palazzo Grimaldi Francesco (Galleria Nazionale di Palazzo Spinola), Palazzo Grimaldi Gio Batta, Palazzo Grimaldi Gio Battista, Palazzo De Mari Stefano, palazzo De Nigro Ambrogio, Palazzo Di Negro Emanuele Filiberto, Palazzo De Marini Croce.

Statua Bronzea del Germanico

Le campagne del Centro Italia sono da sempre foriere di belle sorprese, di regali inaspettati che ci ha lasciato la storia. Come quello datato 1963, che ha visto riemergere dal sottosuolo di Amelia, in provincia di Terni, la statua bronzea del generale romano Nerone Claudio Druso, detto Germanico, che oggi fa bella mostra di sé nel Museo Civico Archeologico della cittadina umbra.

Alta più di due metri, la statua raffigura un fiero condottiero armato e coperto da una corazza riccamente adorna, nell’atto della cosiddetta Adlocutio, il gesto di spronare i soldati alla battaglia.

Ma chi era Germanico Cesare? Gli annali raccontano le gesta di questo principe designato all’Impero romano, morto a soli 34 anni nel 19 d.C. ad Antiochia, in Siria, all’apice della carriera politica e della popolarità. La tradizione vuole che le sue ceneri furono riportate a Roma dalla moglie Agrippina accompagnata dai figli, tra i quali il futuro imperatore Caligola.

 

Oasi naturalistica del Lago di Alviano

Avvicinarsi all’Oasi Naturalistica del Lago di Alviano, nel ternano, sembra un gioco di scatole cinesi, perché i suoi 900 ettari si trovano inclusi nel Parco Fluviale del Tevere, a sua volta parte del Parco Regionale dell’Umbria, che comprende anche il Lago di Corbara e le Gole del Forello.

Un complesso intreccio di ambienti naturali che fanno di questa oasi WWF in provincia di Terni una delle più vaste d’Italia, rara e preziosa anche perché comprende tutti gli ambienti tipici delle zone umide ad acqua dolce: palude, stagno, acquitrini, marcita e bosco igrofilo tra i più estesi dell’Italia centrale, con ambienti acquatici scomparsi da oltre un secolo.

Creata nel 1990, l’Oasi Naturalistica del Lago di Alviano è oggi un Sito d’Importanza Comunitaria e anche una Zona di Protezione Speciale, scrigno di biodiversità da tutelare e tramandare alle future generazioni.

Area Archeologica Carsulae

Carsulae – Sydney. Migliaia di chilometri di distanza, eppure questa piccola città in provincia di Terni e la megalopoli australiana sono legate da un filo, in grado di riportarci indietro nel tempo di circa duemila e cinquecento anni.

Sorta nel V secolo a.C., si può quasi dire che Carsulae sia stata scoperta più e più volte. Nel suo destino, che ha attraversato più di venticinque secoli, le campagne di scavo sono infatti state molteplici, a partire dal Cinquecento in poi, fino alle più recenti guidate appunto dalla Maquarie University di Sydney.

Sebbene i primi insediamenti risalgano all’epoca pre-romana, è con la costruzione della Via consolare Flaminia, nel 221 a.C., che la città vive il suo periodo di massimo splendore, di cui oggi sono stati riportati alla luce una grande quantità di monumenti e di strutture edilizie, oltre ad una serie di iscrizioni. Simbolo del sito archeologico è il cosiddetto Arco di San Damiano, insieme all’Anfiteatro, ai Tempi gemelli e a ciò che rimane delle Terme.

Narni Sotteranea

Il Convento di San Domenico a Narni è la porta di accesso a un mondo nascosto e misterioso, fatto di corridoi e ambienti ipogei noti come Narni Sotterranea. Nel 1979, sei giovani speleologi scoprono per caso la chiesa del XII secolo che si sviluppa proprio sotto il convento.

E’ l’inizio di una serie di scavi e perlustrazioni che in breve tempo portano al recupero di una fitta ramificazione di vie sotterranee, oggi in parte aperte al pubblico per le visite guidate. Dalla chiesa, attraversando un muro si accede a una cisterna di epoca romana, probabile resto di una ricca domus.

Da qui, percorrendo un lungo corridoio, si entra in una grande sala, in origine adibita a sede degli interrogatori del Tribunale dell’Inquisizione. Era la cosiddetta Stanza dei Tormenti, appellativo ritrovato nei documenti degli Archivi Vaticani e, grazie a chissà quale link di connessione, persino al Trinity College di Dublino.

Lago di Piediluco

Scorci e panorami incantati, natura incontaminata, un delizioso borgo di pescatori con tanto di rovine di una fortezza medievale. Il Lago di Piediluco, alle propaggini dell’Appennino Umbro, nel ternano, ha tutti gli ingredienti per essere un locus amoenus, che per questa sua gradevolezza in passato ha attirato e ispirato numerosi artisti, facendo diventare questo specchio d’acqua una tappa d’obbligo nel Grand Tour.

Fra gli habitué ci furono per esempio lo scrittore Richard Lassels, autore di An Italian Voyage, e il pittore Jean-Baptiste Camille Corot, ammaliati anche dal colore verde smeraldo del lago, che in inverno si tinge del bianco delle nevi del Terminillo.

Fra le curiosità del Lago di Piediluco c’è senz’altro quella legata al toponimo, che rimanda all’essenza del paesaggio in cui è collocato, “ai piedi del bosco sacro”, oltre a quella di essere una meta ideale per la pratica degli sport acquatici, tanto da essere stato scelto dalla Federazione Italiana Canottaggio come sede del Centro Nazionale Remiero. Infine, il suo emissario, il fiume Velino, è deviato verso Marmore, andando a formare insieme al fiume Nera la Cascata delle Marmore.

La Scarzuola

Da una parte il sacro e l’ultraterreno, dall’altra l’immaginifico e il sogno. Due “mondi” che si incontrano a Montegiove, piccola frazione del Comune di Montegabbione, in provincia di Terni: qui, fra il 1958 e il 1978, accanto a un convento medievale dove avrebbe soggiornato San Francesco, l’architetto Tomaso Buzzi – già artefice insieme a Piero Portaluppi di Villa Necchi Campiglio a Milano – realizza La Scarzuola, modello di “città ideale” composto dall’insieme di sette diverse scene teatrali, metafore di vita anche per la loro voluta incompiutezza, allusive al mistero assoluto dell’esistenza.

Durante la visita del complesso, che si sviluppa dentro una spirale formata da vari pergolati, basta guardarsi attorno per cogliere molti riferimenti simbolici, esoterici, illuministi, anche a precedenti architettonici importanti: passando dall’anfiteatro al Teatro Agnostico, al Teatro Erboso a quello delle api e al labirinto musicale, ecco sfilare i riferimenti a Villa Adriana e Villa d’Este a Tivoli, all’Acropoli di Atene, al Parco di Bomarzo, ai ben noti stilemi di Andrea Palladio.

Il risultato è che La Scarzuola è oggi un compendio del meglio dell’architettura di tutti i tempi, ulteriormente arricchito e reso disponibile al pubblico dal proprietario succeduto al Buzzi, Marco Solari, nipote dell’architetto milanese.

Riserva Mondiale della Biosfera Unesco del Monte Peglia

I 40 mila ettari della Riserva Naturale del Monte Peglia si distribuiscono sul territorio di quattro comuni del ternano – San Venanzo, Orvieto, Parrano e Ficulle – preservati nel tempo dal forte incremento demografico registrato da altri centri dell’Umbria e dalla conseguente urbanizzazione della campagna.

Anzi, se c’è una caratteristica che salta subito all’occhio visitando la zona, dal 2018 Riserva Mondiale Biosfera Unesco, è proprio il suo essere rimasta selvaggia, racchiusa tra i bacini fluviali del Tevere e del Peglia, fra le colline del Lago Trasimeno e i rilievi maggiori dell’Appennino Umbro, quali per esempio il Monte Peglia.

La grande varietà di flora comprende leccio, cerro, quercia e acero, carpino nero, erica arborea e corbezzolo, popolata da ben 44 specie di mammiferi selvatici. Un’escursione sul Monte Peglia può poi portare ad ammirare giacimenti preistorici risalenti a più di 700.000 anni fa, e ciò che rimane di due vulcani spenti a San Venanzo, borgo sorto sul crinale di uno di essi.

Gli appassionati di geologia saranno contenti di sapere che qui è possibile osservare un ensemble di rocce rarissime che in tutto il globo sono presenti solo a Quing Ling in Cina, a Bunyaruguru, Katwe Kykorongo in Uganda e a Mata de Corda in Brasile.

Pozzo di San Patrizio e Orvieto sotterranea

Il Pozzo di San Patrizio a Orvieto è un autentico capolavoro di ingegneria, ancora oggi ammirato da chi per mestiere costruisce, progetta, sogna di realizzare qualcosa di unico e originale. Caratteristiche che distinguono appunto il pozzo da cinque secoli.

A disegnarlo fu fra il 1527 e il 1537 Antonio da Sangallo il Giovane, per volere di Clementi VII che, dopo la tragica esperienza del Sacco di Roma, volle così tutelare la città di Orvieto da eventuali incursioni nemiche, garantendo un afflusso costante di acqua, alimentato da una sorgente naturale posta sul fondo. Due rampe elicoidali scavate nel tufo, una per la discesa e una per la risalita disposte a formare un cilindro di 13 metri di diametro con 72 finestroni, consentivano di trasportare con i muli l’acqua estratta a una sessantina di metri di profondità.

Oggi, i 248 gradini sono percorsi da una media di 175.000 visitatori all’anno, affascinati da questa straordinaria struttura, simbolo della città insieme al Pozzo della Cava, voluto sempre da Papa Clemente VII, generato dal complesso di nove grotte ricche di ritrovamenti etruschi, medioevali e rinascimentali.

Questi luoghi sono solo un entrée di ciò che offre Orvieto Sotterranea, il cui tour guidato rende accessibili un intricato labirinto di cunicoli, gallerie, cisterne, pozzi, cave e cantine.

Collezione Mondiale di Olivi di Lugnano in Teverina: OLEA MUNDI

A Lugnano in Teverina, nel cuore della provincia di Terni e della zona di produzione dell’olio Umbria Dop, si parlava di tutela della qualità del prodotto già nel 1508. Un antico Statuto della Terra di Lugnano enunciava infatti regole e prassi cui “signori dei mulini e molinari” dovevano attenersi nel processo di spremitura.

Da allora, nulla è cambiato, e anzi, dal 2014, il borgo ternano è sede di Olea Mundi, una collezione unica nel suo genere, con circa 1200 esemplari di olivi di oltre 400 specie diverse provenienti da 23 Paesi olivicoli di Mediterraneo, Medio Oriente e non solo.

Un “tesoretto” raro e prezioso, oggetto di attenzioni e studi particolari da parte del CNR di Perugia e dal Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria 3, che di anno in anno raccolgono informazioni sull’evoluzione e interazione delle varie specie botaniche.

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