Santa Maria di Leuca

A Santa Maria di Leuca si trova il Santuario di Santa Maria “de Finibus Terrae”, il cui nome dice già tutto: siamo nel centro abitato considerato “ai confini della terra”, posto più a sud dell’intera provincia di Lecce, in quella che è oggi classificata come frazione di Castrignano del Capo. Dopo 83 anni di lotte fra questo comune e il vicino Gagliano del Capo, si è finalmente definito a chi spettava la competenza amministrativa della frazione, piccola ma assai ambita, nota anche ai naviganti per il suo faro, alto 48,60 metri e posto a 102 metri sul livello del mare e perciò considerato fra i più importanti d’Italia. Chi è pratico di nautica sa che questo tratto di costa è tragicamente noto anche per un episodio storico: poco fuori Punta Ristola, il “tacco” del Bel Paese, a 85 metri di profondità, si trova infatti il relitto del sommergibile Pietro Micca, affondato durante la Seconda Guerra Mondiale col suo equipaggio di 58 marinai.

Fra Punta Ristola e Punta Méliso, là dove si trova la Marina di Leuca, si collocherebbe per convenzione il punto di separazione fra la costa adriatica e la costa ionica, e in effetti, in determinate condizioni, si scorge una linea di separazione cromatica longitudinale fra Adriatico e Ionio, che ha da sempre suggerito alla fantasia popolare un confine “fisico” fra i due mari. In realtà, tale fenomeno sarebbe dovuto all’incontro fra le correnti provenienti dal Golfo di Taranto e quelle dal Canale d’Otranto. Fra storia e leggenda, si narra anche che questo fu l’approdo di Enea, in fuga da Troia, e di San Pietro, arrivato dalla Palestina e diretto a Roma. In questo secondo caso, il suo transito sarebbe avvalorato dalla trasformazione del Tempio della Dea Minerva in luogo di culto cristiano, diventato poi l’attuale Basilica, meta di pellegrinaggi fino al Medioevo. Alla Basilica è legato anche il racconto di un miracolo che nel 365 salvò dalla burrasca un’imbarcazione di pescatori, che diedero inizio alla devozione verso la Madonna di Leuca. Un motivo in più di visita è dato anche dalla scalinata di 296 gradini che da qui conduce al porto sottostante, là dove si trova la cascata monumentale dell’Acquedotto Pugliese che dopo 244 km di tragitto – 3000 km contando tutte le diramazioni dalla Campania a qui – sfocia finalmente in mare.

Da zona ricca di pregiati beni architettonici e di importanti specie animali e vegetali qual è, dal 2006 tutta l’area del litorale salentino è inserita nel Parco Costa Otranto – Santa Maria di Leuca e Bosco di Tricase istituito dalla Regione Puglia. Fra le emergenze della zona ci sono anche le 43 ville ottocentesche costruite per la maggior parte dagli architetti Ruggieri e Rossi. Molte di esse risultano oggi abbandonate o trasformate, poiché durante la Seconda Guerra Mondiale furono private di alcuni elementi decorativi metallici, quali ringhiere e cancellate, riconvertiti in armi, mentre altre sono ancora oggi un modello di stile che ha segnato un’epoca. Vale per Villa Daniele, Villa Gioacchino Fuorte, Villa Tamborino-Cezzi, Villa Loreta Stefanachi, Villa Episcopo, Villa Colosso, Villa Maruccia già Villa Sangiovanni.

Marina di Brindisi

Il Forte a Mare di Brindisi è il baluardo militare che dal XV secolo difende la città. Ieri dalle incursioni nemiche che per secoli hanno interessato tutta la costa di Puglia, oggi dalle intemperie che potrebbero minacciare il porto e la Marina di Brindisi. Uno “scalo” ben noto ai diportisti che praticano il Mar Mediterraneo in rotta verso Croazia, Grecia, Montenegro e Albania, e che ne conoscono i servizi e le potenzialità: attorno alla piazzetta, ecco una serie di attività commerciali, bar, ristorante, circolo nautico, alaggio e rimessaggio, oltre all’assistenza tecnica per ciò che compete attrezzature e riparazioni. Il tutto affacciato su un tratto di mare che è tra i più belli e pescosi del “Mare Nostrum”.

Duomo di Spoleto

Percorso Arte dello Spirito – Spirito dell’Arte. Si chiama così l’itinerario guidato – prenotabile anche online – che permette di cogliere a pieno la bellezza del duecentesco complesso del Duomo di Spoleto, dedicato a Santa Maria Assunta. L’iniziativa consente di ammirare al meglio e da insoliti punti di osservazione il ciclo di affreschi “Storie della Vergine” dell’abside della Cattedrale, realizzato fra il 1467 e il 1469 da Filippo Lippi, e di salire in cima al Campanile per cogliere nella sua interezza la città del “Festival dei Due Mondi”. Il tour comprende inoltre la visita al Museo Diocesano e alla vicina Basilica di Sant’Eufemia, fra gli edifici romanici meglio conservati e notevoli dell’Umbria.

Sulla medesima piazza del Duomo di Spoleto affacciano anche altri edifici apprezzabili per la loro architettura: Palazzo della Signoria, il cinquecentesco Palazzo Rancani (poi Arroni), la Chiesetta di Santa Maria della Manna dall’originale pianta ottagonale e il seicentesco Teatro Caio Melisso, piccolo ma mirabile per il suo impianto da tipico teatro all’italiana.

Isola Maggiore

Da Tuoro sul Trasimeno, provincia di Perugia, partono i traghetti per raggiungere l’Isola Maggiore, una delle tre isole naturali del Lago Trasimeno, i cui numeri lasciano intuire la micro realtà in cui in un istante ci si ritrova catapultati: 24 ettari di superficie, 309 metri di “quota” e 2 km di costa a circoscrivere un fazzoletto di terra ricoperto in gran parte da macchia mediterranea e abitato da una decina di persone o poco più. A differenza dell’Isola Polvese e della Minore, qui si trova infatti l’unico villaggio isolano ancora abitato stabilmente, eco di quella che nel XIII secolo era una fiorente comunità di Frati minori, tanto nota da aver ospitato per un certo periodo San Francesco.

A ricordo del passaggio del “Poverello di Assisi” permane oggi la piccola Chiesa di San Francesco, accanto alla quale un tempo sorgeva l’antico Convento dei Francescani, poi inglobato nel neogotico Castello Guglielmi oggi in stato di abbandono. Il resto del borgo, un pugno di case vecchie di sei o sette secoli, fra cui la bella Casa del Capitano del Popolo, affaccia su un’unica strada lastricata, che termina con la graziosa Chiesa di San Salvatore.

Castello di Otranto

Un tempo, al posto del ponte ad arco in pietra e legno che oggi attraversa il profondo fossato del Castello di Otranto c’era un ponte levatoio. Da autentica fortezza di fine ‘400 qual è, da allora il maniero difende la città in provincia di Lecce. Varcata la soglia, si transita poi in un corridoio stretto che immette direttamente nell’atrio del piano terra e da qui alle sale principali, fra cui una triangolare creata a metà ‘500, in seguito all’aggiunta esterna del bastione tra le Rondelle.
Bella anche la Cappella, parzialmente affrescata, e l’intrigo di cunicoli, gallerie e piccoli ambienti che definisce il sistema dei sotterranei rimasti così sin dalla loro costruzione, risalente al primo impianto di fine ‘400. La visita conduce poi all’interno delle tre Rondelle poste agli angoli, coperte da cupole emisferiche in pietra carparo. Qui, come pure lungo i camminamenti di ronda e in alcuni ambienti, si scorgono numerose feritoie per la disposizione di cannoniere, oltre a stemmi araldici di sovrani e nobili che raccontano la storia del Castello, rimandando a battaglie e personaggi di secoli fa. Uno su tutti, lo stemma posto sul portone d’ingresso, appartenente all’Imperatore Carlo V.

Il fascino di questa fortezza ha sempre suscitato grande interesse, anche nei secoli addietro, come dimostra il fatto che il primo romanzo gotico mai scritto sia proprio ispirato e ambientato proprio qui. Per chi volesse leggerlo, si tratta de Il castello di Otranto, di Horace Walpole, datato al 1764.

Mostra del tartufo bianco

L’Alta Valle del Tevere è la zona di origine di uno dei prodotti più prelibati della tavola umbra, o forse sarebbe meglio dire universale.

Parliamo del tartufo Umbria, celebrato da oltre quarant’anni dalla Mostra del Tartufo Bianco di Città di Castello. Nel primo fine settimana di novembre, per le vie e le piazze del Centro Storico si allestiscono i Saloni del Vino e dell’Olio, della Biodiversià e il Laboratorio del Gusto dedicato al Tartufo, con momenti divulgativi e showcooking “firmati” da chef di fama.

Oltre alla prelibata trifola dell’Alto Tevere Umbro, la manifestazione permette quindi di scoprire tutte le eccellenze enogastronomiche del territorio, prodotti esclusivamente ICG e DOP da cucinare e acquistare nei mercati e nei numerosi spazi di degustazioni libere.

Nero Norcia – Mostra del Tartufo Nero

Tuber Melanosporum Vittadini, che tradotto in termini più prosaici altro non è che il Tartufo Nero Pregiato di Norcia. Per celebrare questa eccellenza del territorio umbro, da oltre 70 anni, nel borgo in provincia di Perugia si svolge Nero Norcia, rassegna agroalimentare e mostra-mercato che dagli anni ‘50 promuove e valorizza le produzioni tipiche enogastronomiche e artigianali della Valnerina e non solo. Simposi, incontri con esperti e chef, degustazioni e bancarelle per acquistare tutte le declinazioni di questo prezioso frutto della terra animano i tre fine settimana compresi fra la fine di febbraio e i primi di marzo.

Mercato delle Gaite

Nelle ultime due domeniche di giugno, Bevagna, fra i “Borghi più belli d’Italia” in provincia di Perugia, mette indietro la lancetta di otto secoli e ripiomba nel Medioevo. Fra resti di epoca romana – templi, mosaici, mura, cisterne, colonnati e persino un teatro – piazze e vie contornate di bei palazzi antichi, si svolge il Mercato delle Gaite, rievocazione storica articolata in quattro gare: tiro con l’arco, piatto, mestiere, mercato. Il tutto punta a far comprendere come si viveva nel Medioevo, per la precisione fra il 1250 e il 1350, e a farlo sono i figuranti delle quattro “gaite”, i quartieri di Bevagna: San Giorgio e San Giovanni, Santa Maria e San Pietro. Un evento che per l’accuratezza delle ricostruzioni proposte
ha ricevuto numerosi riconoscimenti dal mondo accademico e che è una vera full immersion nella vita dell’uomo del passato.

Giostra della Quintana

Come tutte le gare che si rispetti, è prevista anche una rivincita. La Giostra della Quintana di Foligno si divide infatti in due momenti diversi: la sera del secondo o terzo sabato di giugno si svolge la giostra della sfida, mentre nel pomeriggio della seconda o terza domenica di settembre la giostra della rivincita. Dieci cavalli e cavalieri si sfidano ciascuno per conto di uno dei rioni di Foligno, rievocando un fatto di cronaca del 1613. La Giostra della Quintana è rinata nel 1946 e da allora è sempre più seguita e apprezzata dal grande pubblico. La sera che precede la giostra, va in scena il corteo storico, con centinaia di figuranti agghindati con abiti del periodo barocco confezionati dalle sartorie rionali: il porta-targhe, il Gruppo Politico, il Gruppo Nobiliare, il Gruppo Equestre, il Comitato Centrale sfilano per le vie del Centro Storico, arrivando in Piazza della Repubblica, dove viene letto il bando di gara e i cavalieri vengono iscritti al torneo cavalleresco ricevendo la benedizione del vescovo.

Palazzo Vitelli alla Cannoniera – pinacoteca comunale

“Affinché non perisse la memoria del loro nome e del loro valore” in città. Il luogo in questione è Città di Castello, dove fra il 1521 e il 1532 fu costruito Palazzo Vitelli alla Cannoniera, voluto da Paola dei Rossi di San Secondo di Parma e dal marito Alessandro Vitelli, condottiero al servizio dei Medici, con l’intento di perpetrare la gloria della propria casata. Il progetto fu affidato a due dei maggiori architetti dell’epoca, Antonio da Sangallo il Giovane e Pier Francesco da Viterbo, mentre la facciata decorata a graffito fu realizzata su disegno niente meno che di Giorgio Vasari.

Un edificio che quindi non passava inosservato, anche per la presenza di un giardino esotico che in breve tempo si guadagnò una certa fama in tutta Europa. La fortuna di Palazzo Vitelli alla Cannoniera si deve anche al fatto che fra i numerosi proprietari succedutisi ci fu un certo Elia Volpi, ricco antiquario e abile restauratore che nella seconda metà dell’800 ne ripristinò l’antico splendore, appena prima che l’edificio fosse donato alla città perché diventasse sede della Pinacoteca Comunale. Duccio di Buoninsegna, Luca Signorelli, Raffaello, Ghirlandaio, Antonio Vivarini, Giusto di Gand, Raffaellino del Colle, Pomarancio… Sono solo alcuni dei Maestri del Rinascimento autori delle opere di cui oggi la Pinacoteca di Città di Castello si può fregiare, impreziosita da mobilio proveniente da chiese e conventi locali e dai meravigliosi affreschi di Cristofano Gherardi, detto il Doceno, e di Cola dell’Amatrice con motivi raffiguranti le imprese di Annibale, Scipione, Cesare e Alessandro Magno, volute da Alessandro Vitelli a celebrazione delle proprie doti militari.

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